Lunedì, 9 dicembre 2019 @19:17
"I cieli grigi e le luci di dicembre sono la mia idea di gioia segreta."
(Adam Gopnik)
Ci sono frasi, o versi di poesia, così profondamente legati alle stagioni, che mi tornano sempre in mente; tornano come tornano le foglie per terra d’autunno, o i papaveri d’estate. E a dicembre eccola di nuovo, questa piccola frase di luce, questa dichiarazione d’amore per la stagione fredda, di Adam Gopnik (scrittore nato, non a caso, in Canada e vissuto a New York: lui l’inverno lo conosce bene. E la frase è tratta da "L’invenzione dell’inverno", Guanda).
Le luci di dicembre… Non ho mai amato il Natale, se non da piccola (il presepe col muschio vero a casa dei nonni a Trieste, i regali con la carta bianca e rossa di Orvisi, mitico negozio di giocattoli). Poi sono successe tante cose, e molte tristi. Così ho cominciato a desiderare solo una cosa, a Natale: scappare. Per evitare alberi addobbati, famiglie e ricordi. E sono scappata, per anni: palme, piedi nudi sulla sabbia, i templi dell’Asia che amo tanto. È stato bellissimo. Poi, qualcosa è cambiato. Intendiamoci: continuo a pensare che un viaggio lontano sia il modo più bello (almeno per me) di celebrare il 25 dicembre e l’anno nuovo che arriva. Ma ultimamente ho cominciato ad amare davvero la "gioia segreta" delle luci di dicembre. Non solo. Compro una corona di pino da tenere sul tavolo, a casa (le trovo al mercato, e quest’anno ho scelto la più semplice, che mi sembra odori ancora di bosco). Appendo cuori rossi di legno e stelle di vetro. Apro, giorno dopo giorno, il calendario dell’avvento (l’anno scorso la mia cara amica V. me ne ha regalato uno con, dietro ogni finestrella, una bustina di tè speziato; quest’anno me ne è arrivato uno vintage dalla Germania, dal mio amico tedesco, O.). Accendo candele la sera, anche solo per me. Perché ho capito che le luci delle città, o le luci dentro le case, sono per noi: sono un modo – anche solo laico e pagano, magari – di farsi coraggio quando arriva il buio più buio.
A Lubiana, nel mio altrove, sono andata in centro, sul fiume, proprio il giorno in cui accendevano le luci. Che spettacolo! Alle cinque e mezza sembrava che tutta la città fosse per strada, musica e cori di bambini, tutti con i cellulari puntati verso il grande albero di Natale (massì, anche i telefonini illuminano!). E poi… clic! Si sono accese le luci, non solo quelle dell’albero, ma quelle che ridisegnano i palazzi, il fiume, la città. Vabbè, lo dico: mi sono commossa. Ora so che non voglio fuggire da niente: amo il buio, ma anche le piccole luci che ci scaldano e segnano la strada. Amo il viaggio, ma anche stare a casa. Amo il fuori e il dentro. Perché siamo questo, inutile combattere: buio e luci. (Poi, certo, se volete farmi felice, mettetemi sotto l’albero un biglietto aereo per molto lontano).
Lilabella nuova | Martedì, 24 dicembre 2019 @11:07
Non so se il tuo desiderio stanotte si realizzerà cara Lisa però te lo auguro un viaggio per molto lontano o forse un viaggio dentro tutto quello che è vicino e che abbiamo e che ci è caro.
Un sorriso da Lila e auguri di un buon Natale a te e a chi passa nel tuo salotto verde.
Giusy | Venerdì, 20 dicembre 2019 @14:51
quest'anno festività con il buio dentro e luci fuori. Il nostro abete resiste in giardino da tre anni, questo il quarto, e lo addobberò per la nipotina e tirerò fuori piatti e cristalli, preparerò tutto per bene. Magari mi si accenderà anche una luce "dentro".
Lilabella nuova | Martedì, 17 dicembre 2019 @10:51
Grazie anche ad Ulia! Mi impegnerò a scintillare come si deve. Buona giornata a chiunque passi di qui.
