Venerdì, 29 gennaio 2010 @08:42
"Il tuo nome – ah, non si può! –
Il tuo nome è un bacio sugli occhi,
sul tenero freddo delle palpebre immobili.
Il tuo nome è un bacio dato alla neve.
Un sorso di fonte, gelato, turchino.
Con il tuo nome il sonno è profondo".
(Marina Cvetaeva)
Dico piano il tuo nome: è la più dolce buonanotte.
(Marina Cvetaeva: poetessa russa di inizio Novecento. Amica intensa e appassionata di altri due poeti: Pasternak – spesso ho messo dei brani della loro corrispondenza - e di Blok. Questi versi sono tratti da una poesia a lui dedicata)
Sapete da dove vi scrivo oggi? Da Madrid! Sono arrivata qui per un invito glam cheap che ho accettato molto volentieri, anche perché non sono mai stata nella capitale spagnola… Il mio obiettivo segreto? Mangiare "churros y chocolate", di cui ho letto per la prima volta nei libri di Almudena Grandes. Riferirò presto.
Intanto, per chi è a Milano e dintorni, un invito glam cheap per domani: dalla "mia" stilista, ovvero Colomba Leddi , che ha disegnato per me l’abito glam cheap che ho indossato per il lancio del mio secondo libro, e che è un vestito nero quasi uguale a quello della copertina (con ricamato davanti, sulla scollatura, in filo e perline rosse, il titolo; e dietro… "l’autrice").
Colomba Leddi infatti apre le porte del suo atelier per una vendita speciale che ha chiamato "Occasioni rare" (fa sempre la spiritosa…). La svendita inizia domani, dalle 11 alle 19; e sarà aperta fino al 5 febbraio. Via Revere 3, proprio vicino alla Triennale di Milano. Buoni acquisti!
Potete intanto curiosare qui:
http://www.colombaleddi.it/index1.html
LISA | Mercoledì, 3 febbraio 2010 @07:57
PAOLA da Bari dunque. Bellissima città. (E vogliamo parlare della purea di fave con cicoria?)
Paola | Martedì, 2 febbraio 2010 @16:04
Si, scusa :) andavo un pò di fretta.. Scrivo da Bari :D
LISA | Lunedì, 1 febbraio 2010 @08:20
Per GIORGIA: anni e anni fa ho letto tutti, dico tutti, i libri della Pilcher. Veri comfort books. Effetto consolatorio pari a un pomeriggio a casa con plaid e tazza di tè. (Immaginati leggerli con plaid e tazza di tè!). Ora però non so che effetto mi farebbero... Per PAOLA: ben arrivata tra noi! Hai voglia di raccontare da dove mi scrivi, da dove ci leggi? Presentatevi quando scrivete! L'autrice è curiosa.
Paola | Lunedì, 1 febbraio 2010 @07:41
Una poesia bellissima, una tappa bellissima.. e un verso altrettanto stupendo: ''Dico piano il tuo nome: è la più dolce buonanotte''..
:)
giorgia | Venerdì, 29 gennaio 2010 @22:25
Non ho calzoni tigrati (e davvero non mi piacciono), ma nel mio passato ci sono calzoni in pelle... veramente in ecopelle, me li cucivo da sola, su misura e devo dire che erano bellissimi e comodissimi. Anche molto caldi, ora che ci penso. Mi piacerebbe che tornassero di moda... ma, non so, certo indossati non farebbero lo stesso effetto di 15 anni fa... oddio, 15 anni!
Comunque, lo scoglio in Cornovaglia mi ha fatto ricordare un romanzo che ho amato tantissimo, "I cercatori di conchiglie" della Pilcher, mi piacerebbe, se ne hai tempo e voglia, sentire il tuo parere.
la "Carmen" | Venerdì, 29 gennaio 2010 @21:34
Che bella questa poesia Lisa. Anche per me il nome della persona amata rimane una cosa importante, da proteggere. Per quanto riguarda i tuoi viaggi, posso solo dirti di divertirti (attenzione alla movida spagnola!). Lila p.s. mi dispiace non poter avere una casa a Milano e curiosare nelle vetrine della tua stilista. Lila
JeSuiSLaTrilli | Venerdì, 29 gennaio 2010 @18:53
WOW lisa!! Madrid!!
il pezzo è molto bello!!
mi ricorda lui... ogni volta il suo nome è un dolce brivido, qualcosa che ti fa volare lontano.
la cosa strana è che magari non ci penso in quel momento ma basta che qualcuno dica quel nome.. per Farmi girare di scatto, per cercare il suo volto. Ma non c'è in giro è solo in me.
LISA DIVERTITI!!
supersimo86 | Venerdì, 29 gennaio 2010 @17:46
quello nome con un suono cosi dolce.. dolce a volte cos' tanto da far male ..grazie lisa e salutami madrid città molto accogliente e vivace
Manu | Venerdì, 29 gennaio 2010 @15:55
Cara Lisa, provo un po' di invidia per la tua gita a Madrid, città che ancora non sono riuscita a vedere. La poesia di oggi riprendere una riflessione che facevo ieri con un'amica. A chi non è mai capitato di sentire un tuffo al cuore solo ascoltando il nome della persona amata...a me è successo l'altro giorno e sono ancora incredula....peccato che lui non sia quello giusto...ma del resto...esiste quello giusto? Ti abbraccio
Giovedì, 28 gennaio 2010 @09:48
"Dovrei pettinarmi i capelli seduta su uno scoglio in Cornovaglia.
Dovrei portare calzoni tigrati, avere un amante.
Dovremmo incontrarci in un’altra vita, incontrarci nell’aria
io e te".
(Sylvia Plath)
Incontrarsi. Sfiorarsi. Ma non è possibile dipanare il groviglio delle nostre vite, inventarne un’altra solo per noi due. Mi accontento di questo: darti appuntamento nell’aria, farti sedere accanto a me sullo scoglio, anche se non ci sei.
(Sylvia Plath, poetessa americana, madre, moglie. Morta suicida a 31 anni, nel '63)
Da oggi, vi comunico, ho due nuovi oggetti del desiderio. No, non i calzoni tigrati della Plath (sapete bene che come Stella, la mia protagonista glam cheap, soffro di Allergia Animalier!). Ma, nell'ordine, dopo aver visto Avatar, vorrei una lunga coda blu, con la punta morbida e luminosa, da inserire come una chiavetta Usb in un mostro con le ali e volar via sopra i grattacieli... E, inoltre, vorrei il nuovo giocattolo hi-tech della Apple, appena presentato: l'iPad. Per sedermi su uno scoglio e postare i miei blog. Sento che ne sono già innamorata.
Ursenna | Venerdì, 29 gennaio 2010 @10:05
Non sono presente nella scrittura ma sono sempre presente nella lettura, questi Buongiorno e i commenti pinks mi aiutano sempre ad accordarmi alla mia tesi, ai miei progetti, alla mia giornata. Approfitto di Sylvia Plath (che amo e della quale appunto sempre una badge a borse e maglioni) per lasciare traccia della mia compartecipazione alle poesie e alle storie di tutti i lettori, così sconosciti, così familiari.
CRIS | Giovedì, 28 gennaio 2010 @12:31
Lo scoglio in Cornovaglia...magari a Land's End.Che meraviglia!
Sono stata seduta su quello scoglio, libera fra vento, scogli e mare.
Tu non c'eri ancora ma sapevo che ti avrei trovato proprio cosi amante della natura selvaggia ..proprio come sei.
Manu | Giovedì, 28 gennaio 2010 @12:18
Poesia stupenda ma....NO non mi posso accontentare di un appuntamento nell'aria, troppo leggero, troppo sottile...oddio quanto mi manca!
ps anch'io voglio l'iPad :-)
ste | Giovedì, 28 gennaio 2010 @11:27
meravigliosa....
Mercoledì, 27 gennaio 2010 @07:30
"Il dolore è un paese dove piove di continuo, ma non cresce nulla. I morti vivono da un’altra parte, con addosso i vestiti con cui li ricordiamo".
(Simon Van Booy)
Il dolore è un paese dove ci si ritrova all’improvviso, senza aver mai voluto entrarci; in questo paese freddo e straniero che non vogliamo chiamare casa ci svegliamo, giorno dopo giorno, e ogni mattina è più difficile alzarsi.
(La frase di oggi è tratta dal libro di racconti di Simon Van Booy, Ponte alle Grazie. Mi aspettavo molto… Ma la cosa più bella del libro in fondo è il titolo: "L’amore arriva d’inverno").
MALU63 | Venerdì, 29 gennaio 2010 @11:31
X Anna lisa, mi dispiace immensamente e le parole giuste sono difficili da trovare,ma devi trovare tanta forza dentro di te per aiutare lei in questo momento in cui qualcosa di gigantesco vi stà travolgendo, ti abbraccio e ti sono vicina.
xoan | Giovedì, 28 gennaio 2010 @23:50
Spero di abbandonare il prima possibile questo piovoso paese. Sarà lei allora a riconoscermi dai vestiti bagnati quando mi vedrà. E se nel frattempo i vestiti si saranno asciutti, allora sarà troppo tardi.
LISA | Giovedì, 28 gennaio 2010 @09:43
Un doppio abbraccio, allora, per ANNALISA FARMACISTA in ospedale, e per l'amata sorella. (E un abbraccio di buon compleanno anche a Simona Pasionaria).
Annalisa farmacista | Giovedì, 28 gennaio 2010 @09:22
Grazie carissime tutte. No, cara Lisa, è l'altra sorella. Quella che ha dieci anni meno di me, diabetica, e alla quale sono affezzionata in un modo quasi morboso (l'altra sorella non me ne voglia). Le ho fatto quasi da mamma, anzi è sempre stata lei a chiamarmi la sua seconda mamma. Purtroppo è in ospedale da più di un mese e adesso dobbiamo aspettare il responso di una biopsia. Questo dice tutto. Io non riesco nemmeno a piangere tanto è grande il dolore che mi prende. Per fortuna il consorte è molto comprensivo e non si lamenta del fatto che passi più tempo in ospedale che a casa con lui. Capisce e mi stringe forte quando mi vede triste. E così mi sono sentita anche con voi. Grazie veramente.
Io vivo per lei | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @19:22
E' il titolo di una stupenda canzone cantata da Bocelli e Giorgia. Io vivo per...la primavera, l'amore durante gli inverni (ma anche nelle estati), vivo per chi mi ama, vivo per la poesia, per la musica e per tutto quello di bello che esiste al mondo. Mi unisco ad Anna e a Manu per mandare soffi stratosferici ad Annalisa e alla sua sorella. Volevo anche ricordare che oggi è la giornata della memoria. Ricordiamoci quante persone sono morte per il sentimento contrario all'amore. p.s. oggi è anche il compleanno della più simpatica zia pasionaria che abbia mai conosciuto. Tanti auguri Simona.
ultimo | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @18:29
il dolore che assaggia i nostri corpi. Il dolore che fruga il nostro cuore, il dolore è l'essenza stessa dell'amore.
LISA | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @17:17
Tua sorella, ANNALISA FARMACISTA? Tua sorella mamma, e poi aspirante, e poi di nuovo mamma, a cui avevi regalato i miei libri? Annalisa, fammi sapere, facci sapere. Forse un abbraccio virtuale non può scaldare, nel paese del dolore, ma ti abbraccio lo stesso.
Manu su (H)onda | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @14:08
Annalisa , mi unisco ad Anna e soffio affinché tu e la tua famiglia ritorniate nel paese della gioia .
Un abbraccio
Anna dalla stalla di Versailles | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @13:53
Tanti soffi per Annalisa.
Il paese del dolore è l'unico che, prima o poi, tutti visitano ... purtroppo. Per fortuna, anche se più raramente, c'è anche quello della gioia.
Un caro saluto a Lisa e a tutte voi.
Annalisa farmacista | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @13:03
Siamo arrivati in questo paese del dolore. Io e la mia famiglia. Piove tanto. E anche se c'è l'amore non riusciamo a scaldarci. Fa freddo e anche conosolarci diventa difficile. Sono in attesa di una notizia che non mi fa respirare: potrebbe nella peggiore delle ipotesi trattarsi di una cosa grave a mia sorella che mi lascia senza fiato. La frase di oggi mi ha colpito. Sembra che tu Lisa mi stessi pensando. E allora grazie anche per questa fortuita coincidenza. Ho bisogno di parole e di pensieri per rendere meno triste il passaggio.
Diletta | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @11:42
Ogni giorno leggo il buongiorno, forse la funzione di quel piccolo e magico giornale si risolve in quelle poche righe scritte sulla testata. Forse mi sbaglio ma credo che ogni singola parola è parte di un puzzle fatto di sogni. Grazie per le dolci parole e grazie, oggi, per parole di riflessione. ( IL Mondo è anche questo)
CLAUDIO | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @10:43
.....senza l' Amore, la Vita è una giornata con un cielo nero, con pioggie e freddo.
Proprio, come scrive Lisa.
Senza l'Amore, si commettono gravi errori; oggi, ricordiamo la Shoah.
Buona giornata a tutti.
Manu | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @09:33
Hai ragione il titolo è proprio bello e molto "vero". E' vero, spesso l'amore arriva d'inverno, a scaldarci il cuore ed a farci vivere ogni abbraccio come se fosse l'unica fonte di calore possibile.
Martedì, 26 gennaio 2010 @08:13
E’ il titolo di un piccolo film italiano che ho visto nei miei ultimi giorni milanesi: Dieci inverni , debutto alla regia di Valerio Mieli, ovvero un ragazzo e una ragazza che si incontrano nel ’99, su un vaporetto, a Venezia; si sfiorano e si rincorrono, si amano ma forse no, seguiti per dieci inverni, fino al 2009, in una Venezia gelida e stupendamente fotografata, e in un’innevata Mosca. Lei, Isabella Ragonese, è la stessa protagonista di "Tutta la vita davanti", il film di Virzì ambientato in un call center, ricordate? Anche se qui mi ha convinto di meno. Lui, Michele Riondino, è davvero bello e bravissimo. Spero di vederlo ancora.
Ma sono due i film di cui vi volevo parlare. L’altro l’ho finalmente trovato in Dvd: Il velo dipinto , di John Curran, con Naomi Watts e Edward Norton. Ovvero il film tratto, qualche anno fa, da "Il velo dipinto" di Somerset Maugham. Il libro l’ho appena letto, l’ho trovato nella biblioteca bookcrossing della mia guesthouse durante il viaggio in Laos; una vecchia edizione Penguin anni Cinquanta, a righe bianche e arancione. Ne abbiamo parlato nei giorni passati (i commenti li trovate sotto ai post del 13 e 14 gennaio, e io concordo con Ola). Il film – oltre a raccontarci visivamente una Cina magnifica, che assomiglia molto al Laos che ho visto, di fiumi e montagne – ha "riletto" i personaggi. Il libro è lucido e crudele, nel raccontare di Kitty, ragazza leggera e pre-fashionista, che si sposa con l’uomo sbagliato solo per fuggire dalla famiglia e dalla paura di rimanere zitella (allora non c’erano le Bridget Jones a salvarci); Kitty che tradisce suo marito e verrà tradita anche dall’amante, finché dolorosamente capirà chi è: una nuova se stessa. Il film invece parla di compassione: che ci salva; che può salvare, forse, un matrimonio. Ma che tagliente, che dura, la scena in cui il marito le dice: "Non ti disprezzo: disprezzo me per averti amato". E con quale forza lei risponde: "Io non ti ho mai mentito: sapevi bene chi ero. Non ti ho mai fatto credere di essere diversa". Che dura, la strada verso la verità.
La frase che ho scelto per il Buongiorno di City di oggi, 26 gennaio, è:
"Con la sua presenza riempiva l’auto intera, tanto che Annika l’avvertiva con la stessa fisicità di quando lui l’aveva stretta a sé".
(Liza Marklund)
Non mi hai neppure sfiorato. Non serve. Tanto so – e lo sai anche tu, vero? – che l’aria è carica di te, di noi, di tutto quello che è possibile, di tutto quello che potrebbe accadere. Basterebbe un gesto. Basterebbe che ti avvicinassi…
(A volte anche nei thriller capita di inciampare in frasi iper-sensuali. E il giallo da cui è tratta la frase di oggi, dove la protagonista è la trafelata Annika, giornalista di Stoccolma e detective per caso, mamma e moglie in crisi, mi è davvero piaciuto: "Il testamento di Nobel", Marsilio)
LISA | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @17:14
Duro e struggente, OLA. Però, dalla parte di Kitty, quando lei si difende e gli ricorda che a Venezia la trascinava in giro per musei quando lei avrebbe solo voluto andare a ballare... Illusione d'amore. Incomunicabilità.
ola | Mercoledì, 27 gennaio 2010 @10:28
Non è commovente? non e struggente?
Il grande Walter. Il grande Somerset.
''I had no illusions about you,'' he said. ''I knew you were silly and frivolous and empty-headed. But I loved you. I knew that your aims and ideals were vulgar and commonplace. But I loved you. I knew that you were second-rate. But I loved you. It's comic when I think how hard I tried to be amused by the things that amused you and how anxious I was to hide from you that I wasn't ignorant and vulgar and scandal-mongering and stupid. I knew how frightened you were of intelligence and I did everything I could to make you think me as big a fool as the rest of the men you knew. I knew that you'd only married me for convenience. I loved you so much, I didn't care. Most people, as far as I can see, when they're in love with someone and the love isn't returned feel that they have a grievance. They grow angry and bitter. I wasn't like that. I never expected you to love me, I didn't see any reason that you should, I never thought myself very lovable. I was thankful to be allowed to love you and I was enraptured when now and then I thought you were pleased with me or when I noticed in your eyes a gleam of good-humoured affection. I tried not to bore you with my love; I knew I couldn't afford to do that and I was always on the look-out for the first sign that you were impatient with my affection. What most husbands expect as a right I was prepared to receive as a favour.''
ultimo | Martedì, 26 gennaio 2010 @18:21
Ricordo il tuo sorriso, d'ischiuso sul tuo viso. Ritorno col pensiero, al nostro primo bacio, al nostro primo letto al primo t'amo detto. Ricordo la tua voce, radar nel mio cuore. Quando ancora io, non sapevo dare tutto il mio amore, tutto il mio sapere. Poi tu mi hai detto fermo con la mano,fermo non ti amo. E' passato quasi un anno, tutto ancora é fermo, fermo é il mio cuore, fermo é il tuo amore. Grande é la voglia di lasciare tutto, di mollarti al vento, d'insabbiare il cuore. Vecchio cuore amico, vecchio cuor ferito, vecchio cuor tradito. T'hanno fatto male, le mille sue risate, cascate di parole, dure da ingoiare, malate nel finale.
