Venerdì, 28 ottobre 2016 @08:40
"Cammino leggero attraverso il giorno che sorride, invitandoti a indossarlo."
(Stefano Del Degan)
Apro l’armadio dei giorni.
Non è bellissimo pensare di aprire l’armadio e indossare il giorno di oggi? Questa frase leggera è anche il mio #spillo su Gioia di questa settimana.
Lilabella | Sabato, 29 ottobre 2016 @15:20
Ci provo sempre con tutta me stessa ad indossare la leggerezza dei giorni. Quelli che ti sorridono anche senza volerlo regalandoti piccoli grandi doni.
P.s. @ Giusy: sei mitica!
Un sorriso. Lila
Giusy | Sabato, 29 ottobre 2016 @15:13
penso sia utile, se non necessario, indossare ogni giorno un po' di leggerezza da trovare anche in un caldo indumento.
A dir il vero, il giorno appena iniziato non mi sorride: fa "bip". Bip la sveglia, bip il cellulare, lavatrice e lavapiatti, il mezzo della raccolta rifiuti, la retromarcia del vicino di casa e ill suo cancello elettronico. Poi ho il bip-miao della gatta che vuole croccantini alle 6 del mattino. In somma: la prima cosa che indosso è un susseguirsi di BIP!!!!
Mirror | Venerdì, 28 ottobre 2016 @14:08
Oggi indosso un giorno grigio, e un po' di quel grigio penetra nei miei pensieri.
Alessandra R. | Venerdì, 28 ottobre 2016 @09:45
E oggi vorrei, anzi voglio, indossare un solo abito: quello solare. Di una tonalità dorata e avvolgente e accogliente, come un fitto tappeto di foglie gialle... perchè per indossare l'abito-del-giorno giusto ci vuole anche una passerella degna di nota! Che sia un venerdì dall'outfit smagliante!
Giovedì, 27 ottobre 2016 @08:41
Possiamo esigere da noi stessi di affrontare la verità.
Cara Ingeborg, cara scrittrice austriaca che non conosco e che forse non leggerò mai (di te ho in mente solo delle foto anni Sessanta con una collana di perle al collo, e bei titoli Adelphi che non ho nella mia libreria). Lo sai che la tua frase, "On peut exiger de l’homme qu’il affronte la verité", ora è incisa su una sedia del Jardin du Palais Royal? Possiamo chiedere all’uomo che affronti la verità, possiamo chiederci di affrontare la verità. Ci sono passata davanti per caso qualche giorno fa, sotto quella pioggerellina fine che sembra esserci solo a Parigi; una Parigi più stanca, più malinconica, e non è solo l’autunno, e non sono solo gli attentati. Ma il Jardin du Palais Royal è sempre bellissimo, il viale perfetto di alberi, il piccolo caffè sul bordo dei portici, il silenzio nel cuore della città. Mi avvicino alle sedie verdi bagnate di pioggia (che bello, una città dove ci sono delle sedie nei parchi), e vedo che su ognuna c’è una frase incisa. Un poeta, uno scrittore… E poi ci sei tu, Ingeborg Bachmann. Nata in Austria, morta nel 1973 a Roma: per te, l’altrove. Tu con la macchina da scrivere, le sigarette. Tu con cui forse ho in comune solo una collana di perle, anzi due: quella di mia madre e quella di mia nonna, che quest’anno sono diventate una sola, lunga, asimmetrica collana di perle, un po’ Coco Chanel; la indosso e penso che le perle bisogna portarle, non lasciarle in un cassetto. Tu e le tue perle, Ingeborg. Tu che mi hai regalato, sotto la pioggia parigina, in un giorno d’autunno, un pensiero esigente sulla verità.
Mariella | Venerdì, 4 novembre 2016 @17:52
Ho letto la tua riflessione e immediatamente ho ricordato questa poesia che un po' mi appartiene.
Mi fa pensare ad una donna, la Ingeborg, che aveva disimparato a sorridere e a lasciarsi accarezzare da un raggio di sole.
Mariella | Venerdì, 4 novembre 2016 @17:46
Enigma (1967) Per Hans Werner Henze, al tempo degli Ariosi (*)
Nulla verrà più.
Non vi sarà più primavera.
Almanacchi millenari lo predicono a tutti.
Ma nemmeno estate e altre cose
che recano il bell'attributo « estivo » —
nulla verrà più.
Non devi assolutamente piangere,
dice una musica.
Nessun
altro
dice
qualcosa.
LISA | Giovedì, 27 ottobre 2016 @11:22
Frrr, ma tu hai mai letto nulla della Bachmann? O qualcuno qui nel blog... Ogni volta in libreria mi fermo a guardare i titoli, ma alla fine non ho mai portato a casa nulla. Eppure in qualche modo mi sembra di conoscerla.
FRRRR | Giovedì, 27 ottobre 2016 @10:47
Austriaco rigore della Bachmann, nell'esigere verità da noi stessi. E' una scrittura impegnativa, a volte spigolosa, la sua.
Volto bellissimo e intenso di intellettuale...
A volte sfuggiamo la verità, facendo lo slalom tra alibi esistenziali.