Lilabella nuova | Martedì, 17 dicembre 2019 @10:49
Grazie davvero, di cuore. Che questa sia una giornata di luce allora. Un sorriso. Lila
Carla | Mercoledì, 11 dicembre 2019 @12:38
Io adoro le scarpe stringate. Per intendere mi piacciono tantissimo le scarpe che hanno spesso le ragazze giapponesi: chiusa con la suola un po'alta, che ricordano le loro ciabbatine. Le mie sono di un marchio italiano, noto...sono dei fratelli qui del milanese..., perciò hanno un giusto equilibrio e quel dorato davvero un guizzo a tutti i miei look!
LISA | Mercoledì, 11 dicembre 2019 @09:06
Carla, esatto, scarpe d'oro: the new black. Perché vanno con tutto, di giorno e di sera. Io ce le ho, un paio di tronchetti - ups, brutta parola - oro damascato, ma adesso punto a un paio di tronchetti davvero d'oro. Le tue scarpe come sono? Tacco alto, sandali, stivaletti? (Ah, la meraviglia di parlare di essenziale frivolezza...)
LISA | Mercoledì, 11 dicembre 2019 @09:03
Ulia, bello quel "scintillate"!
Ulia | Mercoledì, 11 dicembre 2019 @08:39
Le luci a Natale ridisegnano la propria idea di felicità come la neve la misura del silenzio...scintillate quindi...un abbraccio Ulia
Carla | Martedì, 10 dicembre 2019 @18:42
Le luci natalizie mi piacciono perchè sono intermittenti, come dici tu, Lisa, non nascondono sono luce-e-buio. I contorni nel buio sono appena rischiarati, e non chiari, e non si vedono le piccole magagne che hanno le città. E forse non di vedono neanche le nostre. Io, intanto, per questo inverno ho seguito il tuo consiglio, di qualche tempo fa, di illuminare i piedi: ho comprato un fantastico paio di scarpe color bronzo/oro...
Lunedì, 13 febbraio 2017 @09:13
"Laggiù è eterno inverno, scrisse una volta William Blake a proposito di un luogo senza amore".
(Adam Gopnik)
Nel mio altrove è ancora inverno. Ma per questo mio Buongiorno, che ho sottolineato nelle pagine di "L’invenzione dell’inverno", il libro-saggio di Adam Gopnik (Guanda), ho scelto dei giacinti. Giacinti blu che ho comprato e che stanno fiorendo in questi giorni. Il loro profumo – lieve, delicato, persistente – mi ricorda che la promessa segreta dell’inverno è sempre la primavera.
Lilabella | Martedì, 14 febbraio 2017 @12:44
Cara Lisa adoro i giacinti. Questa frase sarebbe da incorniciare. Amare, che parola grossa. Eppure senza amore nulla avrebbe senso. Un sorriso. Lila
Martedì, 20 dicembre 2016 @07:57
"I cieli grigi e le luci di dicembre sono la mia idea di gioia segreta."
(Adam Gopnik)
Mille luci nella sera. Il Natale, dentro.
Il mio #spillo su Gioia è tratto da un libro speciale, un saggio che è una dichiarazione d’amore per la stagione fredda: "L’invenzione dell’inverno" (Guanda), di Adam Gopnik, giornalista nato in Canada (lì sì che s’intendono dell’inverno). La tesi? Che a partire dal Settecento il mondo moderno e occidentale si è potuto garantire il lusso di ammirare l’inverno da dietro il vetro di una finestra, in una stanza finalmente riscaldata: avete presente, quando vi mettete alla finestra, e fuori nevica, o c’è la nebbia, la brina del mattino? Inverno come avventura sulla neve e lusso dei sensi: ce lo racconta Gopnik citando quadri, romanzi, mode. E, confesso, tornata dal caldo e dalle palme, guardo la brina dalla mia finestra, il cielo grigio e quasi soffice, e sì, mi piace. Per me che non amo il Natale, è la mia idea di Natale.
Lilabella | Venerdì, 30 dicembre 2016 @13:22
Voglio lasciare una scia di sorriso a te Lisa e a tutte le frequentatrici del salotto verde. Auguri sinceri di buon anno nuovo! Lila
GIUSY | Mercoledì, 28 dicembre 2016 @13:23
Lisa, anch'io ho riso. Da sciatrice d'antan, sai quante ne ho viste di lucertole e ramarri prendere il bruciante sole ad alta quota? Naturalmente spalmati di creme adeguate...
Carla | Mercoledì, 21 dicembre 2016 @13:53
Però è vero che è un lusso guardare il mondo da una finestra, che filtra il freddo e conserva il caldo. É un piccolo piacere da unire alle meravigliose luci di dicembre.