LISA | Martedì, 26 gennaio 2010 @17:55
Per MALU63: ma lui, alla fine, perdona... almeno nel film. E' per quello che ci è piaciuto, mi sa. Inguaribili romantiche.
MALU63 | Martedì, 26 gennaio 2010 @16:53
il velo dipinto, hai dato le esatte espressioni che io nn ero riuscita a dare sia al libro che al film, per una volta mi è piaciuto di più il film anche se lui nn è disposto a perdonare. Con quella frase neanche se stesso.
Manu | Martedì, 26 gennaio 2010 @16:15
"Accarezzare la vita attraverso la poesia" è un'immagine meravigliosa. Non so se la mia vita sia speciale, so che non ne vorrei però una diversa da questa.
kiss the rain | Martedì, 26 gennaio 2010 @15:47
Che bello è Lisa quando due corpi si sfiorano si toccano per mandarsi messaggi d'amore. Lisa il tuo commento oggi è super. Lila
LISA | Martedì, 26 gennaio 2010 @14:23
Forse, MANU, perché ogni vita è speciale. Anche e soprattutto se la guardiamo, capiamo, accarezziamo attraverso la poesia.
Roberto EAM | Martedì, 26 gennaio 2010 @13:08
L’aria è carica di te, di noi, di tutto quello che è possibile, di tutto quello che potrebbe accadere...Mi manca l'aria..
Manu | Martedì, 26 gennaio 2010 @10:41
Ciao Lisa, non so come fai ma ogni mattino trovo qualcosa di me nelle tue frasi, è come se tu mi conoscessi...oppure l'alternativa è che ho una vita TROPPO normale? Ti abbraccio
MMM | Martedì, 26 gennaio 2010 @10:33
E' ASSOLUTAMENTE VERO CHE A VOLTE ALCUNE PERSONE, PER QUANTO MINUTE POSSANO ESSERE FISICAMENTE, RIEMPIONO GLI AMBIENTI.
E ANCORA: AVETE MAI PROVATO AD ASCOLTARE QUANTO RUMORE FA IL SILENZIO DI QUALCUNO CHE NON PARLA PIù?
AMO IL TUO POSTO VUOTO ACCANTO AL MIO...DIVERTENTE E DRAMMATICAMENTE VERO!
Lunedì, 25 gennaio 2010 @07:45
"La duplice e divorante certezza del destino e dell’amore".
(Peter Manseau)
In questo solo posso e voglio credere: nel destino, nella mia parte di destino, nell’orizzonte sconosciuto che mi aspetta, nelle strade che mi ci porteranno. E nell’amore che il destino mi riserva, quell’amore che aspetta solo me.
(La frase che ho scelto per il Buongiorno di City di oggi, lunedì 25 gennaio, è tratta dal romanzo "Ballata per la figlia del macellaio", di Peter Manseau, Fazi Editore. Ecco l’intervista che ho fatto all’autore, e che è uscita sul Piccolo di Trieste, la città dove sono nata)
La "Ballata per la figlia del macellaio", di Peter Manseau, uscito per Fazi, ha una copertina ispirata a Chagall, e giustamente: perché il romanzo, pur scritto da un americano, è un mix bizzarro tra un quadro di Chagall, donne volanti, sogni d’amore, e rabbini che suonano il violino sui tetti degli "shtetl" russi; il tutto incrociato con Dickens, ovvero la saga buonista di un bambino povero e orfano che farà fortuna tra le strade di una metropoli, solo che la metropoli stavolta è la New York degli emigranti di inizio Novecento. Vi gira già la testa? In fondo era questa, sospetto, una delle intenzioni dell’autore: trasportarci in un mondo magico, inventato ma non troppo, yiddish ma non troppo, per raccontarci la storia di Itsik Malpesh, poeta per caso, innamorato per destino, arrivato in America clandestino a bordo di una nave; e del suo testardo, poetico, incrollabile amore per la "figlia del macellaio". Proprio la figlia del macellaio del paese, che l’ha visto nascere e a cui lui si sente predestinato… Ma perché raccontare una favola yiddish oggi, visto che, tra l’altro, l’autore non è neppure ebreo, anzi è figlio di un’ex monaca e di un ex prete? Gliel’abbiamo chiesto.
Il suo libro è la biografia poetica di un poeta che non esiste. Ma lei ha mai scritto poesie? Magari per conquistare un amore, come il protagonista del suo libro?
"Ebbene, confesso: ho scritto davvero qualche poesia, e tutte per mia moglie. Una era il regalo per il nostro primo anniversario. All’epoca stavo scrivendo il mio libro ma – si sa come sono le vite degli scrittori esordienti – lavoravo anche come falegname. La mia specialità? I tetti. Piantavo chiodi sui tetti altrui otto ore al giorno, tornavo a casa e piombavo addormentato. Così intitolai la poesia "Ballata per la moglie di un conciatetti"; per farle capire che, anche arrampicato su un tetto con un martello in mano, pensavo a lei".
Lei scrive romanzi, e ha una vita da romanzo: è figlio di un’ex monaca e un ex prete, e l’ha raccontato, in modo leggero e divertente, nel suo libro, non ancora tradotto in italiano, "Vows: The story of a priest, a nun and their son". Ha più volte dichiarato di aver usato questa storia per abbordare le ragazze alle feste… E’ stato così che ha conosciuto sua moglie?
"No, quando l’ho conosciuta avevo abbandonato da tempo questa tecnica di abbordaggio, anche perché onestamente non aveva molto successo. A dir la verità per far colpo sulla mia futura moglie le dissi che ero uno scrittore, e lei rispose: "Ah sì? E che cosa hai pubblicato?". Peccato che all’epoca i miei romanzi fossero ancora nel cassetto. Diciamo che ho passato gli ultimi anni della mia vita a cercare di essere all’altezza di quello che ho raccontato a mia moglie nei nostri primi cinque minuti insieme!"
Nel libro lei parla di "bashert", termine yiddish che spiega così: "è il destino e, quindi, può significare tante cose. In questo caso bashert è la persona con cui sei destinato a trascorrere la vita". E’ questa la sua parola yiddish preferita?
"Bashert in effetti significa destino, ma in yiddish ha una dimensione più interpersonale che in altre lingue. Parlare di bashert non vuol dire parlare solo del proprio destino, ma della persona a cui il nostro destino è legato. E’ una parola intrigante, ma non è la mia preferita. Che è invece "luftmensch", letteralmente "uomo d’aria": qualcuno che sembra vivere solo d’ossigeno. Un sognatore, insomma. Senza doti apparenti, ma con molte idee. Come il protagonista del mio libro".
Lei non è ebreo, non parla yiddish, però ha scritto un libro il cui protagonista è un poeta yiddish, completamente immerso nella cultura yiddish. Ed è stato così convincente che ha vinto un premio letterario, il National Jewish Book Award.
"Non solo: quando il libro è uscito ho avuto reazioni davvero sorprendenti! Le faccio un esempio. Il padre del protagonista lavora in una fabbrica di piumini, fatti con piume d’oca, a Kishinev, e inventa una particolare tecnica di lavorazione. Tutto frutto della mia immaginazione. Eppure sono stato contattato da una donna, che mi ha raccontato che la sua famiglia aveva allevato oche per decenni in Russia, e che sicuramente mi ero ispirato a loro! L’ho rassicurata: i segreti del commercio di famiglia erano salvi, mi ero inventato tutto…".
Quest’intervista verrà pubblicata su Il Piccolo, il quotidiano di Trieste. Anche a Trieste, come nella Kishinev moldava descritta nel romanzo, c’era un ghetto. E mio padre, triestino doc, che da bambino leggeva libri prestati da una bottegaia del ghetto, si era appassionato a uno scrittore ebreo che forse lei conosce, Israel Zangwill, e alle sue storie del ghetto veneziano.
"Purtroppo non sono mai stato a Trieste, ma Zangwill certo, lo conosco. Lo sa che è stato lui, alla fine dell’Ottocento, ebreo russo che viveva a Londra, a coniare "melting pot"? Il "calderone culturale" così tipico degli Stati Uniti: quello in cui finiscono tutti gli immigrati, di tutti i paesi, e da cui riemergono diversi, nuovi. Zangwill usò il termine come titolo di una delle sue commedie: e così è arrivato fino a noi, anche se lui è ormai dimenticato. Ma Zangwill è l’esempio di qualcos’altro che mi sta molto a cuore, e che spero di aver reso nel mio libro: di come la cultura cosiddetta "mainstream", la cultura "di massa", venga in realtà plasmata e influenzata dai bordi, dai margini. "Ballata per la figlia del macellaio" racconta di persone che vivono ai margini della società; ma è anche la storia di come tutti noi - e le nostre convinzioni, la nostra lingua – cambiamo, ci trasformiamo, ci evolviamo, con il tempo".
inverno 2010 | Martedì, 26 gennaio 2010 @10:29
la tua vita è parte di un disegno di cui tu sei un punto infinitesimo di immenso valore perchè non riproducibile?
così sai di avere un posto un destino una vita che è unica
le tue perticelle cercano le particelle che ti completano che ti danno luce che ti cercano allo stesso modo con cui tu cerchi loro per trovare il tuo posto , il posto solo tuo,nell'universo che tu condividi con altri infinitesimi pumti !!!.
Oppure sei una scheggia impazzita nel caos di un universo indecifrabile in cui l'unica cosa che connta è solo quello che vuoi e non quello che sei?
SI : io voglio pensare di essere parte di un tutto per dare valore a quello che sono.
Per questo Dio: AIUTAMI.
giuseppe | Lunedì, 25 gennaio 2010 @17:16
il destino
il magico compagno della vita
Domenica, 24 gennaio 2010 @11:02
Allora, lo confesso subito: io non scio. Nonostante questo, sono molto, molto interessata al guardaroba da montagna. Perché? Pura perversione da shopping? Assolutamente no: è che, essendo sposata con un infaticabile sciatore, ogni tanto mi ritrovo, malgré moi, ad alta quota. In genere, peraltro, vestita in maniera inadatta. Il punto è che della montagna, a parte le piste da sci, mi piacciono altre cose. Le elenco così, un po’ alla rinfusa: lo strudel di mele, le spa (soprattutto le piscine di acqua calda all’aperto nella neve), e, se è totalmente pianeggiante e nessuno mi mette fretta, lo sci di fondo. Per due di queste attività (strudel e spa) direi che non servono le giacche a vento; ma per la terza sì, e qui cominciano i guai. Perché non basta una giacca, ci vogliono anche i calzoni, le scarpe, anzi gli scarponi giusti, il berretto per non congelarsi… E bisogna cercare di non ridere guardandosi allo specchio. Ma come fanno le dive che vediamo ovunque paparazzate ad essere sexy e glam anche sottozero?
Bisogna studiare, è ovvio. Le celebrities insegnano. E io mi ritrovo ad ammirare, ad esempio, il total look white, bianco sul bianco della neve, di Elle MacPherson. Come le invidio il colbacco che porta! O forse la disinvoltura con cui lo indossa? Katy Perry, invece, non si spinge fino alle piste da sci, ma va a fare una passeggiata al parco innevato con il fidanzato: molto romantico. Ho solo un dubbio: quanto resisterà con i jeans stracciati, pur modaioli e baggy? Quanto al cappello con i lunghi pon-pon… Certo, come precisa la fashion journalist Hadley Freeman sul Guardian, con i suoi ultimi dispacci moda da un’Inghilterra sottozero, gennaio non è il mese giusto per vestirsi sexy. No. Gennaio è il mese giusto per avvolgersi in una sciarpa e in un berrettone calcato fino alle orecchie, almeno finché la temperatura non risale. E, possibilmente, stare a casa.
Le fashioniste però possono consolarsi, perché c’è qualcosa che ci salva dall’effetto omino Michelin: i nuovi tessuti tecno, che ci permettono di uscire (moderatamente) glam anche ad alta quota, e non troppo ingoffate. Pronte allora? Tanto, per quello che mi riguarda, la strada non è lunga: si tratta soltanto di sopravvivere fino alla prima baita con lo strudel.
(Questo è un articolo che ho scritto per Grazia. Il Consorte per ora è andato a sciare da solo).
JeSuiSLaTrilli | Lunedì, 25 gennaio 2010 @20:44
X FIRME FUORI: se serve aiuto sono sempre pronta.
firmefuori | Domenica, 24 gennaio 2010 @23:33
x la trilli... una marca in meno e una mano in più per quelli che in questo momento stanno peggio:-(
JeSuiSLaTrilli | Domenica, 24 gennaio 2010 @19:00
mi scuso nuovamente per gli errori; ma la mia tastiera mi odia(:
questo era solo per dirti quanto sono fissata con look
JeSuiSLaTrilli | Domenica, 24 gennaio 2010 @18:59
luisa, io sono una fissata con il look e bla bla sarà che facendo esperienza per un'agenzia di moa sono diventata così ma guarda ti dico slo che io mi sono andata a comprare un paio di pantaloni da sci aderenti neri, giacca bianca abbianta con cappellino sciarpa e guanti da sci tutto in tinta tutto firmato ovviante( come se non ci anassi già in giro con roba di marca. noooo . penso che la guess e la luis vuitton di genova mi conosca troppo bene!ma vabbè!)! quand di rba a sci ne avevo fino a sopra i capelli!
però io non posso farne a meno!! (: sono fatta così!
Non è brutto sciare (: ti diverti dovresti provare!!
in più sono usciti i nuovi modelli del moon boot! bellissimiiii!!! ne ho già approfittato!! (:
un bacioo
Venerdì, 22 gennaio 2010 @07:39
"E ti bacio la bocca bagnata di crepuscolo".
(Pablo Neruda)
No, non voglio baciarti in una giornata di sole. Non voglio che sia estate. Non voglio che sia in mezzo alla folla. Vorrei baciarti in una di queste sere d’inverno, quando il sole scolora nel grigio e nel freddo; quando sarà più facile trovare, insieme, l’alba dentro l’imbrunire.
(Neruda non ha bisogno di presentazioni. Questo verso – un singolo verso, potente, romantico – è tratto dal vecchio libro su cui ho imparato a conoscerlo, "20 poesie d’amore e una canzone disperata", Edizioni Accademia. L’alba dentro l’imbrunire è invece una citazione nascosta, di una vecchia canzone italiana: la riconoscete?)
Pè | Venerdì, 5 febbraio 2010 @14:45
Grazie Lisa...capatina in libreria questo fine settimana..."Pè" stà per Peppe...Giuseppe...sono un ometto...in versione femminile avrei scelto "Penelope" come l'affascinante Penelope PitStop dei cartoni di Hanna e Barbera...buon fine settimana a lunedì :-)
LISA | Venerdì, 5 febbraio 2010 @11:16
PE' che mi ritaglia a Milano: ho controllato, "Tentativo dell'uomo infinito" è stato pubblicato da Passigli, con il testo spagnolo a fronte. Una scusa per portarsi a casa dell'altro Neruda... (Grazie della presentazione. Mi piace quando vi presentate e mi dite dove mi avete conosciuto! Sai però che non ho capito se se un uomo o una donna? In ogni caso, bellissimo regalare delle spighe di grano).
Pè | Giovedì, 4 febbraio 2010 @18:52
Esatto ho l'edizione Passigli,devo quindi cercare l'edizione Accademia?ho cercato anche sul Web ma nulla,mi serve quel poema...cmq ho 33 anni e vivo a Milano,ti ho conosciuta per il tuo BuonGiorno,un piccolo rito giornaliero,mi reco da un collega urlo "Rassegna Stampa!!"e mi trovo City tra le mani,forbici e ritaglio...sto' tappezzando il mio video tipo post-it,mi ricorda il film "Una settimana da Dio" con Jim Carrey...naturalmente leggo ma non finisce qui...quando mi emoziono trascrivo a una persona molto importante per me...con cui condivido la Poesia...e tutto è partito con Neruda una mia scoperta che è stata poi anche la sua...quindi ti lascio immaginare cosa inneschi quando lo citi....lui da odore e sapore alle sensazioni alle emozioni è fantastico, la sua Amata è completamente immersa nella natura ne è avvolta,dalla luce del crepuscolo appunto...sa' di terra e arriva dalla terra... ti sfama ti disseta...è sapore...a chi Amo un giorno ho regalato una spiga di grano. A presto :-)
LISA | Giovedì, 4 febbraio 2010 @12:59
Nel mio libro, PE' (che è una vecchia edizione Accademia, mentre immagino tu abbia comprato l'edizione Passigli), il verso è dentro il poema intitolato "Tentativo dell'uomo infinito". (E tu, mi racconti qualcosa in più di te? Ad esempio, quanti anni hai e da dove scrivi?)
Pè | Giovedì, 4 febbraio 2010 @10:27
Ciao Lisa,ho comprato il libro è non ho trovato la poesia dove compare il verso,mi puoi dire il titolo...? per la canzone ok ho gia' scaricato il testo...
:-)
LISA | Giovedì, 4 febbraio 2010 @07:39
Per PE': non ho capito, non hai trovato il verso, o non hai trovato il libro? La canzone è già stata indovinata: leggi i commenti qui sotto...