In amore, a volte, me la nascondo in modo persino consapevole, la verità. Quando non voglio accettare "che lui non ti vuole". O non ti vuole completamente. E allora aiuta raccontarsi delle favole, come da bambini per scacciare la paura del buio. Scacciare la paura del non amore, o del non ABBASTANZA amore. Ho un quaderno pieno di quelle favole, quegli alibi per velare la verità che fa male, vestirla di fiori surrogati. Ma fa parte della vita...
Giovedì, 20 ottobre 2016 @09:02
"Dentro una teiera c’è sempre l’autunno."
(Tiziana Cera Rosco)
E anche dentro la mia tazza di tè: nuvole, foglie, promesse.
Dentro una teiera c’è sempre l’autunno. Quando ho letto questa frase, che è di una donna che ho conosciuto da poco, una donna che vive d’arte e di scrittura, con solo apparente cupezza (la trovate qui: http://www.tizianacerarosco.it ), ho pensato: sì. E’ vero che dentro una teiera c’è sempre l’autunno, con la sua voglia di caldo, di morbidezza, di sciarpe. Persino per me, che bevo tè in qualsiasi momento dell’anno. Ma forse è soprattutto dentro una tazza, nel colore ambrato e forte del mio tè preferito, una miscela che viene da Ceylon (e che compro da Mariage Frères a Parigi, o che chiedo in regalo a chiunque ci vada), che leggo l’autunno. Nuvole, foglie, promesse. La frase è il mio #spillo su Gioia di questa settimana.
LISA | Giovedì, 27 ottobre 2016 @09:15
Marinaesse, leggo le parole della Duffy e mi sembra proprio di vederlo, il tè bollente nella "china cup"... Ho cercato la poesia e mi piace anche come continua: "Or when you’re away, or at work,/ I like to think of your cupped hands as you sip,/as you sip, of the faint half-smile of your lips". I gesti che ci fanno innamorare.
Marinaesse | Giovedì, 27 ottobre 2016 @00:13
Tea RMdi Carol Ann Duffy
I like pouring your tea, lifting the gravi pother you pot
Tea
by Carol Ann Duffy
I like pouring your tea, lifting
the heavy pot, and tipping it up,
so the fragrant liquid streams in your china cup.....,,,
Monique | Lunedì, 24 ottobre 2016 @13:27
"Vuoi che partiamo subito per la nostra avventura", domandò Peter Pan, "o preferisci prendere il tè?". "Prima il tè", rispose Wendy."
(Peter Pan)
Lilabella | Venerdì, 21 ottobre 2016 @13:00
Probabilmente io sono molto più "occidentale" o forse solo diversa. Mi piace assaporare il caffè nero bollente e anche sentirne l'odore. Lascio a te Lisa e al salotto verde però una mia poesia relativa all'autunno e non solo...
Come foglia d’autunno
tu cadi nel profondo
nel mio essere Donna
leggera e frusciante
colorata e preziosa
fragile come il tuo corpo libero
vera come la mia pelle
che si apre al tuo vivere vero
e cade, si lascia andare
come foglia d’autunno.
LISA | Giovedì, 20 ottobre 2016 @19:49
Adoro il tè, ma berlo e non leggerne (a parte che nei romanzi inglesi). Scherzo, Frrr, ma non troppo: i libri sul tè in genere sono coltissimi libri sull'arte orientale del tè, e non riesco mai ad andare oltre pagina due! Più interessante leggere il catalogo di Mariage Frères...
FRRRR | Giovedì, 20 ottobre 2016 @19:42
Sto riordinando i libri, e ne è spuntato uno sul tè. Pensavo di darlo via...ora so a chi regalarlo: Lisa, appena ti vedo, sarà tuo, se vuoi...
Adoro Mariage Frères, una vera istituzione...
Alessandra R. | Giovedì, 20 ottobre 2016 @09:36
Hai detto tè, hai detto tutto. Il piacere di una tazza di liquore caldo fra le mani è quanto mai indescrivibile. La semplicità di un gesto che ha dentro una convizione: ti sembra di governare il mondo, di saper affrontare le giornate al meglio, con uno spirito vigoroso e battagliero. Alla finestra, avvolta dal calore di una morbida sciarpa, e guardare le foglie d'autunno, che cambiano colore, una ad una cadente, ondeggiando verso il suolo, appoggiandosi delicatamente a quel tappeto dorato e caldo alla vista. L'autunno così è delicata poesia.
Mercoledì, 19 ottobre 2016 @09:28
Il primo Nobel ad essere assegnato quest’anno (no, non voglio commentare quello a Bob Dylan, meglio di no!) è stato quello di Chimica; a tre ricercatori, Sauvage, Stoddard e Feringa. Io di chimica non capisco nulla, ma per fortuna ho un amico, Piersandro Pallavicini, che oltre a insegnarla all’Università di Pavia, e a chiamarmi "atomo di Argon" (perché dice che non si capisce mai dove mi trovo esattamente, proprio come un elettrone delocalizzato dentro un atomo di Argon) scrive romanzi. L’ultimo, appena uscito, si intitola "La chimica della bellezza" (Feltrinelli). A lui quindi ho chiesto di spiegarci il Nobel.