LISA | Mercoledì, 21 dicembre 2016 @12:42
Non so perché ma ho pensato a una lucertola sulla neve e mi è venuto da ridere!
PgAKsn | Mercoledì, 21 dicembre 2016 @11:30
Di contro, odio l'invenzione del mare, intesa come spiaggia, abbronzatura, star sdraiati come lucertole, ombrellone e crema solare.
Nuotare, quello sì.
Sciare, ancora meglio!
Giovedì, 9 luglio 2015 @08:46
"Davvero sappiamo vivere solo dopo la sconfitta,
le amicizie si fanno più profonde,
l’amore solleva attento il capo.
Perfino le cose diventano pure.
I rondoni danzano nell’aria,
a loro agio nell’abisso.
Tremano le foglie dei pioppi,
solo il vento è immoto.
Le sagome cupe dei nemici si stagliano
sul fondo chiaro della speranza. Cresce il coraggio."
(Adam Zagajewski)
Non perdi, se trovi te stesso.
Il Buongiorno di oggi è anche il mio #spillo su Gioia, ed è tratto dall'antologia di un poeta polacco che mi piace molto: "Dalla vita degli oggetti" (Adelphi, a cura di Krystyna Jaworska).
Su Gioia in edicola trovate anche una delle storie che raccolgo e racconto, la storia di un uomo gay che ha sposato la sua migliore amica. Perché? Leggete, scrivetemi…
LISA | Giovedì, 16 luglio 2015 @08:46
Mariella, grazie per averci raccontato la tua storia. Anch'io, sai, spero che chi ci ha amato e non c'è più sia in qualche modo con noi; che a volte possa coprirci, quando abbiamo freddo. La tua storia mi ha ricordato il libro di una cara amica, Stefania Rossotti: "Ti parlo da una vita", Mondadori. E' una storia, la sua storia. Due amiche, due che si parlano "da una vita". Di tutto, di tutti. Due ragazze-per-sempre, che a cinquant’anni chiacchierano fino a notte in macchina: con i piedi nudi sul cruscotto e la sigaretta in bocca. Una si ammala, muore. L’altra l’accompagna alla soglia. La perde. Ma poi le farfalle su un balcone le ricordano che forse c'è, che forse è possibile parlarsi, ancora. E’ questa la storia, cucita nel libro ad altre storie, di mamme che "parlano" con i figli morti, cercano le tracce di chi non c’è più. Cercando quei segni, quelle coperte leggerissime che a volte ci accarezzano.
LISA | Giovedì, 16 luglio 2015 @08:28
Domo, che belle queste parole di Frida Kahlo. Un amore che ti porti il caffè, l'illusione e la poesia. Io sostituisco il tè, ma per il resto mi ci ritrovo esattamente.
Domo | Sabato, 11 luglio 2015 @23:21
@marta e, con immensa delicatezza e rispetto @ Mariella
Ti meriti un amore che ti voglia spettinata,
con tutto e le ragioni che ti fanno alzare in fretta,
con tutto e i demoni che non ti lasciano dormire.
Ti meriti un amore che ti faccia sentire sicura,
in grado di mangiarsi il mondo quando cammina accanto a te,
che senta che i tuoi abbracci sono perfetti per la sua pelle.
Ti meriti un amore che voglia ballare con te,
che trovi il paradiso ogni volta che guarda nei tuoi occhi,
che non si annoi mai di leggere le tue espressioni.
Ti meriti un amore che ti ascolti quando canti,
che ti appoggi quando fai il ridicolo,
che rispetti il tuo essere libero,
che ti accompagni nel tuo volo,
che non abbia paura di cadere.
Ti meriti un amore che ti spazzi via le bugie
che ti porti l’illusione,
il caffè
e la poesia.
Frida Kahlo
@marta: questo mio lungo viaggio alla ricerca di capire le ragioni di questa terza guerra mondiale ha, purtroppo visto gli ultimi accadimenti, variato programma.
A presto amica mia
Mariella | Sabato, 11 luglio 2015 @15:23
Carla, grazie. Davvero.
Carla | Sabato, 11 luglio 2015 @10:50
Bellissima e commovente. Io sono figlia di un padre morto giovane e anch'io, come i tuoi figli, sono stata un figlia serena e talvolta gioiosa. Sono gioiosi anche i tuoi figli anche se a te non sembra. Una confidenza: Ho scoperto che mia madre scrive da quasi venti anni una lettera al mese a mio padre, come se lui fosse solo partito. Perché come dici tu chi ci ha amato continua a seguirci in forme inattese.