Pè | Mercoledì, 3 febbraio 2010 @11:17
Ciao Lisa,incuriosito dalla "forza" di questo singolo verso ho acquistato il libro,ma non l'ho trovato....per la canzone non ci provo neanche...mi dai una dritta. :-)
Donato | Martedì, 26 gennaio 2010 @15:44
Leggere questi commenti, le tue parole del "buongiorno", le citazioni tue e dei tuoi lettori più sensibili, mi fanno sentire come sotto un albero di ciliegie pieno di frutti maturi; li guardi tutti, vorresti tutto assaggiare, prendi quello che puoi, e alla fine hai un meraviglioso sapore sulla lingua. Grazie a voi tutti, sconosciuti compagni di blog.
LISA | Domenica, 24 gennaio 2010 @10:59
Per VALERIA E IL SUO CAFFE' AL GINSENG: struggente, sapere che in questi freddi tramonti d'inverno, stai cercando albe, baci, amore. Grazie: per avercelo raccontato. La poesia di Neruda riluce ancora di più. Per MMM: bellissima, l'eredità di gioia...
LISA | Domenica, 24 gennaio 2010 @10:56
Sì, la citazione nascosta è di Battiato, Prospettiva Nevskji. Mi piace cantata da Alice. Cercatela su you tube...
Valeria e il suo caffè al ginseng | Sabato, 23 gennaio 2010 @03:17
Porto su questo blog una sezione della mia vita fin'ora taciuta a chi mi sta intorno.
Sto baciando in queste sere d'inverno nella speranza di trovare con lui un'alba da guardare insieme.
E' così difficile quando la tua felicità ha il prezzo della felicita' altrui.
Luigi | Venerdì, 22 gennaio 2010 @18:36
Grazie Lisa per queste emozioni.
Luigi | Venerdì, 22 gennaio 2010 @18:31
E' di Battiato: Prospettiva Nevsky:"E il mio maestro m insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire".
Lila | Venerdì, 22 gennaio 2010 @15:12
Ehy Trilli hai espresso un pensiero che è anche mio e di quel cantante fantastico che è Tiziano Ferro. L'Amore vero deve saper resistere al mare mosso, alla lontananza, a tutto. Lisa ci aiuti per la canzone a cui ti riferisci?
JeSuiSLaTrilli | Venerdì, 22 gennaio 2010 @11:42
neruda è il mio amore platonico.
secondo me i baci d'estate vanno via con le onde del mare.
rimangono li, e presto si asciugheranno al sole.
i baci d'inverno ti danno una speranza ;
la speranza che possano continuare ad illuminare i nostri giorni scuri.
fino all'arrivo dell'estate; se sarà amore vero, resisterà anche alle onde.
grazie lisa
mmm | Venerdì, 22 gennaio 2010 @10:59
"Non voglio che vacillino il tuo riso nè i tuoi passi.
Non voglio che muoia la mia eredità di gioia." (NERUDA)
Ho scelto 4 anni fa questa frase, nel momento più brutto e difficile della mia vita, per ricordare un uomo meraviglioso, quello della mia vita: mio padre.
ososnobish | Venerdì, 22 gennaio 2010 @10:54
Grande Pablo Neruda!! .. profondo osservatore, ogni verso fa riflettere e stimola un energia profonda.. voglia di vivere in maniera appagante.
Grande.
patrizia rogers | Venerdì, 22 gennaio 2010 @09:54
Fai sapere luogo e ora, verrò sicuramente!
LISA | Venerdì, 22 gennaio 2010 @09:43
Brava! Indovinato. (La mostra degli abiti di Mila Schön - la stilista arrivata esule a Trieste nel 1920 e quindi triestina - non l'ho ancora vista, ma mi hanno invitata a presentare il catalogo, il 5 febbraio. Ho accettato: quel che non si fa per tornare sul Molo Audace!)
patrizia rogers | Venerdì, 22 gennaio 2010 @09:08
Battiato, Prospettiva Nevskij.
Oggi è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire, per me. Ma qui a Trieste c'è una bora allegra, e un bel sole, più tardi il molo aspetta. Aspettiamo l'imbrunire e vediamo. (P.S. hai visto la mostra degli abiti di Mila Schon? incantevole, a mio parere).
Giovedì, 21 gennaio 2010 @07:44
"Anzi, appena innamorati, quando tutto ciò che conta al mondo viene distillato in due corpi".
(Kamila Shamsie)
Innamorarsi. E capire che è tutto lì, il mondo è tutto lì: nel modo in cui mi guardi e tieni stretto il mio sguardo, nel brivido elettrico quando mi sfiori la mano, nell’attimo prima del primo bacio.
(Nei giorni passati ero a Milano: e lì, ieri, ho incontrato per un’intervista Kamila Shamsie, la giovane scrittrice pakistana che vive a Londra, e di cui Ponte alle Grazie ha appena pubblicato "Ombre bruciate". Mi è piaciuto moltissimo tutto: il libro, che ho trovato struggente e contemporaneo insieme; lei, il suo sorriso, il mondo, anzi i mondi che racconta. Presto metterò on line l’intervista, intanto compratevi il libro!)
LISA | Venerdì, 22 gennaio 2010 @07:38
Per l'ANONIMO che prende i miei Buongiorno e li fa suoi, ogni mattina: ma chi sei, da dove scrivi? E per il secondo ANONIMO (o è lo stesso) che si interroga sugli errori di calcolo dell'universo... per favore, quando scrivete presentatevi! Due righe di presentazione: almeno la città da cui scrivete...L'Autrice è curiosa.
anonimo | Giovedì, 21 gennaio 2010 @22:49
"Tu,
sei per me l'errore di calcolo in grado di infrangere un universo intero di leggi e dogmi e convenzioni mututate da esperienze che in realtà non ho mai realmente vissuto, il
sillogismo,
che pur basato su false premesse si ostina a voler raggiungere almeno una sola, stramaledetta, soluzione corretta...
- omissis -"
non ha una fine, non so quando potrò scriverla...
Grazie per il brano Cicatrici...
velia | Giovedì, 21 gennaio 2010 @15:08
ciao Lisa. Mi hai ricordato il primo bacio condiviso con l'uomo che amo, un bacio tanto appassionato che stupisce perchè lui è un tipo così controllato. E nel mio cuore questa passione è sempre accesa. Mi basta averlo vicino per sentirmi viva. E sentirsi innamorati è la cosa più bella della vita!!!
JeSuiSLaTrilli | Giovedì, 21 gennaio 2010 @15:04
SCUSATE PER GLI ERRORI MA CERTE VOLTE LA TASTIERA NON PRENDE LE LETTERE. SCRIVO VELOCE. SCUSATE
JeSuiSLaTrilli | Giovedì, 21 gennaio 2010 @15:03
MA SE AMI LA DELUSIONE ANDRA' VIA.
io amo, tuto il mio amore, er ora,tutta me stessa va a te.
sei lontano amore mio,
Urlo che ti amo, non so se senti.
Il tuo respiro è sempore qui acconto a me.
Ti sento parlare e sussurrarmi ti amo amore
ma ancora non basta ti voglio qui.
qui vicino a me.
oppure io li vicino a te.
ti amo.
lo urlo. ascoltami.
grazie di darmi ogni giorno
dentro,
anche se non sei con me tutto l'amore.
ti amo R.
GRAZIE LISA PER QUESTO BUONGIORNO!
Lila | Giovedì, 21 gennaio 2010 @14:24
Sento il tuocorpo vicino, mi sfiori le labbra e mi guardi...un bacio solo e poi un altro perché io e te siamo tutto ciò che conta al mondo. Grazie Lisa per il Buongiorno di questa mattina.
Anonimo | Giovedì, 21 gennaio 2010 @10:23
Buongiorno Lisa, mi permetto di chiamarti per nome perchè oramai mi sembra di conoscerti. Tutte le mattine leggo i tuoi pensieri, li faccio miei, quasi sempre mi sembra di leggere qualcosa di me tra le righe che scrivi...grazie davvero per tutte le emozioni che mi regali.
Mercoledì, 20 gennaio 2010 @06:51
"Mio padre. Volevo ritrovarlo: tutti i suoi pensieri, tutti i mobili che avevo venduto. Volevo riordinare gli armadi, svuotare nuovamente i cassetti, passare ancora una volta tutto in rassegna; ripercorrere gli stessi sentieri, dormire nelle stesse stanze, riuscire in qualche modo a cogliere qualche traccia di lui. Volevo vedere il suo volto, il suo volto quando ero nata. Il giovane uomo che era stato".
(Romesh Gunesekera)
Prima che diventasse mio padre.
(La frase di oggi è tratta da un libro di racconti di un autore di Sri Lanka che vive, e scrive, a Londra: "La luna del pesce monaco", Feltrinelli. Un libro che ho letto prima di partire, anni fa, per Sri Lanka: i miei primi passi in Asia. Nel racconto la protagonista torna nella casa al mare dell'infanzia, la casa tanto amata dal padre, per pensare, ripensare, ritrovarlo)
Lila | Giovedì, 21 gennaio 2010 @11:55
Grazie a te Lisa di darci la possibilità di sentirci ancora vivi grazie alle emozioni che susciti con i tuoi buongiorno.
LISA | Giovedì, 21 gennaio 2010 @07:47
E' in momenti come questi che penso che il blog abbia senso, che i miei Buongiorno abbiano senso, che le parole abbiano un senso: quando le frasi che scelgo, in cui inciampo, vi parlano direttamente al cuore. Quando diventano parole vostre, parte di voi. Grazie, a tutti, di aver scritto. Di condividere.
MALU63 | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @20:06
Da pochi giorni sono passati 12 anni in cui papà mi ha lasciato, il suo dolce ricordo non si spegne mai, a ricordarmelo sono le mie abitudini di tutti i giorni, le stesse condivise e insegnate da lui, il ricordo più tenero che ho è quello di commuoversi ogni volta che raccontava degli eventi particolari che erano successi a lui o a noi la sua famiglia, i suoi occhi che si arrosavano e si velavano di lacrime rendano tutto cosi importante quanto diceva. Ricordi, belissimi di lui che rimane sepre vivo nel mio cuore.
JeSuiSLaTrilli | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @15:19
ogni volta che ti guardo negli occhi vedo
un uomo che il tempo sta trasformando.
Nulla negli altri potrò mai ammirare come a te;
il tuo coraggio nell'affrontare le battaglie
più insidiose.
Vedo che nei tuoi mille difetti,
di cui io ne vanto altrettanti,
si nascondo grandi valori.
Vedo che nei tuoi mille sforzi
vedi sempre la luce.
Quando cadi , ti rialzi sempre;
Non parli,non ti lamenti, a testa alta ti fai forza
e riprendi a camminare.
Vedo che nel passato trovi la speranza per il mio futuro.
Vedo che mi metti sempre in guardia.
Vedo che non sono come te. A te.
Non c'è nulla che ti possa fermare papà.
L'uomo che vedo è
l'uomo che mi tiene e mi terrà per mano.
Sempre.
Non voglio essere come te.
Voglio imparare da te.
Voglio commettere i miei errori,
cadere, anche dopo
ogni passo fatto bene.
Non voglio rimpiangere di non averti ascoltato.
Non voglio rimpiangere ciò che non ho fatto.
Ma tutto quello che mi hai detto è qua.
Tutto ciò che ho vissuto è qua.
Dentro me.
Ti ricordi?
Da piccola pensavo che i genitori non si ammalassero mai.
E non voglio pensare a quando tutto quello che ho
ora non ci sarà più.
Papà ogni momento che vivo con te sarà
un passo avanti.
Sarà tutto ciò che ricorderò guardandomi indietro e fiera
dirò SI LUI E' MIO PADRE.
tua trilli
anto77 | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @14:53
Quanto dolore e rimpianto in quello che leggo....
Quanta sofferenza per le parole non dette e i gesti non fatti...
Ma loro dentro il cuore lo hanno sempre saputo e non lo scorderanno, ovunque sono.
Il sangue che scorre nelle ns. vene ribolle al loro pensiero.
L'amore non corre sulle lancette del tempo... è eterno, come il loro perdono per le ns. mancanze.
Io gli ho donato la mia "vita" quando è servito e ne sono felice, ma so che mi avrebbe amato comunque: ero, sono e sarò sempre la sua "ANTO"
Carrie | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @14:23
Il mio cuore è straziato pensando che non ho ascoltato mio padre e che ora potrei vederlo sorridere nella sua vecchiezza, invece la mia testardaggine forse gli ha causato dolore.Inutilmente rincorro i suoi occhi, cosa ne sarà di me, di noi?
Roberto EAM | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @13:33
Fatica, tempo che passa, le rughe stropicciano il volto, solcano le ossa, non scalfiscono però le foto dei figli nel portafogli, unica vera ricchezza che contiene. Prima di uscire la sera, unico rumore il silenzio del mio bacio muto che soffoca difficili parole di scuse e di rassicurazioni sulla notte che sempre più incognita sovviene, e lo sguardo penetrante dei tuoi occhi che soffoca parole di vecchie ma nobili raccomandazioni, per infrangere residui di barriere di antiche sofferenti incomprensioni. Voglia di passato ormai andato, e di presente mai vissuto, per amore dei figli sempre nascosto e taciuto. Il nobile silenzio dell’insegnamento dell’esempio, cui tutte le parole che incontra il mio destino, non possono che porgere un umile e rispettoso inchino.
Grazie Papà.
Lila | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @11:59
Mio padre è una figura tanto importante per me. Da lui ho preso gli occhi e il naso e credo anche la voglia di reagire alle cose. Ma lui ha vissuto altri tempi, quelli della guerra e, purtroppo, ha anche perduto una sorella durante un bombardamento. Ha perso anche il papà (anche se non durante la guerra). Era abbastanza giovane e noi figli abbiamo conosciuto solo la nonna che, ricollegandomi al tema di ieri, era una vecchietta con i rossi alle guance e alla quale piaceva molto parlare del passato (soprattutto di come aveva conosciuto il marito). Era bello ascoltarla durante le nostre passeggiate primaverili. Un sorriso a tutte/i.
danielle | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @11:39
mio padre? un uomo d cui sono sempre stata innamorata ma lui non è mai stato innamorato di me...
Elena | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @09:48
Io non sono riuscita a finire il Buongiorno di Lisa. Ero in metropolitana e ho douvto mettere gli occhiali da sole. Ho perso mio padre, all'improvviso, meno di anno fa e non riesco ancora neanche a parlarne. Oggi non riuscirò a leggere il blog.
anto77 | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @08:09
un nodo alla gola che non si vuole sciogliere.
Speravo che con il passare del tempo il dolore si alleviasse e cambiasse forma, invece no!
Il vuoto lasciato, la spalla mancante su cui consolarmi, il caldo abbraccio dove nascondersi dal mondo, l'incoraggiamento per le mie sfide....
Il suo sorriso nel prendersi gioco di me.... e poi aver scoperto che era una persona fragile come tutti....
Nel mio cuore, nei miei pensieri, nel mio respiro e nella mia pelle....
Martedì, 19 gennaio 2010 @00:23
"Di qui si vede l’impero,
da lì, una vecchietta, con la sporta della spesa in mano.
Quante vecchiette con le sporte furono necessarie per costruire l’impero,
quante sporte restarono vuote,
quanti imperi crollarono nella polvere."
(Natan Zach)
E quante cose ha visto, questa signora anziana che fa la coda al supermarket davanti a me; quante cose, e nessuno più a cui raccontare.
(I versi di oggi, 19 gennaio, sono tratti da "Sento cadere qualcosa", Einaudi, antologia del poeta israeliano Natan Zach)
A proposito di grandi vecchi e di testimoni della storia: vi metto on line il racconto di un incontro che mi è molto piaciuto. L'articolo è uscito sul Piccolo di Trieste, il giornale della città dove sono nata.
"A ottant’anni non si hanno velleità letterarie: si vuole solo lasciare testimonianza". Così mi dice Igor Argamante al Caffè degli Specchi a Trieste, spiegandomi perché, a ottant’anni (è nato nel 1928), ha scritto un libro: "Gerico 1941 – Storie di ghetto e dintorni", per Bollati Boringhieri. 200 pagine di racconti che vengono da lontano: da un mondo che non esiste più, e di cui Argamante è l’attento testimone. Scrittore per caso, testimone per forza (come tutti quelli che hanno visto gli orrori della Storia), triestino per scelta: perché Argamante vive accanto al Faro, in una casa con le finestre che si spalancano sul mare e sul golfo. A Trieste è arrivato più di quarant’anni fa, in una giornata di sole e vento come quella di oggi, e ha deciso che non voleva vivere da nessun’altra parte. Scelta inusuale, per un manager dell’Olivetti, assunto da Adriano Olivetti stesso; avrebbe potuto decidere di vivere a Ivrea, quartier generale della società, o a Milano; ma visto che il suo campo d’azione erano gli affari con l’ex Jugoslavia, Trieste poteva essere, e Trieste è stata. Qui a Trieste ha vissuto con la moglie, una donna tedesca anche lei innamorata del golfo e del sole; qui a Trieste sono cresciuti i suoi figli. E qui a Trieste è nata anche la voglia di scrivere: di andare indietro con lo sguardo, ritrovare i volti e le voci del passato. E raccontare.
"Gerico 1941" è un libro di amorose contraddizioni. Parla del ghetto e di ebrei, ma è stato scritto da un non ebreo; racconta testardamente una città che non esiste più, neppure nel nome: la Wilno che ospitava il ghetto, che ha visto crescere l’autore, ora è Vilnius, capitale della Lituania; è scritto in italiano, da un uomo che è cresciuto parlando polacco e russo; ed è firmato con un nome apparentemente italiano, che sa tanto di Orlando Furioso, quando invece Argamante non è che l’italianizzazione di Argamakow. Ed è questo continuo slittamento di confini che rende prezioso il libro, in un mondo che vorremmo senza più confini, senza più orrori, senza più guerre. Ma per farlo, è necessario ricordare. Ricordiamo allora, insieme ad Argamante.
Lei dedica il suo libro ad un "ragazzo di Praga di nome Hansi". Chi era?