-Uno dei premiati, Sauvage, appare nel tuo libro…
- Conosco e ammiro Sauvage. Ha sempre fatto una chimica spettacolare. Mi ero sempre lamentato che non fosse stato dato un Nobel a un grande come lui. E 20 giorni dopo l’uscita del romanzo... ha vinto il Nobel davvero!
-Il premio è stato assegnato per le "macchine molecolari". Cioé?
- Sono molecole complesse fatte di tante parti capaci di autoassemblarsi nel prodotto finale spontaneamente. Queste "macchine" svolgono lavori come le macchine di tutti i giorni, ma sono delle dimensioni più piccole possibili al mondo, perché fatte di atomi. Possono essere usate ad esempio per entrare nelle cellule e modificarne le proprietà, per aprirsi e dispensare farmaci nel corpo umano solo dove occorre.
-Chimica dell’amore. O della felicità. Si può riassumere con una formula?
- Potrei darti le formule del sildenafil e della triazolo-benzodiazepina, ma sarebbe una battutaccia da chimico-cinico: sono i principi attivi del Viagra e dello Xanax. La verità è che nemmeno una macchina molecolare ci può dare amore o felicità. Ci vuole l’uomo giusto o la donna giusta. O tutt’e due insieme, non precludiamoci alcuna possibilità!
(Questa intervista è uscita la settimana scorsa su Gioia).
LISA | Giovedì, 20 ottobre 2016 @08:06
Ecco, lo sapevo, bisogna leggere e rileggere i classici! Forse, dopo Thomas Mann (e Musil, mi mancano pochi capitoli) è il caso di riprendere in mano Goethe... Intanto, Grrrrr, grazie per la citazione. Affinità elettive.
FRRRR | Mercoledì, 19 ottobre 2016 @23:22
A proposito di chimica e di legami amorosi, resta insuperato Goethe, nelle "Affinità Elettive":
"Chiamiamo affini quelle sostanze che, incontrandosi, subito si compenetrano e si determinano reciprocamente. Questa affinità è particolarmente notevole negli alcali e negli acidi, i quali, benché siano opposti, o forse appunto per questa opposizione, si attirano nel modo più pronunciato e si mescolano, si modificano e formano insieme un nuovo corpo. Basta pensare alla calce, che rivela una grande simpatia, una decisa tendenza ad unirsi con tutti gli acidi.
...
Appunto in questo modo possono darsi fra gli uomini amicizie veramente significative; poiché l’opposizione delle qualità promuove una più intima unione.
...
Bisogna vederle in azione davanti ai nostri occhi, queste sostanze che sembrano inanimate e che pure nel loro intimo sono sempre pronte all’azione, assistere con partecipazione al loro cercarsi, attirarsi, assorbirsi, annientarsi, inghiottirsi, consumarsi e poi sbucar fuori nuovamente dalla più intima congiunzione in forma mutata, stravolta, inattesa: solo allora si è tentati di concedere loro una vita eterna..."
Lilabella | Mercoledì, 19 ottobre 2016 @17:01
E' stato bellissimo leggere questa intervista. E' proprio in gamba il tuo amico Prof. Pallavicini. Penso però che oltre alla chimica il fatto di trovare l'equilibrio giusto e l'amore giusto dipenda un po' anche dalla fortuna! Un sorriso. Lila
Alessandra R. | Mercoledì, 19 ottobre 2016 @11:05
Ecco, ti avevo salutato l'altro giorno con una battuta sul Cosmo, in linea con Guerre Stellari, e scopro che in fondo non era poi così fuori luogo. Grazie, a te e all'amico Prof. Pallavicini, per questa spiegazione "terra terra" di chimica, della quale nemmeno io ho mai capito nulla. E lo fate con semplicità non banale e un guizzo anche poetico! Solo per questo il Nobel spetterebbe anche a voi! Insomma la vita è totalmente questione di chimica!
Lunedì, 17 ottobre 2016 @08:23
"Come avevano fatto a passare gli ultimi sedici anni a disimpararsi a vicenda? Come aveva fatto la somma di tutta la presenza a trasformarsi in assenza?"
(Jonathan Safran Foer)
Disimpararsi, la crudeltà degli addii.
La frase di oggi, che è anche il mio #spillo su Gioia di questa settimana, è tratta dall’ultimo romanzo di Jonathan Safran Foer. Che no, non mi è molto piaciuto; non in confronto al meraviglioso "Molto forte, incredibilmente vicino", almeno. Ma le pagine su una coppia che va in frantumi sono potenti. E lui è molto brillante e simpatico, mi sono divertita a intervistarlo: ecco l’intervista, che è uscita su Vogue di settembre.