Mariella | Venerdì, 10 luglio 2015 @13:00
Non puoi immaginare quante volte ho provato a scriverti ma, ogni volta che ci provo, le parole scelte, con cura, mi sembrano vuote e insignificanti. Ci provo oggi. Ho 48 anni: sento che avrei potuto spenderli meglio ( ma si è sempre in tempo per fare, cedere, curiosare, impastare, vedere, cadere e rialzarsi ).
Ho due figli e un cane, una peste di beagle. I miei figli sono il mio orgoglio: crescono sani, combattivi e sereni nonostante l'assenza del loro papà. Lui, il mio amore grandissimo, scomparso dieci anni fa. Spero di poterti dire un giorno che vedo i miei figli "gioiosi". Per ora li vedo sereni e forse non è poco. Ma io li vorrei gioiosi. Avverto che un pezzo del nostro ingranaggio è venuto meno e anche se la macchina ha ripreso a funzionare, irrimediabilmente la nostra vita è cambiata. Sono stati anni tristi, difficili, confusi e anche veloci. I miei figli mi riempiono. Mi manca, certo, un amore… Forse arriverà.
Ma intanto mi è capitata una cosa bellissima. Il tre luglio è il giorno del nostro anniversario di matrimonio. Lui non c'è da dieci anni e non c'è giorno che non attraversi i miei pensieri, anche soltanto per un attimo. Ma il pensiero non è insistente, è veloce.
Invece, lo scorso tre luglio per tutto il percorso che mi porta al lavoro, mio marito mi ha fatto compagnia. All'improvviso ho realizzato e ho rammentato la dolcezza di noi insieme...
Mi sono detta che la ragione cerca di dare ordine, compostezza, rigore e logica. Ma il cuore riconosce ogni strada. Sa ogni cosa e la ricorda.
Bene, arrivata sul lavoro, incontro una collega che con un certo imbarazzo mi dice che deve parlarmi in privato. Sa che sono vedova, null'altro. Mi dice: " Non conosco tuo marito, non conosco il suo volto, ma devo dirti che l'ho sognato. Meglio, mi sono svegliata e sapevo che questa mattina avrei dovuto dirti che l'ho sognato.." Lei cercava di spiegarsi, ma io già ero in lacrime, commossa. È stato un regalo. Io diffido, però che bello sarebbe se chi abbiamo amato continua a seguirci, a coprirci con una coltre quando il cuore ha freddo e a rammentarci che va tutto bene..
Te ne parlo perché sento che capisci, Lisa. Questa è la mia storia.
Mercoledì, 17 giugno 2015 @08:02
"Oggi non dormirai. Tanto è il chiarore alla finestra.
Sulla città s’innalzano i fuochi d’artificio.
Non dormirai, sono accadute troppe cose.
Su te vegliano i libri, in file ordinate.
A lungo penserai a ciò che è accaduto
e a ciò che non è stato. Oggi non dormirai."
(Adam Zagajewski)
Tanta vita. E quelle notti, quelle mattine in cui, nel silenzio del mondo, ci ripensiamo.
Il Buongiorno di oggi è di un poeta polacco e viene da un libro già pieno di sottolineature: "Dalla vita degli oggetti" (Adelphi, a cura di Krystyna Jaworska).
Alessandra R. | Mercoledì, 17 giugno 2015 @09:23
... e si pensa alla tua miriadi di libri sottolineati. Pieno di sottolineature, che immagino di diversi colori. Sottolineature con scopi diversi. Come una giornata ne ha tanti: di scopi e sottolineature. Oggi, mercoledì, inizia così!
Lunedì, 25 maggio 2015 @07:59
"Ci trattennero prati primaverili, fiori
di calendula, lo sguardo delle ragazze di campagna,
assetato di amore straniero."
(Adam Zagajewski)
Ci trattenne la vita.
Ancora dei versi del poeta polacco Zagajewski, tratti da "Dalla vita degli oggetti" (Adelphi): ancora la vita, in primavera.
Mercoledì, 20 maggio 2015 @07:27
"All’alba sale dai prati bassi profumo di trifoglio"
(Adam Zagajewski)
Oggi, fermati ad annusare (toccare, afferrare) la primavera.