"Il mio grande amico d’infanzia. Un bambino ebreo del ghetto, un bambino in fuga da Praga. Niente in comune con me, che a Wilno c’ero nato, parlavo russo e polacco, non frequentavo la sinagoga ma la chiesa ortodossa (ci vado ancora: qui a Trieste, a San Spiridione: le preghiere sono in paleoslavo, le stesse). E’ a Hansi, però, che voglio dedicare queste pagine".
Non ha più saputo nulla del suo amico d’infanzia?
"Purtroppo no. Chissà, potrebbe essere ancora vivo, magari emigrato in America. O potrebbe essere morto in un campo di concentramento. Sono pochissimi i sopravvissuti del ghetto di Wilno. I più "fortunati" sono quelli che furono deportati dai sovietici nei gulag, perché poi, grazie a un accordo del ’41, furono liberati… Ma si muore davvero solo quando non c’è più nessuno che ricorda. E io, Hansi, lo volevo ricordare".
Così come, in "Morte da cani – Piccola storia stalinista", che è uscito per Il Mulino dieci anni fa, ha voluto ricordare suo padre.
"Sì: mio padre, Alexej Alexandrovic’ Argamakov. Arrestato nel ’39 dalla NKVD, la polizia segreta di Stalin, deportato, mai più rivisto. Ma non sono solo i miei ricordi: per raccontare la sua storia ho voluto vedere, leggere, studiare gli ultimi documenti che lo raccontano. No, non un suo diario. Ma il dossier n° 51879 del KGB".
Dunque questo è il suo obiettivo: salvare i ricordi. Raccontare una storia con l’aiuto della Storia.
"Perché "Gerico 1941" è la "parte frivola", la parte romanzata, di "Hansi", il libro che ho scritto, di memorie degli anni di guerra, dal ’39 al ’41. Ma attenzione: nessun racconto è inventato. Sono tutti ricordi personali, che ho supportato con ricerche d’archivio. Ad esempio, la storia terribile degli ebrei morti sul fiume Burg, in un’impossibile fuga al confine tra la Polonia occupata dai nazisti e quella occupata dai sovietici. I nazisti li spingono sul fiume ghiacciato, per farli annegare; ma il fiume regge. Così le guardie sovietiche, dall’altra parte del fiume, buttano delle bombe a mano: che spezzano il ghiaccio, e le acque inghiottono velocemente i fuggitivi. Una storia vera. Una storia che avevo sentito, da bambino. E che ho ritrovato, documentata, negli archivi dei delitti di guerra a Washington".
E’ stato a Washington, per le sue ricerche d’archivio?
"Niente viaggi: ho usato il prestito inter-bibliotecario. Grazie alla Biblioteca di piazzetta Hortis ho potuto consultare libri e documenti che sono arrivati per me dagli Stati Uniti, da Londra, e persino da Wilno".
Il ghetto di Wilno, che lei racconta, non c’è più; non c’è più neppure Wilno…
"O almeno non è più la stessa. Quando dico che torno e riconosco solo le pietre, che adesso nella città dove sono nato si parla una lingua non mia, che fa parte di un Paese non mio, so che qui a Trieste mi possono capire. So che i profughi istriani, ad esempio, mi possono capire. Se lo raccontassi a un francese…"
Quindi lei è tornato, a Wilno.
"Sì: la prima volta in epoca Gorbaciov. Ero in un viaggio d’affari, una missione Ice, l’Istituto del commercio estero, a Mosca e poi nei Paesi Baltici. A Riga mi sono staccato del gruppo e sono andato a Wilno. Il palazzo di mia nonna è ancora in piedi, anche se malridotto: perché quello che non ha danneggiato la guerra, l’ha fatto la "manutenzione" sovietica. Ma la villa dei miei ricordi d’infanzia più belli, in collina, con un boschetto di lillà che la separava dal fiume, non esiste più. Ora la collina è calva".
E il ghetto, lo scenario del libro?
"Sa che ogni volta che cammino per l’ex ghetto di Trieste, che ora sta tornando a nuova vita, mi viene in mente quello di Wilno? Come avrebbe potuto essere, come sarebbe potuto diventare. Ma nel ’44 non c’era più né uno scarafaggio né un ebreo. E tutto quello che non è stato distrutto dalla guerra è stato cancellato dagli urbanisti sovietici".
Raccontare una patria che non esiste più, per salvarla. Come Gregor von Rezzori, che con i suoi straordinari romanzi - a partire da "Tracce nella neve", Guanda - ha salvato la sua Czernowitz. Quando vi nacque era la capitale della Bucovina, parte dell’Impero Asburgico; poi passò alla Romania; oggi è in Ucraina. Lei sta facendo la stessa cosa con Wilno: prima Polonia, ora è Vilnius, Lituania. Un altro punto di contatto: anche von Rezzori finì a vivere, per caso o per scelta, in Italia.
"Conosco Gregor von Rezzori, grande scrittore. La sua lingua madre però era il tedesco. Invece la mia madrelingua è il polacco, la mia "padre-lingua" il russo, e la mia "fratello-lingua" l’italiano: se sono qui lo devo a mio fratello maggiore, che studiava letteratura italiana a Varsavia, che mi insegnò l’italiano quando ero ancora piccolo, che riuscì a farci arrivare in Italia. Il libro l’ho scritto in italiano. E, ormai, penso in italiano".
nochiusura@yahoo.it | Sabato, 2 luglio 2011 @19:37
eppure, senza il Calvino, nessun editore si sarebbe mai accorto di questo eccellente scrittore ultraottantenne. Di lui e di molti, moltissimi altri. Triste davvero questa noncuranza.
nochiusura@yahoo.it | Sabato, 2 luglio 2011 @19:34
il libro è stupendo, certo:infatti è stato scoperto perchè è arrivato in finale al Premio Italo Calvino. Peccato che negli articoli, di questo piccolo Premio si ricordino sempre in pochi.
JeSuiSLaTrilli | Martedì, 19 gennaio 2010 @20:45
GRAIE SIMONA, MANNAGGIA SE LO SPAEVO PRIMA NON PRENDEVO LA LUIS VUITTON NUOVA, VABBE! =) GRAZIE COMUNQUE FARO' UN SALTO NELLO SHOW ROOM APPENA ANDRO' A MILANO!
ma PARLANDO DEL BUONGIORNO DI LISA...Non ci sono parole
Ho scritto proprio stamattina un tema su quella tragedia.
il mio mito in questo caso è primo levi, tutto conosciamo se questo è un uomo. anche per me tenere alta la memoria è importante , non ne sapremo mai abbastanza, mi zio è sopravvissuto e ormai i suoi occhi si stanno piano piano chiudendo su questo mondo, ma non importa fino a qualche settimana fa per prepararmi al tema, gi ho chiesto di raccontarmi la sua esperienza, intanto mentre raccontava(per quel che riusciva) guardavo i suoi occhi, se guardiamo un uomo negli occhi mentre racconta una simile esperienza vedremo quanto dolore, quanta speranza c'è.
vedevo l'uomo che mio zio è stato, nonostante il uo carattere, ho molto da imparare da LUI,
sicuramente la forza che gli uomini devono avere per vivere su questo mondo.
grazie zio.
GRAZIE LISA, LEGGERO' QUESTI TITOLI.
GRAZIE UN GROSSO BACIO
Simona | Martedì, 19 gennaio 2010 @19:23
Scusate se intervengo ancora. Dato che qui si parla anche di borse e moda, volevo ricordare che presto usciranno le nuove "goodie bags" di Coccinelle (andate sul sito) il cui ricavato andrà a "Francesville" la città dei mestieri della Fondazione Rava- NPH per i bambini di HAITI.
Simona | Martedì, 19 gennaio 2010 @19:20
Nessuna parola da aggiungere a quanto raccontato che ci regala un'altra pagina sulla Shoa. E' importante tenere alta la memoria, continuare a raccogliere le testimonianze ora che quella generazione conta pochi sopravvissuti. Spetta a noi andare avanti ricordando. In questi giorni sto leggendo "La foresta dei girasoli" di Torey L. Hayden che narra la storia di una famiglia la cui madre-moglie da ragazza era stata presa dalle SS come "fattrice" di bimbi ariani e che ovviamente ne era uscita un po', giusto un po', scossa. Il libro racconta la vita di questa famiglia, trasferitasi negli USA, accanto a questa madre un po' "stramba" con terribili segreti che la porteranno a un gesto estremo. C'è il tenero amore di un marito e la solitudine di due figlie davanti alla pazzia. E' papabile solo che l'intercalare nei dialoghi di "mamma, mamma" ripetuto più volte rende questi abbastanza lamentosi. Per il resto è un buon thriller psicologico. Un abbraccio a tutte.
MiriamRosaGialla | Martedì, 19 gennaio 2010 @16:19
Cara Lisa,
oggi mi hai regalato un pezzetto di me stessa!
Mentre leggevo le parole tue e di questi uomini incredibili, ho sentito accanto a me la presenza di zia Matilde e zio Isacco, annientati nella Shoà. Più che altro, ho sentito i loro sorrisi accanto a me, perchè ovvimente non li ho mai conosciuti: ma in casa ne parliamo spesso e li ricordiamo con tenerezza e con un sospiro silenzioso, perchè finchè ne parliamo, come hai scritto tu, essi continueranno a vivere attraverso di noi, nel nostro cuore.
Ciao, Aria, grazie anche a te.
Aria | Martedì, 19 gennaio 2010 @13:09
Resto ammutolita davanti a tutto questo. Grazie a questi uomini.
Lunedì, 18 gennaio 2010 @00:15
"La maggior parte delle persone non sa amare né lasciarsi amare, perché è vigliacca o superba, perché teme il fallimento. Si vergogna a concedersi a un’altra persona, e ancor più ad aprirsi davanti a lei, poiché teme di svelare il proprio segreto… Il triste segreto di ogni essere umano: un gran bisogno di tenerezza, senza la quale non si può resistere".
(Sándor Márai)
Tenerezza. Come sopravvivere, senza tenerezza?
(La frase dello scrittore ungherese Sándor Márai, che ho scelto per il mio Buongiorno su City di lunedì 18 gennaio, è tratta da un romanzo che ho molto amato: "La donna giusta", Adelphi. Una storia a quattro voci: l’ex moglie, l’ex marito, l’amante, l’amante dell’amante… Partendo da Budapest anni Trenta)
anto77 | Mercoledì, 20 gennaio 2010 @08:04
Quanti ricordi!
L'ho letto 4 anni fa e mi aveva fatto impazzire... se amate il genere, dello stesso scrittore vi consiglio "Le Braci"... storia d'amicizia d'altri tempi!
Un bacio
LISA | Martedì, 19 gennaio 2010 @00:36
Sapete? La tenerezza a cui pensavo, "senza la quale non si può resistere", non è solo quella in amore: ma quella di un'amica che ti abbraccia perché non trova le parole, un amico che ti fa un complimento senza un motivo, il gesto gentile di uno sconosciuto, un sms con un sorriso in più. E' questo che scalda i cuori d'inverno.
Paola | Lunedì, 18 gennaio 2010 @21:30
"Una donna non può capirlo. Un uomo trova nella propria anima forza sufficiente per vivere. Il resto non è che un’eccedenza, un sottoprodotto. Facciamo un patto. Restiamo insieme. Ma tu amami meno. Lasciami libero da vincoli interiori. Sai che non ti chiedo altro, non ho secondi fini o piani segreti, nel dirti questo. Non riesco a vivere in una situazione di tensione affettiva come la nostra. Ci sono uomini dall’indole più femminea, che hanno proprio bisogno di essere amati. Ma esiste anche un altro genere di uomini, quelli che l’amore al limite riescono a tollerarlo. E io sono uno di loro. Tutti i veri uomini sono pudichi. Tu dovresti saperlo".…
"Ma allora perché mi hai sposata?"
"Quando ti ho sposata io sapevo ormai quasi tutto di me. Ma non sapevo abbastanza di te. Ti ho sposata perché non sapevo tu mi amassi fino a questo punto".
"E’ un peccato tanto grave amarti fino a questo punto?"
Rise. Ma era una risata triste, per nulla cinica o sprezzante.
"E’ peggio che un peccato" rispose. " E’ un errore".
Anch'io ho molto amato "La donna giusta". Di più: ha segnato la mia vita. L'ho letto a lui e l'ho fatto amare -credo- anche a lui: come una domanda inespressa che io, sospettando la risposta, non ebbi il coraggio di fargli.
Ora lui se ne è andato, ma sono certa che lui sa che di tutte le parole bellissime che gli ho letto di Marài quelle che veramente io volevo -e ancora vorrei dirgli- sono quelle che chiudono "La recita di Bolzano": SOLTANTO TE E PER SEMPRE.
proudlygay.splinder.it | Lunedì, 18 gennaio 2010 @21:10
io adoro i tuoi post!!!!!!!!!
JeSuiSLaTrilli | Lunedì, 18 gennaio 2010 @15:29
Lisa ! appena ho visto un city mi ci sono fiondata! ero in attesa di leggere il tuo buongiorno.
TENEREZZA?
Certa gente ne è priva certa gente invece ne ha troppa, e certe volte è anche simblo di ingenuità(io per esempio)
ma il mondo senza emozioni e sentimenti non sarebbe così vario e meravigliosamente incasinato..
è vero c'è molta gente non sa amare perchè teme il fallimento, oppure perchè ha PAURA a concedersi ad un altra persona ; la paura che le emozioni che verranno donate all'altro svaniranno da li a poco... ed è una paura che ferma, almeno a me è successo così.
E forse sono proprio quelli i momenti in cui necessitiamo di tenerezza...
mi manca troppo. la sua. oggi mi sento sola ... vuota perchè lui non c'è.
ma felice. lo vedrò un giorno. Beh la speranza è l'ultima a morire.
GRAZIE LISA!
ma secondo me
ila | Lunedì, 18 gennaio 2010 @13:03
chissà perchè i tuoi Buongiorno su City arrivano spesso a grattare la porta del cuore proprio centrando le emozioni che ribollono. Oggi mi sento vigliacca o superba...ingabbiata e sola, per non ammettere di aver bisogno di tenerezza. Grazie Lisa
CLAUDIO | Lunedì, 18 gennaio 2010 @11:45
.....tenerezza, ma non solo.
Imparare ad ascoltare. Se stessi e poi gli altri.
Essere meno egoisti, e "cedere" ad una richiesta di un Amico/a.
Buona giornata a tutti.
Lila | Lunedì, 18 gennaio 2010 @11:41
Bellissimo il tuo buongiorno Lisa. Parlando di tenerezza mi viene in mente di quando io al mio ex marito appena svegliati gli portavo il caffè a letto. Facevo un saltino e con le ginocchia finivo sopra il materasso poi ero tutta coccole e caffè per il mio uomo. Spero di non averti intristito Lisa. Soffi teneri come nuvole a tutte/i voi.
Ermione | Lunedì, 18 gennaio 2010 @11:07
Che citazione.. Lisa, trovi sempre la più adatta nel darci il tuo stupendo Buongiorno.. E la tenerezza? Sì, è il nostro segreto.. Il più grande e il più nascosto.. Ma anche il più straordinario da condividere con chiunque voglia camminare al nostro fianco, anche se per un breve istante.. Anche dopo l'ennesima delusione che ci porterebbe a celarlo ancora dietro la corazza che indossiamo ogni giorno.. La tenerezza, così semplice eppure così vera e straordinaria..
Un abbraccio
carla | Lunedì, 18 gennaio 2010 @10:38
Quanta sofferenza e delusione oggi nei commenti. Forse Lisa attraverso le parole di Màrai vuole suggerirci solo tenerezza... magari è un caffè preparato (quando non lo si fa mai), è uno sguardo silenzioso di attesa che la luna passi, è la pazienza che l'altro...
La tenerezza è una parola che in amore talvolta ci dimentichiamo: una volta una mia alunna, al termine di un racconto molto tenere di Hesse, è espolsa dicendo " ma non è riuscito neanche a baciarla perchè è contento?" E io risposto che in fondo è molto piacevole anche la tenerezza
velia | Lunedì, 18 gennaio 2010 @10:00
la solita vecchia paura di amare e di sbagliare. proprio come la tua, uomo codardo che avrei voluto amare e al quale non ho il diritto neanche di chiedere "cosa c'è che non va?" perché mi dici che sono solo affari tuoi. E io spreco il mio tempo ad aspettare e sperare che ti passerà.
marghe | Lunedì, 18 gennaio 2010 @09:27
ciao lisa.sono sempre io: quella che tu hai definito "l'aspirante madre".
mi hai chiesto di raccontarmi...ma oggi proprio mi mancano le parole. invece di sentir parlare di progetti e di una vita insieme, ieri mi sono sentita dire che sono fonte di ansia, di pressione e , chissà, (questo lo evinco io) anche di noia.
non sono una aspirante madre, lisa.
più semplicemente una persona che mai ha avuto la gioia di essere scelta "per sempre", da un'altra.perchè per me il desiderio di fare un figlio INSIEME, indipendentemente dal fatto che lo si faccia davvero o meno, è proprio questo: essersi scelti PER TUTTA LA VITA.
grazie | Lunedì, 18 gennaio 2010 @08:12
per questo risveglio accarezzata dal tuo sguardo assonnato
Valeria e il suo caffè al ginseng | Lunedì, 18 gennaio 2010 @00:58
C'è chi ha bisogno di tenerezze, vorrebbe amare, non si vergogna a concedere anima e corpo alla persona amata ma l'amore passandogli accanto non lo porta via con se.
Venerdì, 15 gennaio 2010 @07:18
"E quello fu l’abbandono – mi abbandonai, mentre stavo fra le sue braccia, a fantasticare di un futuro. Mi abbandonai a pregustare, con piacere, il modo in cui avremmo imparato a conoscerci; a conoscere di noi ogni muscolo, ogni terminazione nervosa, ogni cicatrice, ogni genere di cicatrice, anche quelle che da soli non riuscivamo a vedere, per trovare le quali occorreva un’altra persona".