The sound of time. Il nuovo romanzo di Jonathan Safran Foer, "Eccomi" (Guanda, con la bella traduzione di Irene Abigail Piccinini), ha dentro il suono del tempo. Il tempo che erode e sgretola un matrimonio; ma anche il tempo che fa scoppiare, come una bomba a orologeria, una guerra annunciata in Israele. E poi un tempo intimo, domestico: perché "the sound of time" è, per il bimbo figlio del protagonista del libro, quello del frigorifero della cucina. E infatti: che fine ha fatto il suono del tempo?, chiede il piccolo Benij ai genitori: "Ci volle tempo – cinque frustranti minuti – per capire a che cosa si riferisse. Il nostro frigorifero era in riparazione, per cui in cucina mancava il suo onnipresente, quasi impercettibile ronzio. Benij era praticamente sempre in casa a tiro d’orecchio di quel rumore e aveva finito per associarlo al corso della vita. Trovai bellissimo il suo malinteso perché non era un malinteso. Mio nonno sentiva le urla dei suoi fratelli morti. Questo era il suono del suo tempo. Mio padre sentiva le aggressioni. Julia sentiva le voci dei bambini. Io sentivo i silenzi".
Quanti suoni, quante voci. "Eccomi", il primo romanzo di Foer dopo un silenzio di dieci anni - dopo "Ogni cosa è illuminata" (del 2002) e "Molto forte, incredibilmente vicino" (del 2005) – è un libro ancora più intrecciato di Storia e storie, di parole yiddish e rituali di fede, di ebraismo e Israele… A partire dal titolo: così risponde Abramo, quando Dio lo chiama per chiedergli di sacrificare Isacco. E per Foer, allora, qual è il suono del tempo? "E’ curioso che me lo chieda, anche perché questa è una delle poche pagine davvero autobiografiche del libro. Lo stupore di Benij davanti al silenzio della cucina era quello di mio figlio più piccolo, che adesso ha sette anni. E per me il suono del tempo, forse, sono le voci e il caos dei miei bambini, la colazione del mattino, salire in macchina insieme, le loro domande, ognuno vuole sentire una canzone diversa… Questo è il mio scorrere della vita e delle ore". Foer sostiene che c’è ben poca autobiografia, nel suo libro. Eppure è il racconto della dissoluzione di un matrimonio, e lui si è separato due anni fa dalla bella scrittrice Nicole Krauss, madre dei suoi figli (due anni: all’incirca, si fa sfuggire, quello che ci è voluto per scrivere, di getto, il grosso del romanzo). Insomma, insistiamo, non è d’accordo con Almodovar, il regista, che tempo fa disse, a proposito dei suoi film, che tutto quello che non è autobiografia è plagio? "Posso risponderle rubando le parole al protagonista del mio libro: "it’s not my life, but it’s me", dice, a proposito del serial tv che sta scrivendo. Non è la mia vita, ma sono io". Autobiografiche o meno, non importa: perché le pagine di Foer sulla dissoluzione di una coppia sono tra le più belle del libro. Quello che lui chiama "unlearning", disimpararsi. Quando il corpo dell’altro, che prima è la mappa di un territorio sconosciuto da esplorare con emozione, a occhi aperti, a occhi chiusi, diventa indifferente, solo la copia sbiadita di qualcosa che ci aveva fatto vibrare. Silenzi si intrecciano ai ricordi, il non detto ai litigi; il suono del tempo diventa quello di un amore che si sgretola, giorno dopo giorno, in cucina, in bagno, in camera da letto, mentre i figli crescono. "Come avevano fatto a passare gli ultimi sedici anni a disimpararsi a vicenda? Come aveva fatto la somma di tutta la presenza a trasformarsi in assenza?", scrive Foer. E in quel disimpararsi c’è tutto lo strazio di un amore che finisce, quando si pensava fosse per sempre. Per sempre, già. Ma forse è proprio il "per sempre" il problema, è la monogamia ad essere una perversione… "Chiamiamola piuttosto "sustainable monogamy", monogamia sostenibile. Ma è impossibile prescriverla, impossibile generalizzare. Anche se invidio chi riesce a "stare dentro" una coppia per quaranta, cinquanta, perfino settant’anni: e sì, ne ho conosciuti". Per "disimpararsi", per perdersi, basta, a volte, un messaggio scoperto in un telefonino: così almeno succede nel romanzo di Foer. Attenzione ai cellulari, quindi? A tutti i segreti, le cariche radioattive esistenziali che contengono? "Io sono in guerra aperta con il mio cellulare", dichiara Foer. "Gli smartphones ci ispirano ben poche cose belle. Ci portano fuori dalla vita, non dentro la vita".
Dentro la vita. Con il successo dei suoi primi libri, entrambi diventati film, Foer, che ha 39 anni, ha dunque scelto questo: di vivere di scrittura. E vivere scrivendo (che, a volte, è la stessa cosa: ma non sempre). Insomma, sospettiamo, è un grafomane. Un po’ per la mole dei suoi romanzi: 327 pagine il primo, 351 il secondo, 600 l’ultimo. "Ed erano più di 800, nella prima versione. Tanto che quando l’ho data ai miei amici e primi lettori, raccomandavo: cerca di arrivare a pagina 600 prima di arrenderti", dice, ridendo. Ma come scrive, dove scrive Foer? Al caffè, qualche caffè hipster di quella Brooklyn dove vive e che ama tanto? Oppure a casa? "Il segreto è una sedia. Anni Sessanta, di design scandinavo, comodissima, che è sempre stata in sala da pranzo. Riesco lavorare solo seduto lì. E non mi è mai venuto in mente neppure di spostarla, finché non me l’ha suggerito un amico. Così adesso è al piano di sopra, nel mio studio. Ma scrivo solo al mattino, quando i bambini sono a scuola. Un notes per prendere appunti quando sono in giro? Mai. Però correggo le prime versioni sempre a mano: stampo, e ci scrivo sopra".