Il Buongiorno di oggi è del poeta polacco Zagajewski, ed è tratto dall’antologia "Dalla vita degli oggetti" (Adelphi), a cura di Krystyna Jaworska.
LISA | Domenica, 24 maggio 2015 @19:53
Io che sono assolutamente cittadina penso (magari sbaglio) che il profumo del trifoglio sia semplicemente quello dei prati. E dell'erba tagliata dei giardini che ora, nel mio altrove, ho cominciato ad amare e apprezzare.
Giusy d'antan | Domenica, 24 maggio 2015 @15:28
Già che ci sono... a parte da Dickinson che non è "nelle mie corde" mi sto chiedendo qual è il profumo del trifoglio. So ben distinguerne i vari, per esempio, quello del gelsomino, del caprifoglio, del pitòsforo,.del tiglio,e la lista è lunga..ma il trifoglio? Curiosità che desidero soddisfare.
GIANNI | Giovedì, 21 maggio 2015 @21:57
LE API NON CI SONO PIU O PER LO MENO POCHISSIME ED IL TRIFOGLIO NON VIENE IMPOLLINATO. DOBBIAMO GODERCI ANCORA PER POCO IL SUO PROFUMO IN UNA MATTINATA UMIDA.
LISA | Giovedì, 21 maggio 2015 @18:33
Che belli quei versi della Dickinson. Li avevo dimenticati...
Alessandra R. | Giovedì, 21 maggio 2015 @14:53
Trifoglio. Che coincidenza. Proprio ieri sera, sorseggiando la mia corroborante tazza di tè, diedi un'occhiata alla mia little biblioteca e sono incappata (volontà o destino?) nel mio manoscritto ovvero la tesi di laurea. No, niente topic botanici, ma ricordo ancora quella poesia - il mio cavallo di battaglia di ieri, oggi un pò meno, ma che vorrei ritornasse ad esserlo già da domani ... ebbene una poesia con dentro il trifoglio e che ti omaggio (anzi, più Emily Dickinson che la sottoscritta ehehe) quale ponte al tuo buongiorno:
"Per fare un prato occorrono un trifoglio e un'ape,
Un trifoglio e un'ape
E il sogno.
Il sogno può bastare
Se le api sono poche."
Martedì, 18 novembre 2014 @09:11
"Saremmo giunti in tempo se la nostra nostalgia non si fosse fusa con la polvere delle strade."
(Adam Zagajewski)
Sulle mie scarpe, polvere e nostalgia.
Il Buongiorno di oggi sono i versi in cammino di un poeta polacco, e sono tratti da "La vita degli oggetti" (Adelphi, a cura di Krystyna Jaworska).
una a caso | Mercoledì, 19 novembre 2014 @07:58
felici quelle scarpe impolverate ,consumate , comode , impazienti di accoglire giovani gambe in cammino , che guardano avanti nonostante un pò di indispensabile nostalgia
Alessandra R. | Martedì, 18 novembre 2014 @10:36
... e dare un calcio a qualcosa per poter andare via.
In rima, a modo mio, d'istinto, faccio la mia aggiunta. Una frase che sembra un'operazione matematica da risolvere, cioè capire. Ma non so, più la leggo e più ne sono estasiata!
Martedì, 23 settembre 2014 @09:45
"Piegati da un peso
che non sempre si vede
avanzano nel fango o nella sabbia del deserto,
chini, affamati,
uomini di poche parole dai pesanti caffetani,
adatti a tutte le stagioni,
donne vecchie dai volti sciupati
che portano qualcosa, un neonato, una lampada
-un ricordo – oppure l’ultimo tozzo di pane.
Può essere la Bosnia, oggi,
la Polonia nel settembre ’39, la Francia
otto mesi più tardi, la Turingia nel ’45,
la Somalia, l’Afghanistan o l’Egitto.
C’è sempre un carro, o almeno un carretto,
colmo di tesori (il piumino, la tazza d’argento
e il profumo di casa che presto svanisce),
un’auto senza benzina abbandonata nel fosso,
un cavallo (che sarà tradito), la neve, molta neve,
troppa neve, troppo sole, troppa pioggia,
e quel caratteristico curvarsi,
come verso un altro pianeta, migliore,
con generali meno ambiziosi,
meno cannoni, meno neve, meno vento,
meno Storia (purtroppo un simile pianeta
non esiste, esiste solo il curvarsi).