(Kamila Shamsie)
Saprò che mi ami, quando vedrò i graffi del tuo cuore.
(Kamila Shamsie è una giovane scrittrice pakistana, che vive a Londra. La seguo da anni: questa frase è tratta dal suo romanzo "Versi spezzati", Ponte alle Grazie, storia lieve e intricata di una ragazza e di sua madre, femminista e attivista politica, scomparsa, forse morta… Ma un giorno riceve un messaggio nel codice segreto che sua madre e il suo amante, un poeta, usavano per comunicare tra di loro. Sarà ancora viva? Sì, sembra un thriller, ma non lo è. E’ solo un thriller dei sentimenti. Ora è uscito il quarto romanzo della Shamsie, "Ombre bruciate", e io dovrei incontrarla presto per un’intervista, sono molto curiosa)
LISA | Lunedì, 18 gennaio 2010 @00:13
Davvero, ANTO 77, A Milano c'è un mercatino Stella-style? Ma ci sei stata?
anto77 | Sabato, 16 gennaio 2010 @20:56
Abbandonarsi fino al punto di permettere a qualcuno di vedere anche ciò che, per difendert,i non vuoi vedere.
Quelle cicatrici che hai cercato di nascondere, di dimenticare ma che, inesorabili, si ripresentano come fantasmi da cacciare.
Poterli affrontare senza paura con qualcuno al tuo fianco...
Mi sa che qualcuno a Milano ha copiato la fantastica idea di Stella (il mercatino delle cose dimenticate nell'armadio... regali sbagliati da barattare ecc...)
Un bacio e buona serata a tutte
LISA | Sabato, 16 gennaio 2010 @19:28
Per CLAUDIA MDG E TRILLI: la poesia che Montale dedicò alla moglie è una delle più struggenti poesie sull'amore coniugale che io abbia mai letto. (E, Trilli, grazie della presentazione!). Per LILA: spero che tutto l'archivio blog appaia presto! Solleciterò ancora il maghetto web che mi aiuta. Per FRANCA: se lo stai perdendo, se lui si è spaventato, se non ha capito e ricambiato il tuo abbandono, forse non è l'uomo giusto...
claudia mdg | Sabato, 16 gennaio 2010 @17:58
E brava trilli, a 17 anni già così esperta di poesia.
"Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue."
Grazie per avere ricordato questi bellissimi versi
JeSuiSLaTrilli | Sabato, 16 gennaio 2010 @14:06
ps: DIREI CHE PER ME LA RISPOSTA PIù BELLA A QUESTA POESIA E' HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO DI MONTALE;)
la leggevo in questo preciso momento , chi meglio di lui ha saputo rappresentarci (anche se in un quadro molto più triste) le cicatrici che si porta dentro ? La moglie.. il suo amore, una parte di lui, è ferito. Lei era i suoi occhi! ;) la trilli si scusa per un altro commento ;) un bacio!
JeSuiSLaTrilli | Sabato, 16 gennaio 2010 @14:00
Si si Lisa proprio la trilli di peter pan.. mi chiamano così da quando sono piccola.., frs un pò di veità c'è anche in me(; frs ognuno di noi rimane per sempre un pò legato all'innocenza di un bambino nO?
Comunque il mio amore è proprio la a Ferrara, oh cielo mi vengono i brividi a nominarla, ma brividi piacevoli.
Già quasi tutte le mattine sul city, ti ho scoperto da poco, quindi non ho ancora conosciuto le protagoniste dei tuoi libri ma approfondirò questa conoscenza al più presto(;
io beh amo molto la poesia, e faccio canto , quindi scrivo molte canzoni e testi che per me sono poesia, anche se magari non rispecchiano nessuna metrica.
Beh, questa sono io; diplomata in danza classica amante delle lingue e (beh chi non lo è) dello shopping, faccio equitazione e insieme a canto anche recitazone.
Ma non sono aspetti interessanti no?
Ho 17 anni e vivo in una società di ragazzi se non qualche rara eccezzione che ha solo un chiodo fisso(immaginiamolo raggazze =] ) , e l'unico modo per evadere a questo mondo è quello di scappare nel mio mondo parallelo dove ci siamo io la mia voce un microfono fogli bianchi e penna, ed è quello il momento più bello della mia giornata parallela(; scrivere ...
eccola la trilli!
LISA | Sabato, 16 gennaio 2010 @12:28
Dunque, TRILLI (nel senso di Campanellino Trilli, vero?), che vive a Genova ma ha il cuore a Ferrara (bellissima città, e vogliamo parlare del pasticcio di maccheroni che sa vagamente di tartufo?)... Sai, mi piace moltissimo:
"Il cielo è scuro,
pioverà,
sarà quello il momento in cui mi farò vedere da te".
Raccontami qualcos'altro di te. Sei arrivata qui perché ci incontriamo ogni giorno su City? Ma hai già conosciuto anche Emma e Stella, le protagoniste dei miei libri? Racconta racconta...
JeSuisLaTrilli | Sabato, 16 gennaio 2010 @09:47
Avrei voluto anche io lasciarmi andare a quel piacere,
avrei voluto anche io vivere ogni attimo di quel suo respiro,
prenderlo, farlo mio e poi lasciarlo andare come era destino.
Ma forse io sono troppo sbagliata,
troppo me stessa per seguire il destino.
Allora corro ,
nella speranza di poter riprendere ancora quel soffio di vita .
Il cielo è scuro,
pioverà,
sarà quello il momento in cui mi farò vedere da te,
Le mie lacrime si confonderanno con la pioggia .
Io lo so, la speranza scioglie le lacrime,
ma allora perchè mi ritrovo sempre li?
Riavrò quel respiro, ti vivrò ancora. Lo so.
Aspettami.
(by me)
le cicatrici servono, ti aiutano sicuramente a crescere. ma sono anche i ricordi più belli,, anche se certe volte dolorosi (;
LISA SONO BELLISSIME. GRAZIE.
CLAUDIO | Venerdì, 15 gennaio 2010 @14:59
....le cicatrici, ci aiutano a crescere.....
....a volte, un Amico/a può aiutarci a non farle "sanguinare" più....(dedicata ad Irene).
Buon pomeriggio a tutti.
Lila | Venerdì, 15 gennaio 2010 @14:23
Un'altra cosa Lisa ma recuperare i tuoi buongiorno del 2008 sarebbe impossibile? Grazie.
La leoncina | Venerdì, 15 gennaio 2010 @13:52
Buongiorno Lisa. Te la ricordi questa?
Eros
Sgualcito il lenzuolo aleggia ricordo
l’odore serra che cancella il sonno
impressi restano dai baci mordo
vita, energia, parole senza senno
parole al vento tu che sei mio porto,
lontano un miglio basta un solo cenno,
alata spuma calda il tuo trasporto
che l’onda avvolge, come il mio lenzuolo
riporta rena, orma d’amante accorto.
E inarcata la schiena, in un angolo
le mani sfogliano la nuda pelle
abbandonata acrobata, scivolo
in un’altra dimensione poi nelle
sfere, ai bordi di un sogno di bambino
mentre la notte s’allontana in quelle
luci di città dalla finestra il pino
si muove e la mano che invito
mi tocca, m’accompagna, sino
l’orlo del vestito, ancora sgualcito.
Eh sì, cara Lisa, solo dai graffi al cuore si capisce se c'è l'amore vero. Grazie per il bellissimo buongiorno di oggi. Lila
franca | Venerdì, 15 gennaio 2010 @08:51
mi sono abbandonata ma ho sbagliato e lo sto perdendo
Giovedì, 14 gennaio 2010 @07:35
"Ascolto in questa notte
il letargo invernale.
Pioggia sui monti".
(Kobayashi Issa)
Mi sento anch’io in letargo, oggi. Fa troppo freddo per pensare a battaglie e progetti; troppo freddo per aprire finestre su nuovi orizzonti, per incamminarsi su nuove strade. Ma anch’io, come un sasso che dorme sotto la neve, ho un sogno verde nel cuore.
(I versi di oggi sono tratti da "Il grande libro degli haiku", Castelvecchi. Ma nel mio commento c’è una citazione nascosta dal norvegese Olav H. Hauge, il poeta e giardiniere che ormai conoscete, che scrisse: "Il fiume sospira nella gola, condensa in ghiaccio la nostalgia di mare/ e le pietre dormono sotto la neve con sogni verdi nel cuore").
aferdita | Giovedì, 14 gennaio 2010 @22:26
Bellissima questa citazione di Hauge, mentre la leggi ti sembra di viverla, di stare li vicino e sentire il sospiro del fiume. Grazie Lisa.
giorgia | Giovedì, 14 gennaio 2010 @22:10
che bello, lisa, mi sembra di essere tornata a casa, sono meno stanca e meno sola
LISA | Giovedì, 14 gennaio 2010 @21:32
Per GIORGIA: sai che il libro fallato di Maugham non me lo ricordavo? Comunque adesso è deciso: vado a caccia del film da "Il velo dipinto"! Per MODI953-LISACORVADIPENDENTE, grazie! Dove si possono vedere i tuoi disegni? Hai un sito?
claudia mdg | Giovedì, 14 gennaio 2010 @18:44
A me il film tratto dal "velo dipinto" è piaciuto moltissimo, ho il libro adelphi ma è in attesa di essere letto da quasi un anno, me n'ero dimenticata.
Giorgia | Giovedì, 14 gennaio 2010 @16:09
Ma Lisa, non ricordi quando nel salotto rosa lanciai un appello disperato perchè alla mia copia di "La giostra" di Maugham mancavano parecchie pagine, mentre altre erano ripetute? Di questo autore ho poi letto anche "Schiavo d'amore" (mi pare se ne sia recentemente fatto un film), "Il velo dipinto" (il film ho tentato di vederlo, ma sono sempre stata interrotta dal telefono) "La signora Craddock", e alcuni racconti di cui non ricordo il titolo. Uno in particolare parlava di una coppia, in cui lei muore poco dopo le nozze per via di una inarrestabile emorragia causata da una spina di una rosa...
Comunque ieri sera ho poi cominciato (anzi, ricominciato: lo avevo lasciato in sospeso non so quando, non ricordo) Donne innamorate di Lawrence, ma pare sia il continuo di L'arcobaleno, che non ho...
Baci
anto77 | Giovedì, 14 gennaio 2010 @11:53
Mi accodo a modi...
Per quanto mi riguarda sono felice di aver trovato qualcuno che ha la poesia nel cuore.... è bello poter condividere quel mondo segreto che si cela nelle letture.... E' come vivere per il tempo del libro la vita di qualcun'altro e trovare le similitudini con la propria.
A volte scopriamo dei sentimenti che proviamo e che non sappiamo come esprimere a parole.... rendiamo vive le ns. anime.
felice di avervi incontrato durante il io cammino.
Ritagliamoci un angolo ogni giorno per sentire la scossa nel cuore....
modi953@yahoo.it | Giovedì, 14 gennaio 2010 @10:59
sono diventata lisacorva dipendente , non posso iniziare la mia giornata lavorativa senza leggere i tuoi pensieri-poesie che non mi deludono mai, GRAZIE.
nel frattempo comunque mi è venuta un'idea io disegno cose molto particolari se ritieni opportuno di vederle rispondimi..Mi sono persa il commento .. anch'io ho un sogno verde nel cuore .......
Mercoledì, 13 gennaio 2010 @07:43
"Avevo diciotto anni quando Gauvain entrò per sempre nel mio cuore, senza che lo sapessimo né lui, né io. Sì, tutto ebbe inizio dal cuore o da quello che all’epoca prendevo per cuore e che era ancora solamente pelle".
(Benoîte Groult)
Cuore, pelle, pancia, cervello… Con te, mi sono arresa: corpo e anima.
(La frase di oggi è tratta da un vecchio libro che racconta la passione tra un’intellettuale, femminista e giornalista parigina e… un pescatore bretone. Un libro autobiografico –ora l’autrice è un’arzilla novantenne - che mi era molto piaciuto: "I vascelli del cuore", Longanesi. Adesso lo trovate in Tea con il titolo "Sale sulla pelle")
LISA | Sabato, 16 gennaio 2010 @12:05
DANIELLE, gli uomini che spariscono senza una parola (quelli che non rispondono agli sms, quelli che dicono ti richiamo e se va bene li senti il giorno dopo e se va male non li senti più...) sono una categoria a parte così ineffabile che, forse, meriterebbero un romanzo tutto per loro. (L'unica consolazione è che i cuori spezzati si rammendano. E a volte non rimangono neppure cicatrici).
JeSuisLaTrilli | Sabato, 16 gennaio 2010 @10:11
LISA.. cielo , quanto è bella questa.
non è altro che un piccolo pizzicotto, un piccolo sbattito di ciglia, una piccola illusione.
spesso diventiamo ingenue quando ci innamoriamo.
oh cielo, sono la prima, come è possibile che l'emozioni che popolano il mio corpo siano per una persona ... lontana da me.
troppo lontana.
eppure il nostro pizzicotto è avvenuto in una sola sera, in un altro paese.
e poi al nostro ritorno qui, non è svanito tutto come pensavo, no, è continuato ed è cresciuto.
e ..ora cuore pelle e anima sono sue, ed io sono qui.
DANIELLE: anche io mi sono ripetuta che non dovevo + innamorarmi, ma penso che sia tutto troppo più forte, troppo più contro la nostra volontà, pere obbidire. penso che l'unico sentimento oltre certe volte la rabbia che non possiamo controllare in nessun modo. ma il problema è che il mio amore è a FERRARA, io sono a GEnova. Eppure quante volte ho avuto l'impulso di saltare su un treno ed andare via. troppe, ma perchè non l'ho mai fatto?
Cielo,sono probabilmente quelle due volte all'anno a farmi venire sempre più voglia di lui, troppo distanti forse troppo innamorati.
:)
credere nell'amore dopo una delusione è difficile, ma se si chiudono i battenti alle opportunità saremo sempre chiusi in quel vortice di emozioni che combattono tra la voglia e la tristezza, quindi farsi coraggio e credere, anche se potrebbe rilevarsi un comportamento da ingenui è la cosa migliore per continuare a vivere l'emozione + bella che c'è.
E' dura, lo so, ma è bellissimo.
anche io scrivo, la penna non mi deluderà mai (;
danielle | Venerdì, 15 gennaio 2010 @13:07
io non dovevo innamorarmi, mi ripetevo sempre, mi dicevo che appena avrei finito il libro non me ne sarebbe più importanto nulla di lui,ma non era vero, io l'amavo dalla prima volta che l'avevo visto in municipio. Lo amavo da anni senza saperlo, senza che me ne rendessi conto. Era troppo bello il suo sorriso per resistergli. Un giorno, nel fiorire del nostro amore, ha smesso di telefonarmi, cercami, così la settimana seguente l'ho cercato ma non sono riuscita a trovarlo, si era trasferito, so anche dove (3 km da me) ma ho sempre avuto paura di arrivare fino a lì. Ed ora eccomi, 18 anni, un cuore spezzato, ho smesso di credere nell'amore e ho continuato solo a scrivere.
LISA | Giovedì, 14 gennaio 2010 @21:30
A volte, quando vi leggo, mi sembra di leggere i miei Buongiorno. "Era una di quelle persone che appena ti tengono la mano, capisci che vuoi stare con loro tutta la vita"... E poi, DANIELLE, cos'è successo? Per OLA: a questo punto sono ancora più curiosa del film. Il tuo nickname però non lo riconosco: chi sei?
danielle | Giovedì, 14 gennaio 2010 @13:30
purtroppo si... lui era una di quelle persone che appena ti tengono la mano capisci che vuoi stare con loro tutta la vita, avrei voluto amarlo di meno, avrei voluto che non mi dicesse ti amo...
ola | Giovedì, 14 gennaio 2010 @09:08
Cara Lisa, il film "Il velo dipinto" è molto diverso dal libro, ma per me è ancora più bello, perchè Kitty si comporta esattamente come avrei voluto io , e non il grande Somerset. Mi piacciono molto i racconti di Maugham, in particolare "Mister Know All". ma confesso, il suo passato da agente segreto della Sua Maestà mi incuriosisce ancora di più. Per quanto riguarda le solitudine delle madri, penso che sia una logica conseguenza della solitudine all'interno di un rapporto di coppia. Senza il Consorte non avrei mai superato le prime difficoltà con il nostro figlio... Ieri ho preso in biblioteca "Un lungo fatale....", mi piace, grazie Giorgia e un abbraccio, pieno di affetto, ammirazione e buon auspici ...
LISA | Giovedì, 14 gennaio 2010 @07:43
Coincidenza libresca, GIORGIA (e certo che ti vogliamo qui, ex aspirante ora mamma!): a fine dicembre, in Laos, ho trovato nel bookcrossing del nostro b&b sul Mekong una vecchissima copia di un libro di Maugham, di cui non avevo mai letto nulla. "The painted veil" in un'edizione Penguin a righe bianche e arancioni, anni Cinquanta, che mi si disfaceva quasi tra le mani. Che romanzo! La storia di Kitty, pre-fashionista londinese in cerca di marito, che si sposa "tanto per" con un uomo che non ama, un batteriologo, e si trasferisce a Hong Kong. Lì si innamora (o è solo sesso?) di un uomo sposato; il marito scopre tutto e le dà un ultimatum: o lui divorzia e ti sposa, o parti con me per la Cina, un villaggio dove c'è un'epidemia di colera... Partono. Un incredibile romanzo sull'amore, il matrimonio, il tradimento e la scoperta di sè. E io ho scoperto Maugham. (Ho scoperto anche che da questo libro fu tratto un film qualche anno fa, con Naomi Watts ed Eward Norton, che adesso voglio assolutamente vedere!). Il libro in Italia è pubblicato da Adelphi: "Il velo dipinto".