Grafomane, immaginiamo, anche in privato? Probabilmente, visto che – tanto per fare un esempio - da quindici anni ha una fitta corrispondenza con Natalie Portman, l’attrice hollywoodiana, conosciuta a un suo reading. Quindici anni di chiacchiere digitali poi scomparse in un "buco nero" del computer. E rievocate in uno scambio di mail appena pubblicate dal New York Times. Ritroviamo il piacere di scrivere la vita, sembra dire Foer: per lui, per tutti, anche per noi. Facciamo nostre le sue parole: "Scrivere per me vuol dire seguire delle strade". Perché tutti noi abbiamo delle strade da seguire, e le parole tracciano il cammino… "Il mio mestiere è un grande privilegio, ma in fondo è abbastanza inutile: un romanziere non guarisce malati, non mette cibo in tavola. Un’inutilità che, paradossalmente, ti rende libero. Ma quando la scrittura diventa un libro, quando va fuori nel mondo, quando certe frasi riverberano in chi le legge, allora sì che trova – credo - un senso". Forse per questo Foer ricorda due momenti per lui magici, entrambi legati all’Italia: la prima volta al Festival Letteratura di Mantova (ci è tornato quest’anno, con il nuovo romanzo) e al Festival di Massenzio, a Roma. "Per non parlare di quei meravigliosi carciofi che si mangiano nella capitale", dice… I carciofi "alla giudìa", certo. Si chiamano così: glielo ricordiamo e lui ride. Lo scrittore più modernamente yiddish del mondo non poteva non scegliere un cibo seppur vagamente ebraico!
Livio Romano | Sabato, 22 ottobre 2016 @11:10
No dai, non ti è piaciuto? Io ce l'ho pronto sulla rampa di lancio...
LISA | Martedì, 18 ottobre 2016 @11:31
Frrr, è bello leggere il tuo diario sentimentale a puntate qui sul mio blog...
FRRRR | Lunedì, 17 ottobre 2016 @15:12
Mi sono "disimparata" anche io come Foer, due anni fa. E da allora sono uscita dal modello di "monogamia sostenibile", cercando un qualche modello sentimentale che si addicesse meglio al mio nuovo status. Sperimento, ma non l'ho ancora trovato (né il modello, né l'uomo...).
Io credo che ogni uomo abbia un talento, anche uno soltanto. E che per essere felice ho bisogno di un pugno di talenti. Quindi di "qualche" uomo, non uno solo. Mi succede, infatti, che me ne piaccia più d'uno contemporaneamente: uno per la sua testa, uno perché è romantico e sa offrirmi cura, un altro perché smuove altre corde...Solo che non è semplice coordinare il tutto, e gestire 3 uomini, 3 talenti, 3 possibilità...
Giovedì, 13 ottobre 2016 @08:42
"Una migrazione cosmica è iniziata stasera:
carovane di alberi per la terra scura,
filari di grappoli pronti alla vendemmia,
cascate di stelle di casa in casa,
fiumi che risalgono i corsi – all’indietro!
Tutto questo è stasera, che dormo con te".
(Marina Cvetaeva)
Migrazioni cosmiche. Le stagioni che cambiano, il corpo che cambia, i paesaggi che cambiano, magari all’incontrario, fiumi che vanno all’indietro, città sospese. Migrazioni cosmiche in un letto, quello che dividiamo. Anche i sogni della notte sono migrazioni cosmiche; così come risvegliarsi, al mattino, su questo pianeta. Mi piacciono questi versi di una poetessa del primo Novecento che ho molto amato, una nomade dei sentimenti, ribelle, selvaggia, disinibita (se cliccate sul suo nome in verde trovate altri Buongiorno che le ho sfilato). La poesia che ho scelto è del 1917 ed è tratta da "Scusate l’amore" (Passigli Poesia), a cura di Marilena Rea; con il testo in cirillico a fronte, che mi ricorda che un tempo sapevo scrivere e leggere in russo…
Nel libro (ve l’ho già detto, vero, che la mia ultima passione sono gli erbari?), ho messo delle foglie di alloro, raccolte nel mio giardino. L’ho sempre usato per cucinare, nelle minestre di cereali in genere, ma ho scoperto che si possono far seccare, mettere in micro sacchetti, e usare come antitarme. Ci provo!
LISA | Lunedì, 17 ottobre 2016 @12:44
Io comunque li ho fatti, i sacchettini con l'alloro dentro. Ho aggiunto anche un bastoncino di cannella come suggerito da google-casalinghitudine (no, non è un nuovo sito, è che quando non so come risolvere dei banali problemi di casa chiedo a google...)
Lilabella | Sabato, 15 ottobre 2016 @21:20
Sì, cara Lisa, il mio dire era in risposta a Frrr e in effetti è bello pensare ad un battito di ali. Per l'alloro che dire? Preferisco usarlo per la carne! Un sorriso.