Trascinando i piedi,
vanno lentamente, molto lentamente,
verso il paese da nessuna parte,
verso la città nessuno,
sul fiume mai."
(Adam Zagajewski)
Penso a chi è in fuga, a chi è in cammino, oggi. Verso la città nessuno, sul fiume mai.
Adam Zagajewski, poeta polacco ma nato in realtà a Leopoli (ora Ucraina), ha scritto questa poesia anni fa, ai tempi della guerra in Bosnia. I profughi continuano a fuggire, lentamente, curvi, come la linea della terra, con il peso della disperazione e dell’esilio. Penso alle genti in fuga dalla Siria in guerra… Penso a chiunque cerchi oggi una nuova patria. E penso ai poeti che cercano di raccontarlo. La poesia è tratta da "Dalla vita degli oggetti" (Adelphi).
una a caso | Mercoledì, 24 settembre 2014 @07:52
....per la nostra indifferenza sarebbe proprio il caso di buttarci al fiume
Giusy | Martedì, 23 settembre 2014 @13:33
Commovente e vera. Sotto certi aspetti mi ha fatto ricordare Materada di Tomizza, scrittore forse sconosciuto alla maggior parte di noi italiani. Voglia di rileggerlo, per riuscire a capire meglio la sofferenza di chi, oggi, ha dovuto abbandonare la propria terra.
Giovedì, 27 marzo 2014 @10:06
"Si smorzano le voci degli uccelli.
La luna si mette in posa per le foto,
luccicano le umide guance delle vie.
Il vento porta il profumo di campi verdi.
Lontano, in alto, un piccolo aeroplano
gioca come un delfino."
(Adam Zagajewski)
Lasciati andare al profumo della primavera.
La poesia-primavera di oggi è anche il mio #spillo della settimana su Gioia. Ed è tratta dall'antologia del poeta polacco "Dalla vita degli oggetti", Adelphi, tradotta da Krystyna Jaworski. Ricordate "la gioia sconosciuta delle città straniere"? E' sempre lui.
Monique | Giovedì, 27 marzo 2014 @17:58
In attesa del piccolo aeroplano che ci porti verso i mari del sud per planare sull’isola di Stevenson. Perché da qualche parte, la fuori, c’è la nostra isola. Dobbiamo solo uscire a cercarla...
Emanube | Giovedì, 27 marzo 2014 @16:57
Bella, ci piace. Sembra la descrizione delle notti estive a casa mia in Toscana...eh sì perché si risiede dove si lavora ma "casa mia" rimane un concetto diverso da quello di residenza...una nota di invidia nei confronti di coloro per i quali residenza e "casa mia" coincidono.
Venerdì, 14 marzo 2014 @08:49
"Nelle città straniere c’è una gioia sconosciuta,
la fredda felicità di un nuovo sguardo."
(Adam Zagajewski)
Nelle città straniere, dove possiamo essere altro da noi.
Grazie a Elena, lettrice del blog, che mi ha mandato dei versi che – vera coincidenza poetica – collegano i due poeti polacchi che ho portato con me in viaggio. Perché questi versi di Zagajewski (tratti da "Dalla vita degli oggetti", Adelphi, e tradotti da Krystyna Jaworski) sono dedicati a Zbigniew Herbert, ovvero i poeti dei miei ultimi Buongiorno.
E quello sguardo freddo e felice di chi viaggia è il nostro. Il mio, nei giorni appena passati a Varsavia.