LISA | Giovedì, 14 gennaio 2010 @07:22
Già, DANIELLE, e se lui se ne va senza una parola, senza una spiegazione? E' quello che è successo a te?
giorgia | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @20:36
A me invece è venuta spontanea un'altra canzone, meno conosciuta, "La pelle e il cuore" di Paolo Vallesi.
Il romanzo della Alcott mi è piaciuto, una storia "romantica" e che ricorda tanto anche il romanzo ellenistico e alessandrino: fughe rocambolesche, inseguimenti, agguati, la virtù di una giovane in pericolo. L'ambientazione è magnifica: isole deserte, mare, castelli, persino un convento. Non manca niente. Nemmeno il finale, doppiamente tragico e scontato nella sua drammaticità.
L'ho letto in traduzione ma mi è piaciuto per come è scritto, è avvincente ma leggero.
Adesso ho intenzione di leggere "Il mago" di W. S. Maugham, ho già letto tanto di quest'autore e mi è piaciuto tutto.
Baci
Ps. Che bello poter essere ancora tra voi (ammesso che mi sopportiate anche quando inevitabilmente parlo della mia nuova vita...)
danielle | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @15:59
e se lui da un momento alla'altro se ne andasse senza lasciare una parola, senza dare una spiegazione??
paolo b. | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @15:03
citazione molto bella. se fossi meno stanco scriverei qualcosa di più. Magari un'altra volta. Cercherò quel libro. Ciao
Serenata rap | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @13:49
...Io ti offro verità, corpo, anima e cervello, amore, solo amore, solo amore, solo quello. Affacciati alla finestra amore mio...Buongiorno Lisa ma questa serenata rap di Jovanotti mi è venuta spontanea dopo la tua bellissima poesia che hai scelto oggi per noi. Spero che anche io presto possa trovare un uomo che mi faccia arrendere e con cui stare bene (e spero che tu non ti sia offesa). Soffi invernali a tutti/e Lila
Martedì, 12 gennaio 2010 @07:33
"Se i figli possono confessare francamente di annoiarsi coi genitori, una madre non può mai confessare di annoiarsi coi figli senza sembrare snaturata".
(Alba de Céspedes)
Quante cose una madre non può dire, forse neppure a se stessa. E com’è profonda, a volte, la solitudine delle madri.
(La frase di oggi è tratta da "Quaderno proibito" di Alba de Céspedes, scrittrice purtroppo dimenticata. Ne ho parlato, per la prima volta, il 29 ottobre 2009)
verissimo | Giovedì, 21 aprile 2011 @11:25
...soprattutto durante l'adoloscenza dei figli...e quando il marito, anche il migliore, non ti è complice nella quotidianità dell'educazione e dell'accudimento....
JeSuisLaTrilli | Sabato, 16 gennaio 2010 @09:55
BELLISSIMA.
una mamma non può parlare, non può esprimere certe volte quello che prova.
Ma almeno una volta tutti hanno visto gli occhi di una mamma piangere lacrime amare.
Lisa, io si ,e spesso magari per una discussione per colpa mia.
in quelle volte, volevo che lei si sfogasse che mi dicesse tutto quello che sentivva; ma non ci riusciva.
troppe emozioni sono chiuse dentro il cuore di una mamma; rabbia mai urlata, amore mai dimostrato, felicità, tristezza.
troppe per stare in un cuore solo
eppure loro ci riescono, loro hanno la forza per tenere tutto questO dentro ad un organo che le fa vivere.
mi dice sempre mia madre.
già.. e te lo devo a te mamma.
quindi ascolterò ogni tua parola , e quanto sei triste arrabbiata quello che puoi quello che vuoi dimmelo.
Mamma ti ascolterò sempre da ora in poi anche perchè un giorno tu.. non mi parlerai più e sarò costretta a guardarmi dentro per sentirti.
beh grazie (;
grazie per tutto.
scusa per tutto
(by me)
alle mamme..
LISA | Giovedì, 14 gennaio 2010 @21:27
Per ANTO77: "La tredicesima storia", un romanzone pseudostorico pubblicato da Mondadori, mi era piaciuto ma non troppo, tant'è che non mi ricordo nulla della trama... Sul genere allora preferisco, ad esempio, l'incalzante "I custodi del libro", di Geraldine Brooks (Neri Pozza): una restauratrice australiana di libri antichi arriva a Sarajevo subito dopo la guerra per "salvare" un testo ebraico illustrato, la Haggadah. E una storia d'amore si intreccia, capitolo dopo capitolo, alla storia del libro e delle mani per cui è passato nei secoli... E "La rilegatrice dei libri proibiti" di Belinda Starling, sempre Neri Pozza, ambientato nell'Ottocento. Attendo tuoi commenti su "Quaderno proibito"!
anto77 | Giovedì, 14 gennaio 2010 @10:55
Ciao Lisa, dato che i tuoi consigli non cadono mai nel vuoto ti dico che sto aspettando con impazienza l'arrivo del "pacco magico"!
Quello che contiene i libri che ho acquistato.
Tra i piccoli tesori che contiene c'è proprio il "Quaderno Proibito".
Quindi, avida di lettura, ti farò sapere.
Prima devo terminare "la tredicesima storia", è il primo libro di Diana Setterfield e devo dire che qs. biografa mi sta tenendo con il fiato sospeso.
Un abbraccio grande.
LISA | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @20:50
Come appoggiarsi a una parete che non c'è. Che bella, triste, immagine, SUSANNA. Ma forse non è giusto chiedere troppo, alle madri...
susanna | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @14:48
e com'è difficile essere soli con una madre che vive nella solitudine. è come appoggiarsi a una parete che non c'è...
LISA | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @07:40
Per SPERANZA: il problema delle aspiranti madri e delle neomamme disperate a volte è proprio come l'hai raccontato tu, essere insieme ma sole, nella stessa stanza, senza riuscire a parlarsi. Anche perché, a volte, l'unica cosa che riusciamo a pensare, con rabbia, è: "ma tu che ne sai?". Che ne sai di me, della mia sofferenza, del mio dolore...
LISA | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @07:37
Per GIORGIA: bè, con due gemelline due certo che ti senti sola, a volte... Grata, ma sola! Riscrivi presto: sono molto curiosa di sapere che cosa ne pensi di "Un lungo, fatale inseguimento d'amore", un libro all'epoca scandaloso della Alcott, la storia di una ragazza che si innamora di un uomo che poi scoprirà essere sposato, e che la seguirà e perseguiterà per due lunghi anni... Non l'ho letto, ma questo è proprio l'esempio del lato oscuro della nostra Jo. (Tra l'altro, il libro fu rifiutato dall'editore della Alcott. Fu pubblicato solo dopo la sua morte. Troppa sensualità, troppo pericolo per quegli anni?).
LISA | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @07:26
Per MARI: tua madre ti ha portato anche questo ritaglio? E non lo avete commentato? Sarebbe stato interessante. Per la serie delle cose non dette tra madre e figlia.
speranza | Martedì, 12 gennaio 2010 @22:59
Leggendo m'e' tornato in mente un episodio di circa 4 anni fa, la mia piu' cara amica andata un po' "fuori di testa" dopo la gravidanza, stanca, esausta, e io nel frattempo andata "fuori di testa" per le mie fivet, il mio aborto,etc. Lei che, in mezzo agli amici, diceva con un po' di (non esagero) disperazione nella voce"io mi sento sola, c...zo" e io dall'altro lato della stanza che dicevo a mia volta con tanta "tristezza" nella voce"non sai come ci sentiamo soli noi -io e mio marito-", soli nel vuoto di questo figlio che non arrivava, soli per le parole non dette fra noi, soli per non poter comunicare con nessuno, in quanto TUTTI presi dal riprodursi (come natura vuole che sia), con la stanchezza che cio' comporta. Col senno di poi, ERAVAMO SOLE TUTTE E DUE, sola lei col peso della sua maternita', rispetto ad un ruolo "non delegabile", sola io col peso della mia maternita' "mancata"...era impossibile pero' comunicare allora, forse lei ha capito solo ora, forse io ho capito "meglio" ora (ma comprendevo gia' allora il suo status, seppur avrei fatto mille volte a cambio col mio).
giorgia | Martedì, 12 gennaio 2010 @22:10
Guarda un po', vengo a parlarti d'altro, e trovo queste citazioni. E sì, mi capita di sentirmi sola, a volte, mi ammazzo di fatica, ho sonno arretrato, e loro non mangiano. Ingrate, penso, e poi mi assalgono i sensi di colpa.
Cmq, volevo dirti che ho appena finito di leggere "Un lungo, fatale inseguimento d'amore". Non chiedermi cosa ne penso, non lo so, stasera sono troppo stanca, magari domani riuscirò a fare delle riflessioni sensate e a dare un parere lucido.
Baci
MARI | Martedì, 12 gennaio 2010 @18:55
sono a casa con l'influenza..ho appena letto il messaggio del giorno che la mia mamma mi ha passato dopo averlo ritagliato dal giornale...come fa tutti i giorni...i messaggi che scegli sono davvero belli...uno più dell'altro... grazie
LISA | Martedì, 12 gennaio 2010 @18:28
C'è la solitudine delle aspiranti madri, CARLA, ma - a volte, come sai - anche la solitudine delle madri. Me lo raccontava - con delicatezza, con intelligenza - un'amica che ha avuto due bambini proprio quando io tentavo la strada Fivet. Mi raccontava la solitudine, il senso di inadeguatezza, di impotenza, le lacrime - e il non riuscire a parlarne, con nessuno. La vergogna, quasi. Come se avere un bambino ti dovesse catapultare per forza in una dimensione di felicità ed efficienza; come se l'istinto materno fosse automatico ed innato. E invece no. Le storie estreme di mamme che si uccidono insieme ai figli lo confermano. Riuscire a capire anche quel vuoto, quello smarrimento - quando si è perse dentro un altro dolore - mi ha aiutato a capire qualcosa in più anche di me. E dell'essere donna. Madre, oppure no.
aferdita | Martedì, 12 gennaio 2010 @16:26
Eravamo figli e non osavamo neanche a rispondere ai genitori. Bastava guardarli nei occhi per capire se dovevamo parlare oppure no. Quanta solitudine e quanti incompressioni. Adesso siamo genitori e dobbiamo trovare il momento giusto i le parole adatte per parlare con i nostri figli, altrimenti si arrabbiano e portano rancore. Senza che loro misurano le parole, senza che pensano quanto feriscono. Non abbiamo avuto il lusso di rispondere da figli, e tantomeno adesso da genitori. E vero che il cuore di una madre e tale, che le parole dette da un figlio non lasciano il graffio, ma cé un limite a tutto .Ma quando tocca a noi? Credo mai, e questo ha il sapore amaro.
carla | Martedì, 12 gennaio 2010 @16:08
sarà che forse sono una mamma del nuovo millennio, ma io ho provato molta solitudine, specialmente, alla nascita del mio primo figlio (poi ne ho avuti altri due e tutto e diverso) e ricordo che solo con po' di coraggio anche altre amiche mi hanno confessato di aver provato la stessa solitudine. Forse confessarloselo non nuocerebbe all'amore che abbiamo per i nostri figli.
Malu63 | Martedì, 12 gennaio 2010 @14:50
Conosco un proverbio Lisa, che dice: una madre sfama 100 figli, ma 100 figli non sono capaci di sfamare una madre. L'amore di una madre è viscerale, cresce insime ai figli, è capace di perdonagli tutto, peccato che io non abbia potuto vivere questa esperinza da madre, ma solo come figlia, c'est la vite....
woland | Martedì, 12 gennaio 2010 @14:49
una madre, forse, non potrà dire molte cose... ma dubito che si possa annoiare con i figli
Lila | Martedì, 12 gennaio 2010 @14:38
Ma a volte può essere profonda anche la solitudine dei figli, Lisa.
CLAUDIO | Martedì, 12 gennaio 2010 @10:10
....non esiste una parola esaustiva per definire l'Amore di una madre e di un Padre......
Buongiorno a te, Lisa.
Lunedì, 11 gennaio 2010 @08:01
"Guarda la neve che imbianca tutto
il Soratte e gli alberi che gemono
al suo peso, i fiumi rappresi
nella morsa del gelo.
Sciogli questo freddo, Taliarco,
e aggiungi legna al focolare;
poi versa vino vecchio da un’anfora sabina.
Lascia il resto agli dei…"
(Orazio)
Chiudi gli occhi e lascia che anche il cuore, d’inverno, si riscaldi.
(E’ la prima volta che uso dei versi di un poeta dell’antichità per il mio Buongiorno. Questi, di Orazio, sono tratti da "Ode a Taliarco". Mi piace la neve e quel "lascia il resto agli dei"…)
E, lo so che Orazio non sarebbe per nulla interessato, ma vorrei far scivolare lì una parolina: saldi. Qui nel mio altrove non ci ho neppure provato. Però l'altro giorno un'amica carissima e ormai lontanissima mi ha fatto vedere con la sua webcam, su skype, il suo bottino saldi: una K-way dorata, scontata da 160 a 15 euro. Era bellissima! E, sapete?, credo che a Orazio non sarebbe dispiaciuto avere skype, nella sua casa bucolina nella campagna Sabina, un po' più a nord di Roma...
giuseppe | Domenica, 17 gennaio 2010 @17:37
inseguito per i boschi dai briganti
con la mascherina nera
e il vestito di corte
povero pulcinella
senza di lei che gli trasmetteva l'allegria
anche nella tristezza del sogno
non può piangere
non può sorridere
come quando l'amore era ancora realizzabile
e tra burle e veggenze
la sua bella lo aspettava sotto casa
con le mani sui fianchi pieni di farina.
poi volò via come una foglia
restandolo a terra
ad attendere una nuova fortuna
per seguire quella stella impazzita di luce
e incontrare in una stradina del mondo
chi come lui aveva creduto
e lotato per una epifania
di libertà.
poesia la folia di pulcinella
Aria | Martedì, 12 gennaio 2010 @12:54
Pardon, è del '57 e non del '54. La copertina è coloratissima: lo sfondo è di un verde erba chiaro con l'immagine delle quattro protagoniste vestite con abiti rosa, giallo, corpetto rosso e gonna a righe e arancio con scialletto a righe. Tra i capelli hanno nastri colorati e la più giovane tiene una bambola tra le mani. Sullo sfondo è disegnato uno scorcio del giardino. Le pagine sono di una spessa carta porosa leggermente ingiallite, è una edizione dei Fratelli Fabbri.
LISA | Lunedì, 11 gennaio 2010 @09:40
La tua copia del '54, ARIA! Che meraviglia. Cosa c'è in copertina?
Aria | Lunedì, 11 gennaio 2010 @08:57
Tornando al post precedente: questo Natale ho regalato 3 "Piccole donne" naturalmente a 3 bambine diverse. Spero che almeno lo leggano, per non dimenticare come erano, come eravamo. Intanto io conservo gelosamente la mia copia del '54.
Sabato, 9 gennaio 2010 @08:59
Dunque ho riletto Piccole Donne. L’ho finito il giorno di Natale, in Laos, sdraiata guardando un fiume e le montagne – niente di più lontano dalla stanza con il camino nel New England di fine Ottocento, dove si apre il libro. Ricordate? "Natale non è Natale senza regali", si lamentò Jo, sdraiata sulla coperta.
Già, Jo. Perché ci piaceva, Jo? Perché mi piaceva? Lo riscopro adesso, e mi fa un certo effetto. Jo mi piaceva perché in fondo era una pre-femminista: lei sogna, vuole, fortissimamente vuole; non amore però, non l’amore romantico, ma l’indipendenza. Si rifugia in soffitta a mangiare mele rosse, leggere e piangere sui libri che divora, e scrivere, scrivere. (Poi pubblicherà, come pubblica la Alcott, che da giovane, con uno pseudonimo, si guadagnava da vivere scrivendo racconti thriller e horror). Jo si permette persino di dire di no a Laurie, il vicino bello, ricco e orfano, che si innamora di lei (e che poi sposerà la sorella Amy, la pre-fashionista). E questo, adesso come allora, non glielo posso perdonare: come si fa a dire di no a un sogno d’amore?
Scoprirò poi, leggendo la prefazione, che anche le lettrici di fine Ottocento non l’avevano perdonato, a Louisa May Alcott; la scrittrice nei suoi diari racconta che, dopo l’uscita del primo libro della saga, fu sommersa da posta delle fan che reclamavano che Jo sposasse Laurie, o che per carità, che sposasse qualcuno… La Alcott lo dice con un certo divertito orrore. Lei voleva che Jo rimanesse come lei, una "literary spinster", una single indipendente e colta, libera di andare per il mondo, scrivere, viaggiare. (E, in tempi pre-Medici senza Frontiere, aiutare comunque gli altri: la Alcott partì come infermiera volontaria negli ospedali di Washington, durante la Guerra di Secessione; fu lì che si ammalò, una malattia che l’avrebbe portata alla morte). Lei, che veniva da una famiglia di pre-hippy, sempre senza soldi, di grandi ideali, e che non si sposò mai. E dunque cosa fece la Alcott, davanti alle richieste delle noiosissime fan? Cedette. Si inventò un uomo più grande, il professor Bhaer: ricordate, l’emigrato tedesco dalle "mani vuote" ma dal cuore buono? E lo affibbiò a Jo, con tanto di scuola progressista aperta con una provvida eredità della zia March (la scuola è in omaggio a suo padre, che fu davvero un pioniere dell’educazione moderna e dell’emancipazione femminile, criticato e osteggiato), nonché due bambini con il professore. I biografi della Alcott sostengono che il professor Bhaer era in realtà una "compilation" di tutti gli uomini importanti della sua vita: il padre, ma anche Ralph Waldo Emerson, amico del padre, scrittore e filosofo, Thoreau, l’educatore Frank Sanborn (non a caso a queste figure si è ispirata Geraldine Brooks per "L’idealista", Neri Pozza, in cui dà voce proprio a lui, al padre delle Piccole Donne, e qui come al solito mi perdo e Faccio Trama, scusate).