Giusy | Sabato, 15 ottobre 2016 @20:59
Eh, Eh..---hai le antenne cara Lisa! certo che sono io ma l'anonimato è involontario, a volte mi capita per fretta e distrazione di omettere la firma.
Per quanto riguarda l'alloro, mi dispiace. Le tarme ormai si sono fatte certi anticorpi...non conviene rischiare con l'alloro,
LISA | Sabato, 15 ottobre 2016 @10:14
Ma nessuna di voi ha mai fatto/usato dei sacchetti antitarme con l'alloro? Rinuncio?
LISA | Sabato, 15 ottobre 2016 @10:03
Frrr, a volte qui le risposte si intrecciano e diventano risposte inconsapevoli. Lilabella ha scritto, a proposito di migrazioni cosmiche: "Può succedere di tutto quando si ama e non solo una persona ma la vita". In fondo è una risposta a te, Frrr, che ami la vita, ed è per questo che il tuo cuore batte, cerca di nuovo uomini e allegria e amore, è quel battito d'ali che mi fa sorridere, molto Frrr.
LISA | Sabato, 15 ottobre 2016 @10:00
Per Giusy: credo che sia lei l'anonimo, che fa riferimento al DNA triestino.. Il russo studiato e dimenticato, ma me la cavavo, sapevo leggere qualche racconto di Cechov! Però penso al cirillico come un paese straniero che hai amato e che prima o poi ritrovi. O forse questa per me è la Russia, la Grande Madre Russia dell'Ottocento.
LISA | Sabato, 15 ottobre 2016 @09:58
Alessandra R., mi ha fatto davvero sorridere il tuo "che il cosmo sia con te"! Un po' Guerre Stellari... O forse la parola d'ordine per entrare in un club: il nostro.
Lilabella | Venerdì, 14 ottobre 2016 @21:59
Può succedere di tutto quando si ama e non solo una persona ma la vita. Stasera un piccolo pensiero per te, Lisa, e per il salotto verde.
Mi aggrappo alla luce di una stella
stasera, a te che sei notte
piccola luce riflessa
del mio corpo
che adesso riposa
insieme al tuo.
Lila
FRRRR | Giovedì, 13 ottobre 2016 @14:32
Da quando quel progetto di vita (familiare) è fallito, ovvero da quando lui se ne è andato, lasciandomi con i figli, il mio cuore è stato fermo e inerte per un anno e un po', in disperato, lacrimoso lutto.
Piano piano si sono curate le sue cicatrici, guarendo e rifiorendo, in un crescendo esplosivo. Ed ecco ora il mio cuore migrare cosmico....
Come l'ape sui fiori, esplora, si innamora, crede di innamorarsi, si ravvede, riprova. Cuore ballerino, talvolta, ma finalmente vivo...a riaccendere sentimenti ed eros. Nel ciclo vitale della migrazione cosmica.
Anonimo | Giovedì, 13 ottobre 2016 @14:04
anche il russo? non mi stupisce. Senz'altro è patrimonio del suo DNA l'inclinazione poliglotta.
Carla | Giovedì, 13 ottobre 2016 @13:30
Meravigliosi questi versi che ben rappresentano il momento di felicità suprema! Quando tutto sembra possibile, solo perché siamo felici,quando gli alberi si muovono con la forza dell' amore
Alessandra R. | Giovedì, 13 ottobre 2016 @09:06
Ma dai, anche il russo? Sei un'inesauribile fonte di sorprese e scoperte e, naturalmente, di celestiali versi.
Che il cosmo sia con te, sotto qualunque cielo tu sia.
Lunedì, 10 ottobre 2016 @09:45
"Gli occhi, d’un grigio celeste o d’un celeste grigio – d’un colore un po’ incerto e ambiguo, il colore, ad esempio, d’una montagna lontana."
(Thomas Mann)
Quel che vedo nei tuoi occhi.
La frase di oggi, che è anche il mio #spillo su Gioia di questa settimana, è tratta da "La montagna incantata" di Thomas Mann, che sto leggendo da quest’estate in edizione Corbaccio (con la bella traduzione storica di Edvino Pocar). Mi mancano solo un centinaio di pagine! Una grande meditazione sulla malattia, sulla morte e sulla libertà che, a volte, regala la malattia.
E’ bello pensare che ci sono sempre dei classici che ci aspettano. Pagine che ci aspettano. E paesaggi che ci aspettano. Quando alle montagne lontane… Grigio celeste o celeste grigio per me rimane sempre il colore del mare, magari in una giornata di bora. Penso al golfo di Trieste, ovviamente, sabato sotto una pioggia grigia, domenica in un azzurro sfolgorante di sole e vento, giusto in tempo per la Barcolana.
LISA | Lunedì, 10 ottobre 2016 @19:40
Frrrr, altra piccola coincidenza all'incontrario: leggendo La Montagna Incantata, con i pazienti che si avvolgono nella "cura della sdraio", da fare rigorosamente al freddo, dentro coperte e un sacco a pelo come delle mummie, ho pensato al tuo "piumone abitato"... decisamente più interessante!
LISA | Lunedì, 10 ottobre 2016 @19:38
Giusy, sì e no. Nel senso che gli occhi erano quelli di Pribislav, il compagno di scuola di Castorp, di cui lui era vagamente innamorato da adolescente... Ma è anche vero che, quando incontra Madame Claudia Chauchat al sanatorio, lei gli ricorda continuamente il ragazzo dei tempi di scuola. Occhi chirghisi. E coup de foudre.
Giusy | Lunedì, 10 ottobre 2016 @14:46
ho un ricordo lontano...quegli occhi dal colore indefinibile erano forse quelli della Circassa incantatrice?
Di Thomas Mann preferisco la saga dei Buddenbrooks che somiglia vagamente a quella della mia famiglia.
Bello ricordare!...e buona Barcolana con vento, sole e tanta nostalgia da parte mia...fa anche rima!
Per quanto mi riguarda,continuo - in modo discontinuo - a deliziarmi con la kakania di Musil
FRRRR | Lunedì, 10 ottobre 2016 @14:14
Grande Thomas Mann...con quell'esprit decadente e chic delle epoche di passaggio....e quelle montagne lontane.
Fascino puro. Le montagne sono cerulee, ma anche blu: di sera quando il sole è appena tramontato, e le vedi in silhouette contro il cielo che imbrunisce....un blu intenso, che ricorda le pennellate di Van Gogh, che usava il blu anche nei volti lividi...
Alessandra R. | Lunedì, 10 ottobre 2016 @11:14
Leggi, vedi, senti Trieste, dici Lisa. L'associazione è inevitabile! Che i tuoi occhi possano iniziare questa nuova settimana con la luce in essi, nonostante cieli grigi.
Giovedì, 6 ottobre 2016 @08:34
Ebbene sì. Ammetto. E’ autunno. E fa freddo, almeno nel mio altrove. Ma quando mi sono arresa e ho tirato fuori dalla cassapanca il piumone ho sorriso, come quando rivedi un vecchio amico.
Il piumone, e le lenzuola per il piumone. Sofficezza, affetto, tepore, casa. E poi tutto insieme, come le foglie che cadono in questi giorni: brina sul vetro al mattino, dov’è la sciarpa di cachemire?, se vado in bici ho bisogno dei guanti, sarà ora di mettere le calze. Apro l’armadio ed eccolo, l’autunno dentro, per affrontare l’autunno fuori. Benvenuto, dunque, autunno.
FRRRR | Domenica, 9 ottobre 2016 @22:03
e va bene...ho fatto pace con l'autunno!
Ho tirato fuori la mia giacchetta di velluto color petrolio. morbida e vellutata...
e ho avuto la grazia di un "piumone abitato".
Lilabella | Sabato, 8 ottobre 2016 @21:45
Anche io devo dire Lisa che preferisco più il clima caldo ma dell'autunno mi piacciono le foglie che cambiano colore, quando diventano rosse e poi si, il magnifico profumo delle caldarroste.
Devo però dirti che pur dormendo da sola non amo mettere le calze quando vado a letto, mi sembra che siano una costrizione quando ci si sposta nel mondo dei sogni.
LISA | Giovedì, 6 ottobre 2016 @20:26
FRRR meraviglioso quel "piumone abitato". Vero... E buffo che solo le donne, se vanno a dormire da sole, si mettano le calze. Cuore caldo piedi freddi? ALESSANDRA R: scarpe chiuse e oggi, camminando per la città, ho sentito per la prima volta il profumo delle caldarroste...
FRRRR | Giovedì, 6 ottobre 2016 @20:02
Beate voi che amate l'autunno! e il piumone, le castagne e tutto l'ambaradàn del freddo che arriva.
Io amo l'estate, vestirsi di poco, con leggerezza, l'animo più aperto, la vita fuori, dormire col lenzuolo di lino, il cinema all'aperto, la pelle ambrata, la birra ghiacciata, lo stupore della natura rigogliosa...
Ma l'autunno, non fa per me...
Allora a questo punto: che sia neve! e inverno e montagna e rumore del ghiaccio che si rompe sotto i piedi.
Quando poi le giornate si fanno di colpo corte, ecco che arriva lo spleen, puntuale ogni anno....
Datemi almeno un piumone "abitato". Da qualcuno che mi scaldi i piedi....
Alessandra R. | Giovedì, 6 ottobre 2016 @09:39
La giornata di ieri è stata caratterizzata da un forte vento, soprattutto verso sera ed è come se fosse arrivato in veste di ambasciatore d'autunno. Ambasciator non porta pena, si dice, ma questa nuova stagione è tutto tranne che una pena, anzi una ricompensa o un premio. Per averlo aspettato pazientemente, il piacere delle calde coperte compreso. E sì, ieri il quasi brusco calo delle temperature ha visto un cambio ai piedi: ieri ancora in sandali e camicia, oggi scarpa chiusa e trench avvolgente. Ma va bene così, no?!
Lunedì, 3 ottobre 2016 @08:58
"Caroline percepì la sua tristezza. Stava sospesa nella stanza come una nuvola"
(Julian Fellowes)
Le nuvole della malinconia.