Torniamo a Jo. Alla Alcott, che la vuole indipendente e libera; che vuole che la sua felicità non dipenda da un sogno d’amore. Forse in questo sta, ancora oggi, la forza delle Piccole Donne: la forza che da fine Ottocento porta le donne avanti, sempre più avanti. Verso il voto, la politica, il lavoro, la carriera; verso un posto nel mondo, che non sia a casa, accanto al camino, a rammendare calze. (Quante calze rammendate nel libro! Se penso che adesso le buttiamo, senza pietà. E che tenerezza leggere che "a real lady is always known by neat boots, gloves and handkerchief", ovvero che una vera signora si riconosce dagli stivaletti impeccabili, dai guanti e dal fazzoletto. Ora niente fazzoletti ricamati ma kleenex di carta, e i guanti si usano solo d’inverno; non abbiamo più il problema di Meg e Jo che vanno al ballo con un guanto buono per una, perché Jo come al solito li ha rovinati con il fuoco o con l’inchiostro…).
Il rammendo. E la povertà: l’antenata della recessione. In tempi di eurostress penso che alla Alcott sarebbe stata simpatica la mia Stella glam cheap, e penso soprattutto che Stella avrebbe potuto imparare qualcosa. Non necessariamente a rammendare (anche se mi sembra un’arte che le secessioniste e fashioniste dovrebbero riscoprire), ma per la fierezza. Già: le Piccole Donne sono povere, ma non si sentono povere: la povertà vera, loro lo sanno, non è la mancanza di un abito di seta per il ballo (anche se lo desiderano, eccome, come oggi desideriamo una it-bag che costa come un affitto); la povertà vera è la mancanza di amore, tenerezza, ideali, altruismo e sogni. E, posso aggiungere?, poesia.
Dunque, se non voglio più assomigliare a Jo, se mi sento già abbastanza Jo, a chi voglio assomigliare? Il punto forse è che le Piccole Donne reloaded vogliono essere Jo (single con un bel lavoro, fiere e indipendenti); ma anche Amy (che non si vergogna di sospirare per i vestiti di seta). Vogliamo il lavoro e l’indipendenza, ma anche lo shopping. E l’amore, of course. Vogliamo poter dire di sì a Laurie. Vogliamo aver voglia di dire di sì a Laurie. A Mr. Big. Immagino la Alcott che ci guarda ironicamente dalla sua scrivania di fine Ottocento, lei che ne ha dovuto rammendare tante, di calze; e mi chiedo cosa ne penserebbe, di Carrie. Carrie che, cent’anni dopo, è riuscita ad essere fiera e indipendente come Jo, fashionista come Amy. Eppure, anche lei come noi, sogna Mr Big. Che dici, cara Alcott, ci proviamo ancora?
LISA | Mercoledì, 13 gennaio 2010 @07:41
Allora buon viaggio, SPERANZA che parte per l'Africa. Africa dove? Ci racconterai?
CHE COINCIDENZA | Martedì, 12 gennaio 2010 @22:50
P.S. SONO "SPERANZA"
CHE COINCIDENZA | Martedì, 12 gennaio 2010 @22:49
MI COLLEGO DOPO TANTO TEMPO IN QUESTO CHE E' STATO IL MIO " RIFUGIO", E COSA TROVO? PICCOLE DONNE. NEI GIORNI DI NATALE HO TRASCORSO UN POMERIGGIO, PRESA, COMMOSSA, A RIVEDERE IL FILM DEL '49. PICCOLE DONNE E' STATO IL MIO LIBRO GUIDA NELLA FASE DELLA PRE-ADOLESCENZA, AMAVO QUELLA FAMIGLIA DI DONNE, AMAVO TUTTE, MA AMAVO SOPRATTUTTO JO, IO "ERO" JO...
IN REALTA' NON SONO CAMBIATA, VORREI SEMPRE ESSERE JO, UN PO' MASCHIACCIA, UNA CHE FA A PALLATE DI NEVE SE NECESSARIO.
UN CARO SALUTO LISA, IN QUALUNQUE ANGOLO DEL MONDO TU SIA. IO STO PARTENDO PER UN PICCOLO VIAGGIO IN AFRICA, NULLA ANCORA E' CAMBIATO NELLA MIA VITA DI ASPIRANTE, ANCHE SE QUEGLI ANNI HANNOINEVITABILMENTE CAMBIATO ME, NON TROPPO PERO' GRAZIE AL CIELO... BUON 2010 A TUTTI/E
LISA | Lunedì, 11 gennaio 2010 @08:36
No, SIMONA, non mi sono dimenticata di Meg. Anzi, come ho scritto, la sua mi è sembrata una bellissima lezione di romantico coniugale e di "manutenzione degli affetti". (Ma, e in questo hai ragione tu!, con delle punte da "desperate housewife", vedi quando tenta di fare le marmellate in casa...).
Simona | Domenica, 10 gennaio 2010 @18:50
Bellissimo questo tuo pezzo sulle Piccole Donne versione 2010 (Sex And the city, recessione, nuove povertà). Anch'io sono stata una fan delle 4 donnine e ricordo che fu ill primo libro "serio" regalatomi dalla mia bisnonna. Passavo ore a ricopiare la copertina dell'edizione Mursia e quando mi capita di ritrovarla in qualche biblioteca, il cuore, sarò cretina, si emoziona. Penso che per tutte noi nate negli anni '60 i caratteri delle 4 ci dessero la possibilità di immedesimarci, di trovare la nostra identità: chi vuoi essere? Jo? Amy? Meg? Beth. Niente a che vedere con il gioco della Mattel "La reginetta del ballo", altro tormentone e pietra migliare della mia infanzia. All'epoca non avevamo molte Carry o altre eroine del tubo catodico nelle quali immedesimarci come hanno ora le teen ager: nella mia classe di quinta elementare spadroneggia "Il mondo di Patty" e va di moda fondare i club. Per me, che sono sempre stata attratta dall'arte, dalla scrittura, dalle questioni educative-pedagogiche e, come tutte, dai love affair, "Piccole donne" rappresentava tutto. Però ti sei dimenticata di Meg, quella che diventava casalinga, che aveva due gemelli e che sposava il precettore di Laurie: adesso chi potrebbe essere? una "desperate houswife"? E Beth? Ma forse la sofferenza- ricordate? moriva giovanissima - non vogliamo vederla. Approfitto per fare a te e a tutti/e gli auguri di buon anno
LISA | Domenica, 10 gennaio 2010 @14:16
A PROPOSITO DI JO. Per SAROTTA: sai che sono d'accordo con te? Perché Jo finisce per seppellirsi in una casa-scuola con un professore new age nonché agé? Seppure, e in questo ha ragione FRANCESCA C., se lui è Gabriel Byrne ha, come dire, un suo perché. Ed è vero, SAROTTA, ci dimentichiamo sempre che Amy dipinge. Non solo. Ha il coraggio di capire che non ha talento: forse il suo talento è semplicemente nel trasformare la sua vita in un'opera d'arte (e nello scegliere i vestiti giusti, Carrie-style). Per GILDA: quello che mi è piaciuto di Meg è lo sguardo sul romantico coniugale - e sui compromessi della vita coniugale. Modernissimo! Per CLAUDIA MDG: sì, molto di Piccole Donne è autobiografico. Le quattro sorelle, innanzitutto. Una madre risparmiosa e battagliera che farà da modello alla Marmee del libro. Un padre pre-hippy, filosofo, amico di filosofi, perennemente indebitato. La Alcott, come Jo, non vedeva l'ora di guadagnare per aiutare madre e sorelle (per questo si mise a scrivere racconti "gotici", che non firmava con il suo nome); ma al contempo per tutta la vità subì - per fortuna! - il fascino degli ideali rivoluzionari in cui crebbe. Non si sposò, e quindi voleva, come ho scritto, che Jo le assomigliasse di più: l'aveva immaginata "literary spinster", una single colta e indipendente come lei. Ma le fan golose di happy ending protestavano... Quello che ho scoperto è che la Alcott che forse, chissà, avrebbe voluto sposarsi e avere dei figli, crebbe comunque la bimba di sua sorella May, morta dopo il parto a Parigi, dov'era andata a studiare disegno (come Amy nel libro). Per la nipote, Lulu, la Alcott scrisse, prima di morire, favole e favole: Lulu's Library.
Francesca C | Domenica, 10 gennaio 2010 @13:52
Per Anonimo: se si parla di David Byrne, la "parolaccia" (comunque quella che ho usato non è più considerata tale dalla giurisprudenza, ma termine del lingua parlata) è da intendere come rafforzativo
LISA | Domenica, 10 gennaio 2010 @13:47
Per ANTO77 che ha incontrato Emma: grazie! E' bello sapere che le mie eroine viaggiano, finiscono sui vostri comodini, nelle vostre case...
LISA | Domenica, 10 gennaio 2010 @13:45
Per MARGHE: è triste iniziare l'anno con questo peso sul cuore. Hai voglia di riscrivermi e di raccontarmi meglio la tua storia di aspirante madre? (Che spero nel frattempo abbia incontrato il mio libro ed Emma...)
anto77 | Sabato, 9 gennaio 2010 @22:34
perdonami, sto scrivendo al buio e ho sbagliato il titolo del tuo libro....PERDONO
anto77 | Sabato, 9 gennaio 2010 @22:33
Ciao Lisa, bentornata!!!
Devo ancora leggere i tuoi racconti di viaggio, ma provvederò presto.
Volevo dirti che ho finito anche Cobfezzioni di una aspirante madre.... complimenti ancora.
Devo rileggermi Piccole Donne... mi hai incuriosito.
Buon 2010.
Anto77
Carla | Sabato, 9 gennaio 2010 @21:31
Come sempre tu hai saputo, meglio di me, dire quello che io vorrei dire ai miei ragazzi! Non importa se io pensavo a loro e se tu pensavi piccole donne diventate grandi. Scrivi, Scrivi, Scrivi... io troverò il modo di farlo leggerlo a tutti(grandi e piccole)
claudia mdg | Sabato, 9 gennaio 2010 @19:15
Mi i incuriosisce molto Louisa May Alcott, l'autrice di "Piccole donne" Era, come Jo, la seconda di quattro sorelle, e pare si sia ispirata alla sua vita familiare per il romanzo. Ha scritto molte altre cose, anche utilizzando uno pseudonimo maschile. Pare che la maggior parte dei suoi scritti siano molto diversi, per argomenti e contenuti, da "Piccole donne". Come Jo, Louisa May amava le storie a tinte forti, e alcune sue opere, scabrose per l'epoca, sono state rifiutate dagli editori e pubblicate solo dopo la sua morte. Per lei pubblicare era importante perché doveva mantenersi da sola (a differenza di Jo, non si è mai sposata), quindi è possibile che, per avere successo, sia scesa a compromessi con la morale del suo tempo. Anche così, Jo per me rimane uno dei personaggi femminili più riusciti della letteratura dell'Ottocento.
Muzz | Sabato, 9 gennaio 2010 @18:20
Bel pezzo.Anche quando si perde un po' tra le trame e la punteggiatura si,devo dire,si perde con un gran stile.
gilda | Sabato, 9 gennaio 2010 @17:53
bellissimo il tuo pezzo, lisa, come sempre. meraviglioso piccole donne anche per me che, invece, non ho mai amato tanto jo ma sognavo più un matrimonio e uno status di donna realizzata nella coppia come la posata e matura meg (e piangevo disperata per la malattia di beth). il problema di oggi? voler essere meg-jo-amy e beth tutte in una....e la corsa per esserlo, e per essere più delle altre, 4 piccole donne in un'unica sola donna bionica in competizione con le altre....ci vedesse la alcott....povere noi!
ti bacio forte forte
gilda
marghe | Sabato, 9 gennaio 2010 @17:18
Io ho iniziato il 2010 con la certezza che nemmeno questo sarà l'anno della mia maternità.
Ho 32 anni, un compagno più giovane, un profondo desiderio di maternità, e un altrettanto profondo diniego da parte di quello che non vuole essere nè marito per me, nè padre dei miei futuri(????) figli.Buon anno. A tuttI.
Anonimo | Sabato, 9 gennaio 2010 @16:29
Per Francesca:E ti e scapato una parolaccia che non va d'acordo con le poesie.
Marco Brando | Sabato, 9 gennaio 2010 @14:48
:-)
Francesca C | Sabato, 9 gennaio 2010 @14:41
E ho dimenticato l'accento su agé, sono la regina del refuso
Francesca C | Sabato, 9 gennaio 2010 @14:40
Ho messo una s di troppo alla fine di Sarandon
Francesca C | Sabato, 9 gennaio 2010 @14:37
Non so, non so, non so. Ero quasi decisa a de-Josephinizzarmi, ma poi, il giorno di Natale, ho rivisto il film. Non quello con Liz Taylor, ma il più recente, quello con Susan Sarandons e Winona Ryder (tra l'altro, ricordo che il primo articolo che passai quando fui assunta a Grazia parlava proprio del film e feci un box con un'intervista a Lidia Ravera, pensa i ricordi). E Winona Ryder era Jo, che alla fine si becca pure uno un po' age, ma cazzo, è Gabriel Byrne. Chi l'avrebbe barattato con quella specie di damerino senza sugo che interpreta Laurie? Che noia, dal punto di vista intellettuale e sessuale.... E chi di noi preferirebbe essere quel tacchino che fa Amy da adulta e della quale infatti nemmeno ricordo il nome?
Jo, Jo, Jo.
Sarotta | Sabato, 9 gennaio 2010 @13:48
Piccole Donne l'ho letto e riletto in diverse fasi della vita, da piccola e poi da adulta. Quando ero piccola, amavo Jo e detestavo Amy. La prima era per me l'eroina forte e indipendente, l'altra la vuota modaiola frivola. Naturalmente, la visione bianco-nero si è molto attenuata negli anni e oggi ho rivisto la mia opinione sulle due...Jo non mi piace più come prima, non le perdono la svolta 'new age' del finale (ecchecaspita ragazza mia, se sei indipendente vai, viaggia, conosci, esplora, non ti andare a tumulare nella casa-scuola con il professore! Fallo, ma dopo aver viaggiato almeno un po'...). Ho rivalutato parecchio Amy: frivola, ma solo apparentemente. Mica è colpa sua se è nata con riccioli biondi, bellezza da far girare la testa e gusto spiccato per la moda! Inoltre non solo di moda si tratta, perché ci si ricorda sempre che Jo è una scrittrice, ma quasi mai che Amy dipinge e pure con una certa sensibilità! Amy reagisce con dolore eppure con capacità di reagire alla morte della sorellina e dimostra tutta la sua tenerezza alla fine del libro, quando tiene in braccio la sua bambina (che, si intuisce, non si sa se diventerà mai grande). Insomma, diciamo che alla fine mi pare il personaggio più credibile delle quattro, con una femminilità tutt'altro che fragile, pronta ad innamorarsi, spiritosa...e magari un po' frivola. Ma che c'è di male?
giulia la studentessa fiorentina | Sabato, 9 gennaio 2010 @12:15
Grazie Lisa per questo ritorno nel libro che più ho amato e amo. Ho finito anch'io di leggere poche settimane fa la raccolta con tutti i 4 libri e continuavo a rivedermi in Jo, l'adoro fin da bambina (fu il primo libro che lessi a 6 anni!). Jo è il riscatto, è colei che ce l'ha fatta; forse in quel momento stare con Laurie avrebbe significato non partire, non conoscere meglio il mondo..magari non scrivere il suo di libro. I Laurie vanno e vengono e sono sicura che quando è quello giusto, niente potrà fermarti dall'aver voglia di dire di sì!
Colgo l'occasione per farti tanti auguri Lisa, era da tanto che non scrivevo!
Jo | Sabato, 9 gennaio 2010 @11:16
La povertà vera è la mancanza di poesia... Adesso vorrei uscire fuori e dire a tutti, ecco, vedete, non sono l'unica a pensarlo!
Ciao Lisa
Venerdì, 8 gennaio 2010 @08:03
"Nevicava, mi dissero
al telefono
che tu non eri in casa.
E ho desiderato
diventare la neve".
(Nicola Gardini)
Guardo dalla finestra: nevica. E io vorrei essere neve, oggi. Vorrei accarezzarti i capelli, solleticarti il naso, avvolgerti come un piumone bianco disteso sul mondo, infilarmi leggera nel bavero del tuo cappotto. Vorrei essere neve: qualunque cosa, lo sai, per essere con te.
(I versi di oggi sono tratti da "Atlas", di Nicola Gardini, Crocetti editore).
LISA | Lunedì, 11 gennaio 2010 @07:53
Grazie, Armando! E in quale città mi leggi, su quale autobus o vagone, "stretto come una sardina metropolitana"? Sai, l'Autrice è curiosa...
Armando | Sabato, 9 gennaio 2010 @11:53
Sono un lettore appassionato di City, soprattutto per la tua rubrica! Anche io nel mio piccolo scrivo poesie e mi piace come autori a me sconosciuti, possano vedere le cose di ogni giorno!
Ho avuto più volte l'intenzione di vedere il tuo sito o lasciare, come ora un commento! Non lo so, ma fa piacere leggere qualcosa che vorresti dedicare o che ti dedicassero....un pensiero; per un attimo della giornata, magari in piedi e stretto come una sardina, quella poesia mi fa riflettere e a volte mi strappa un sorriso o un'emozione! Grazie
LISA | Sabato, 9 gennaio 2010 @09:12
Per CARLA: buffo. Sai a cos'avevo pensato io, invece? A un Piccole Donne reloaded, ma per quelle che l'avevano letto da piccole.
carla | Venerdì, 8 gennaio 2010 @22:45
Solo adesso ho letto la risposta che mia dato prima della tua partenza per il Mekong e mi lusinga molto che tu voglia ascoltarmi. In verità, io avevo pensato proprio a un libro per ragazzi ad un remake di Piccole donne ( il mio cuore di prof mi fa pensare a loro) in cui i personaggi un po’ vetusti fossero più accattivanti e glam. Immaginavo di donne nuove che potessero indicare una strada a giovani lettrici; avevo letto l’intervista della professoressa Amelia Ercoli Finzi ( progetta navicelle spaziali per la Nasa, 5 figli, molto elegante affatto secchiona) insomma com’era quando era ragazza? Com’era Lisa Corva da ragazza ? Sono queste le suggestioni che mi hanno mosso a pensare ad un’edizione aggiornata di piccole donne. Se hai voglia di ascoltarmi ancora chiedi.