Buongiorno, malinconia di ottobre. Buongiorno, nuvole della malinconia. La frase di oggi, che è anche il mio #spillo su Gioia, in realtà è tratta da un libro non malinconico, ma ironico e leggero come sa essere solo lui, Julian Fellowes, lo sceneggiatore di Downton Abbey: "Belgravia" (Neri Pozza). Che in questo romanzo va invece un pochino più indietro, nell’Ottocento inglese.
Rimangono le nuvole della malinconia, che a volte si specchiano in una tazza di tè.
Lilabella | Mercoledì, 5 ottobre 2016 @16:36
Sì, nuvole in viaggio, anche qui a Roma. Il cielo qui cambia spesso umore anche se prevale quasi sempre il sereno. Oggi però stranamente anche il tempo è malinconico e grigio. Un po' come me. Così cerco di far passare la malinconia leggendo te Lisa e le altre donne del salotto verde e bevendo un po' di caffè nero bollente.
Molto bella la frase di Baudelaire postata su IG da Alessandra R.!
LISA | Mercoledì, 5 ottobre 2016 @15:34
"L'aria è piena del brivido delle cose in fuga". Solo che in francese suona meglio! Grazie Alessandra R. E sì, nuvole in viaggio.
Alessandra R. | Mercoledì, 5 ottobre 2016 @14:55
Quanto mi ha appassionato questo libro tanto che alla richiesta di un'amica di un libro nuovo da leggere, con un certo mordente diciamo, non ho esitato a prestarglielo. Sarà che dopo la fine di Downton Abbey avevo bisogno di un altro period drama per compensare quella voglia rimasta di sfarzi e intrighi. E mi soffermo sulll'oggetto della tua frase - la nuvola - che, guarda caso, è protagonista anche di una foto che ho postato stamane in IG, accompagnata da una frase di Baudelaire "L'air est plein du frisson des choses qui s'enfuient". Mi piace anche pensare ad una sorta di telepatia con il tuo buongiorno del lunedì, che anche se è passato è sempre attuale.
LISA | Mercoledì, 5 ottobre 2016 @11:42
De André troppo triste. Mi arrendo. Ho finito la mia tazza di tè con nuvole dentro, e ora nel mio altrove c'è il sole...
FRRRR | Mercoledì, 5 ottobre 2016 @11:35
"Verrà la morte e avrà i tuoi occhi"
si incide nel cuore e non ti lascia più...
Da adolescente quando la lessi la prima volta, mi fece persino paura.
FRRRR | Mercoledì, 5 ottobre 2016 @11:33
A proposito di Nuvole...amo molto questa poesia di Fabrizio De André, altro grande titano della cultura italiana:
Dopo il testo, trovate il link dove ascoltare la voce rugosa della donna anziana che la recita, così come De André voleva....
Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio
Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell'airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri
Certe volte ti avvisano con un rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti
certe volte ti avvisano con rumore
Vengono
vanno
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai
Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte e si mettono lì
tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.
https://www.youtube.com/watch?v=q_hded5ZirQ
LISA | Martedì, 4 ottobre 2016 @13:42
Non la conoscevo, Monique, questa poesia di Pavese. Di lui ho in mente in incipit fin dall'adolescenza: "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi". Inciso nella memoria, da allora.
Monique | Martedì, 4 ottobre 2016 @09:12
Canzone
Le nuvole sono legate alla terra ed al vento.
Fin che ci saran nuvole sopra Torino
sarà bella la vita. Sollevo la testa
e un gran gioco si svolge lassù sotto il sole.
Masse bianche durissime e il vento vi circola
tutto azzurro - talvolta le disfa
e ne fa grandi veli impregnati di luce.
Sopra i tetti, a migliaia le nuvole bianche
copron tutto, la folla, le pietre e il frastuono.
Molte volte levandomi ho visto le nuvole
trasparire nell'acqua limpida di un catino.
Anche gli alberi uniscono il cielo alla terra.
Le città sterminate somiglian foreste
dove il cielo compare su su, tra le vie.
Come gli alberi vivi sul Po, nei torrenti
così vivono i mucchi di case nel sole.
Anche gli alberi soffrono e muoiono sotto le nubi
l'uomo sanguina e muore, - ma canta la gioia
tra la terra ed il cielo, la gran meraviglia
di città e di foreste. Avrò tempo domani
a rinchiudermi e stringere i denti. Ora tutta la vita
son le nubi e le piante e le vie, perdute nel cielo.
Cesare Pavese

Mi chiamo Lisa Corva, e questo lo sapete. Sapete anche, se siete qui, che credo nel potere delle parole. E della poesia.
Qui troverete i miei Buongiorno: da trasformare in sms, ricopiare sull’agenda, far viaggiare via web… Talismano, oroscopo, cioccolatino, schegge di luce o di consolazione: usateli come volete. Troverete anche le mie interviste, i miei articoli di moda, i miei colpi di fulmine in giro per il mondo. E, ovviamente, i miei libri.
Mi potete anche trovare (a volte) in Piazza Unità a Trieste: la città dove sono nata, dove non ho mai vissuto, ma che continuo testardamente a considerare mia. Se vi avvicinate abbastanza, mi riconoscerete. Se non altro, dal profumo di rose.