Lila disarmata | Venerdì, 8 gennaio 2010 @14:38
Che bella questa poesia Lisa e il tuo commento, oggi, mi piace proprio tanto e come dice Eros Ramazzotti, Grazie di esistere.
Maurizio | Venerdì, 8 gennaio 2010 @08:49
Bellissimo. Tenero il commento. Grazie...
Giovedì, 7 gennaio 2010 @08:32
"Sua moglie lo stava aspettando. Doveva tornare a casa. Sospirò. Lei preferiva vederlo tornare tardi ma con la guerra già alle spalle, che presto ma con le bombe ancora in tasca".
(Liza Marklund)
Guerre di ogni giorno. E guerre coniugali. Cerchiamo invece di tornare a casa, la sera, il più possibile disarmati; proviamo a lasciar fuori dalla porta arrabbiature, frustrazioni, insieme alla pioggia della giornata…
(Ecco il primo Buongiorno del 2010! La frase di oggi è tratta da un ottimo thriller che ho appena finito di leggere: protagonista, Annika, giornalista e detective per caso a Stoccolma, mamma trafelata, moglie in crisi. Il titolo è "Il testamento di Nobel", Marsilio)
LISA | Giovedì, 7 gennaio 2010 @16:10
Per CARLA: mi vengono in mente due titoli, proviamo. Uno è "Il diario di cuoio rosso" di Lily Koppel, Cairo: la storia di una ragazza che oggi a Manhattan trova il vero diario di una ragazza degli anni Trenta, tra vecchi vestiti di seta e guanti spaiati; si appassiona e la rintraccia, ormai novantenne. Io avevo intervistato l'autrice, che è una giornalista di New York. Ma forse pensi al delizioso "Un giorno di gloria per Miss Pettigrew", di Winifred Watson, Neri Pozza: la storia di una Cenerentola recessionista negli anni Trenta a Londra, una governante "zitella" (quando ancora non si diceva single), che perde il lavoro... ma che in 24 ore troverà un incredibile happy end. Niente giornaliste però. Prova a leggere le trame su ibs e dimmi se è quello che cercavi!
carla | Giovedì, 7 gennaio 2010 @15:16
chissà perchè la famiglia è sempre il luogo dove ciascuno di noi riesce a dare, talvolta, il peggio di noi! e per Annalisa: credo che questo escluda il dolore e la sofferenza per la malattia. Coraggio...
per Lisa ancora una richiesta: lessi una tua recensione su un libro che parlava di una ragazza ai tempi della crisi del '29 che riusciva a diventare giornalista ti ricordi il titolo per favore?
MALU 63 | Giovedì, 7 gennaio 2010 @14:53
Solo la parola guerra mi spaventa, eppure ogni giorno troviamo chi è capace di farcene, mi intristisce questo pensiero perchè vorrei che nel mondo ci fosse più capacità di amare e comprendere gli altri, mentre a volte anche una piccola frase detta male può scatenare una guerra, un gesto come i ragazzi di Venezia che solo per divertirsi hanno dato fuoco al barbone che già ha la sua vita piena di sofferenza,non e forse la guerra peggiore? Sono daccordo con te Annalisa, alle persone che amiamo dobbiamo dare tutto l'amore che abbiamo dentro.
Annalisa farmacista | Giovedì, 7 gennaio 2010 @10:53
Come vorrei in questo momento poter esaudire questo desiderio! In questo periodo non riesco/posso/voglio lasciare le preoccupazioni fuori di casa, ci sono persone a me molto care che stanno male e io mi sento impotente. Quindi molto frustrata. Purtroppo il consorte patisce la mia non serenità (anche perchè passo più tempo in ospedale che con lui). Ma bisogna provarci: anche per questo ho deciso comunque di fare qualche giorno in montagna con il Consorte, di invitare comunque amici a cena, di andare a lavorare. Bisogna combattere, ma non con le persone a cui vogliamo bene.
Martedì, 5 gennaio 2010 @07:24
Arancione: i monaci buddisti. I teli che si drappeggiano addosso, in tutte le tonalità dell’arancione, sono gli stessi che vedo stesi ad asciugare nei cortili dei monasteri. Provo a immaginare un occidentale ("falang", come li chiamano qui in Asia), che si drappeggi addosso un telo arancione con la stessa grazia, e senza bottoni. Ridicolo. Impossibile. (Ma sono contenta che esistano ancora questi ineffabili misteri del guardaroba).
Rosso: bandiere rosse comuniste, con la falce e il martello, ovunque, anche nello shopping mall della capitale, Vientiane, dove vendono iPhone taroccati dalla Cina. Sì: il Laos è un Paese (moderatamente) comunista. E buddista. Strano incrocio, ma sembra che funzioni.
Oro: i tetti dei monasteri. A Luang Prabang, la meta finale del mio viaggio, un gioiello sul Mekong, al mattino c’è sempre nebbia, e freddo. L’oro viene fuori poco a poco.
Alghe e baguettes.
Sono verdissime le alghe una volta ripescate dal Mekong. Vedo le donne che le filano, le dipanano, le stendono fuori su cesti piatti di vimini ad asciugare. Sempre per strada vedo: strisce verticali di carne (scoprirò poi che in genere è bufalo); e piccoli tondi di riso impastato (diventano delle specie di tortine croccanti di riso). Il Laos è un paese di snack. (Chissà perché mi vengono in mente le orecchiette impastate a mano dalle anziane signore di Bari, e stese ad asciugare nei vicoli).
A Vientiane, la capitale, si cena sul Mekong. Niente di romantico o di coloniale: la sera, sul fiume, che lì è un cantiere di ruspe e fango, decine di ristorantini improvvisati, tappetini per terra, e un braciere con una pentola d’acqua bollente dove cuoci noodles, verdure, carne, e mangi pescando con le bacchette. Il tutto è così povero che non ci sono tovaglioli, neppure di carta: sul tavolo c’è un rotolo di carta igienica, in genere rosa, che mi fa pensare all'Est Europa. Già: prima del crollo del Muro di Berlino, si trovava, chissà perché, solo ruvida e rosa...
A Luang Prabang, piccolo gioiello di monasteri buddisti e architettura coloniale francese sul Mekong, la mattina si fa colazione con caffè e croissant. I francesi hanno lasciato in eredità anche questo: l’arte di saper sfornare le baguettes, ma anche croissant pur beurre, e pain au chocolat. Ho assaggiato persino una Tarte Tatin fatta non con le mele, ma con le banane. Buonissima.
Incroci.
Immaginatevi un incrocio di strade e case di legno basse su un fiume sporco di fango, contro montagne spettacolari. Dategli un nome: Vang Vieng. Siamo nel mezzo del Laos. I nuovi colonizzatori non sono francesi, ma ventenni global che arrivano da America, Canada, Israele, e che si depositano qui per bere Laos Beer a poco prezzo, fare "tubing" (ovvero scivolare nel fiume con una camera d’aria), e sedersi, o meglio sdraiarsi, sui tappetini nei baretti, guardando in tv, accesa giorno e notte, cartoni animati o vecchie puntate di Friends. La mattina di Natale i ventenni sono già lì, a guardare ipnotizzati la Jennifer Aniston di qualche anno fa, con in testa un berretto rosso di Babbo Natale. Non credo di aver mai visto nulla di più surreale.
Il rito con cui si sveglia Luang Prabang è quello della raccolta di cibo dei monaci buddisti. (Che qui sono bambini e ragazzi di tutte le età: è ancora tradizione che un maschio passi almeno qualche mese della sua vita in un monastero, prima di tornare, se vuole, alla vita "fuori"). All’alba si sentono piano i rintocchi dei bonghi nei templi, che sono più di 30 su una popolazione di ventimila abitanti, e i monaci escono, macchie di arancione contro la nebbia del mattino; bambini, e poi giovani, e anziani, tutti con la testa rasata, che passano silenziosi per le stradine della città. Secondo la tradizione gli abitanti aspettano, inginocchiati davanti ai tappetini stesi per terra, per offrire riso (il loro "sticky rice", già cotto, che viene deposto nel paniere del monaco con le mani), ma anche frutta (ve l’ho detto che ho assaggiato per la prima volta il tamarindo?).
Oggi, con il turismo che sta inghiottendo Luang Prabang, all’alba ci sono tre file parallele per le strade: prima fila, i devoti, inginocchiati, insieme ai turisti, che invece di riso offrono cioccolato e fiori; seconda fila, i monaci; terza fila, i turisti che fotografano, imperterriti, un flash dopo l’altro. Globalizzazione. Sembravano le scene fintoglam delle celeb paparazzate per strada con una nuova it-bag o un nuovo amore: solo che stavolta i flash assalgono dei monaci buddisti. Sono impassibili: ma quando incrocio il loro sguardo, ho l’impressione che gli scappi da ridere.
LISA | Giovedì, 7 gennaio 2010 @08:30
Uh, CARLA, che complimento! L'Autrice arruffa le piume. Però sai che "One Fifth Avenue", della Bushnell, non mi è dispiaciuto? Niente a che vedere con Sex and the City, ma mi faceva ridere la ragazzina arrivista dipendente dal suo iPhone... E mi piacciono i libri tutti ambientati dentro una casa: la casa che parla. (Io intanto continuo a consigliare "La casa di vetro", di Simon Mawer, Neri Pozza: la storia di una casa che esiste davvero, quella che Mies van der Rohe costruiì a Brno negli anni Venti; le storie di chi ci abitò e la amò; e la Storia che la attraversò, il nazismo, la persecuzione degli ebrei, il comunismo... Tono completamente diverso, sofisticato, ma davvero un gran bel libro). Ah, e poi sai cosa mi piace della Bushnell? Che continua a credere (o forse solo a farci credere) nell'happy end... Meno male!
carla | Mercoledì, 6 gennaio 2010 @19:30
Auguri a tutti! e ben tornata a te, Lisa
un piccolo annedotto personale: mio marito per Natale mi ha regalato il libro ONE FIFTH AVENUE perchè consigliato da Grazia, non è che per il prossimo anno possiamo mettere il "bollino Grazia" su maglioni, gioielli, viaggi ecc.?
Comunque la tua scrittura e molto più divertente e glam di quella di Candance Bushnell
LISA | Mercoledì, 6 gennaio 2010 @11:00
Ho una nuova lettrice: la sorella di una mia carissima amica! Che bello diventare un passaparola.
Viaggio virtuale | Martedì, 5 gennaio 2010 @18:35
La sensazione leggendoti, leggendo tutto il tuo blog, è quella di aver fatto anche se per un intervallo materialmente breve, un lungo viaggio geografico, mentale, spirituale, ecc ecc nel "tuo" Laos.
Con la tua scrittura riesci sempre, e non solo a me, credo, a emozionare, a far viaggiare, a far sorridere, riflettere, e potrei continuare a lungo.
Un abbraccio,
Sere
PS: non so se Mari ti ha riportato il mio feed back su GLAM CHEAP: mi è piaciuto molto! Sempre Brava Lisa...
Domenica, 3 gennaio 2010 @15:27
Il 2010 è iniziato con la luna piena sul Mekong. A Luang Prabang, una quasi penisola all’incrocio di due fiumi in Laos, 30 monasteri buddisti dorati, case coloniali francesi bianche degli anni Venti. E’ iniziato mentre mangiavamo alghe del Mekong con sesamo come aperitivo, e carne di bufalo con foglie di acacia (sì, tutto vero. Piatti tipici laotiani rivisti e corretti per turisti, ma nonostante tutto non sono riuscita a finire la cena!).
O forse no. Forse il 2010 è iniziato nell’aeroporto di Dubai, all’alba, in un lunghissimo viaggio di ritorno con 3 scali e 4 areoporti: mentre fuori si faceva giorno, io ascoltavo il muezzin tra vetri e acciaio, seduta a un tavolino di Paul, la pasticceria francese che ormai è una catena, mangiando un macaron al cioccolato; davanti a me Starbucks. Puro delirio della globalizzazione. Eppure, stranamente poetico.
O forse no. Forse il 2010 è iniziato qui nel mio altrove, oggi che mi sono svegliata di nuovo in Europa, di nuovo a casa; il mio piumone, il tè e un nuovo libro da leggere (sì, ho riletto Piccole Donne e sì, ve ne parlerò presto; ma adesso ho cominciato l'ultimo giallo di Liza Marklund, conoscete? Protagonista Annika, la giornalista e detective per caso a Stoccolma: il titolo è "Il testamento di Nobel", Marsilio). Oggi è 2010. Quanti nuovi orizzonti.
marghe | Sabato, 9 gennaio 2010 @17:14
Io ho iniziato il 2010 con la certezza che nemmeno questo sarà l'anno della mia maternità.
Ho 32 anni, un compagno più giovane, un profondo desiderio di maternità, e un altrettanto profondo diniego da parte di quello che non vuole essere nè marito per me, nè padre dei miei futuri(????) figli.Buon anno. A tutte.
Luis Roma | Lunedì, 4 gennaio 2010 @23:02
Buon 2010 Lisa, un anno in compagnia delle Poesie da te segnalate.
LISA | Lunedì, 4 gennaio 2010 @12:07
Per CLAUDIA MDG: che bella la storia di un libro che passa di madre in figlia, e la de Céspedes poi. Sono contenta di averti incuriosito, con una scrittrice potente, ma ahimé dimenticata. Della Nafisi mi era piaciuto "Leggere Lolita a Teheran" (Adelphi), e ogni volta che sui giornali si parla di Iran, di repressione, di donne velate e di manifestazioni di piazza, mi viene in mente lei, mi vengono in mente tutte le donne e le ragazze iraniane che ancora oggi lottano, sperano, protestano. E, ovviamente, leggono. Perché le rivoluzioni passano anche per i libri...
claudia mdg | Lunedì, 4 gennaio 2010 @10:51
Bentornata autrice, mi ha molto incuriosito Elisabetta Sirani, non la conoscevo.
A proposito di letture di quest'ultimo periodo, le mie sono state al femminile: ho avuto in regalo da mia madre la sua copia di "Quaderno proibito" di Alba de Cespedes (ce ne hai parlato tempo fa), acquistata nel 1963! L'avevo letto da bambina senza capire molto, rileggerlo da adulta mi ha molto colpito, in certi momenti mi sembrava che mia madre ventenne lo stesse sfogliando insieme a me. Poi, finalmente mi sono regalata Persepolis, il grphic novel dell'iraniana Marjane Satrapi, e ne sono rimasta incantata. Anche questo libro mi ha fatto molto pensare a una donna che conosco: si chiama Pouneh, e negli ultimi tempi ha superato la diffidenza nei confronti di noi italiani e mi ha parlato del suo paese, l'Iran. Ho preso in libreria anche l'ultimo libro di Azar Nafisi, "Le cose che non ho detto", ma non ho ancora avuto tempo di leggerlo.
LISA | Lunedì, 4 gennaio 2010 @10:26
Complice il jet lag, ho finito stamattina "Il testamento di Nobel" e confermo: niente male. Conosco i gialli di Liza Marklund da quando ancora uscivano per Mondadori, ma questo è davvero un salto di qualità. Non solo per l'intreccio (ben congegnato, e interessante, visto che si parla di un assassinio alla cerimonia di premiazione del Nobel a Stoccolma); ma anche per lei, la protagonista: giornalista e mamma e moglie in crisi, una donna come tante, come noi, con il problema della cena da preparare e del vino bianco che abbiamo dimenticato di mettere in frigo; con l'ansia delle cose non dette, e della crisi di pianto per tutto quello che non si riesce ad affrontare nella vita. Non simpatica: ogni tanto viene voglia di scrollarla. Ma del resto, noi ci stiamo sempre simpatiche? Ora, a proposito di thriller che arrivano dal Nord, mi rimane anche l'ultimo della trilogia Larsson e di Lisbeth, la ragazza tatuata. Forse con il jet lag è il momento giusto. (Solo un piccolo errore nel thriller della Marklund, che mi ha colpito visto che amo le storie delle - poche - pittrici che abbiamo: nel giallo compare, a un certo punto, un quadro che ritrae Beatrice Cenci; nelle note la Marklund dice che è in effetti a Roma, nella Galleria Barberini, non si sa se opera di Guido Reni o "di sua figlia Elisabetta Sirani"... Elisabetta Sirani fu una pittrice bolognese molto nota nel Seicento, morta ad appena 27 anni, forse avvelenata, che mi è sempre piaciuta perché firmava i suoi dipinti scrivendo il suo nome sui bottoni degli abiti dei suoi personaggi. Non era però figlia di Guido Reni, bensì di un pittore suo allievo. All'epoca del resto le donne diventavano artiste solo se figlie di un pittore, come Artemisia Gentileschi; era ancora un mestiere quasi proibito. Mi ha fatto piacere ritrovarla, e raccontarvela: un piccolo omaggio alla ragazza che scriveva il suo nome sui bottoni o sulle scollature...).
Ali stropicciata | Lunedì, 4 gennaio 2010 @09:29
Ciao Lisa e buon 2010 a te e a tutte/i.
Anch'io sto leggendo Il testamento di Nobel. E nel frattempo ho anche letto La migliore amica e La madre perfetta, bello il primo un pò meno il secondo.
a presto
Lila | Domenica, 3 gennaio 2010 @19:45
I nuovi orizzonti (colorati) che mi augurasti tu cara Lisa e spero che per il nuovo anno molte/i di voi possano passarlo serenamente. Per quanto riguarda le letture sono un pò ferma. Mi dovrò dare una sgrullata di tutto il 2009.