Varsavia, Polonia. Ci sono arrivata con poche immagini (il bambino del ghetto di Varsavia, mani alzate) e qualche verso in tasca, anzi nel mio iPhone. Ho trovato una vista dalla mia camera d’albergo, la prima notte, che riassume per me la città: il gigantesco palazzo della scienza e della cultura, regalo staliniano del 1955; proprio davanti, la silhouette curva di un nuovissimo grattacielo da archistar, quello di Daniel Libeskind (sì, lo stesso che sta costruendo, sul terreno di ground zero a Manhattan, il nuovo One World Trade Center, e che è polacco, figlio di ebrei polacchi sopravvissuti allo sterminio), con accanto un grande shopping center a bolle illuminate. Questa è Varsavia per me: il passato dell’Ottocento completamente distrutto (la città è stata rasa al suolo, a cominciare dal ghetto), e ricostruito dopo il 1944 praticamente uguale, quasi Disneyland, ossessivamente; ma soprattutto i palazzi e la vita soviet con, accanto, la nuova ricca Varsavia che costruisce grattacieli e futuro. E se tutta la città è piena di Starbucks e sushi bar, è anche vero che i "bar mleczny", le vecchie latterie soviet dove si mangiano a poco prezzo "pierogi" (i ravioloni polacchi, ripieni di funghi e cavoli, o formaggio), sono state salvati, restaurati, e ancora adesso c’è la fila a ora di pranzo, vecchie signore con la borsa della spesa e ragazzi con il telefonino in mano. L’amica Klara mi ha portato in quello che si chiama "Prasowy", ovvero "per la stampa" (accanto c’era la sede di un giornale). Mentre a Mysia 3, indirizzo un tempo cupo, il vecchio palazzo-ministero della censura è stato trasformato in un concept store di design e moda, con caffè all’ultimo piano. Una bella vendetta della storia. E poi? Poi l’arte: il museo di arte moderna dentro un vecchio negozio di mobili anni Sessanta, ad esempio. E il centro di arte contemporanea all’interno di un castello, in un parco cittadino, motivo del mio viaggio a Varsavia: www.csw.art.pl/ e http://csw.art.pl/index.php?lang=eng . Perché il direttore, Fabio Cavallucci, è un italiano, trasferito qui (anche) per amore: di un’artista polacca, Katarzyna Kozyra, e dell’arte polacca in generale. Il castello Ujazdowski nel parco ha un bistrot e un ristorante iper-design che non stonerebbero a Berlino o Londra, e in questo momento ben tre mostre. Quella che mi è piaciuta di più è quella appena inaugurata, "A few grams of red, yellow, blue", ovvero i colori della bandiera nazionale della Romania, visto che è una collettiva di giovani artisti rumeni. Mitteleuropa forever.
In Friday Lisa, la poesia di Zagajewski in inglese, non in polacco, per farla viaggiare più velocemente nel mondo. E, visto che mi piace tanto, lì trovate tutta la poesia in italiano.
Alessandra R. | Mercoledì, 19 marzo 2014 @15:28
Questa poesia sembra fatta apposta per il mio imminente viaggio mordi e fuggi. E mi sovviene il tema de Il Giunco Mormorante, libro che mi hai consigliato e che io riconsiglio. Il titolo, una sorta di proverbio declinato poi in racconto. Uno spunto per riflettere, per dare forma ad una consapevolezza, direi più ad un'abitudine, quella di ritagliarsi un posto, un momento, solo per noi stessi. Citando Titos Patrikiosc
''Passando in rassegna le cose già accadute / la poesia cerca risposte / a domande non ancora fatte", ecco il Giunco l'ho letto e immedesimato come una lunga poesia, che se forse non dà risposte, imprime la consapevolezza di cose, sensazioni, azioni che facciamo e sentiamo ogni giorno ma a cui non diamo un nome e/o non ce ne rendiamo conto. Ed è illuminante trovare la parola e il concetto a tutto ciò.
Devo dare più spazio comunque alla mia no man's land. Intanto sono (quasi) pronta per raggiungere l'altra mia terra (Albione, perfida non per me) in cui toccherò, sconfinerò, interagirò con altre persone: forse non una vera "terra di nessuno" ma via di qua per una manciata di giorni, sarà prendersi tempo per se stessi, lontano dai soliti tutti e dalla quotidianità. Nel trolley, una copia del giunco per l'amica che mi ospiterà. E il tuo buongiorno in tasca.
Francescasièsposata | Lunedì, 17 marzo 2014 @11:14
Un sorriso per Elisa ed Aminta! Per Nidia... Non so se parlavi a Lisa o a me, io nel dubbio mando un sorriso anche a te! :-)
Giusy | Domenica, 16 marzo 2014 @15:15
E va bene... mi è scappato l'anonimato...
Anonimo | Domenica, 16 marzo 2014 @15:14
Così, Marta, sei stata a Baires! Non puoi immaginare quanto io abbia amato quella città. L'ho conosciuta, e bene, guidata da chi ci aveva vissuto a lungo. Ormai, abbiamo abbandonato il pensiero (e la voglia) di tornarci. Conservo il ricordo e mi basta. Mai stata in Patagonia? Nulla a che vedere con i nostri - per altro bellissimi - paesaggi da cartolina. Cosa ti è piaciuto della "Capital"?
Marta | Domenica, 16 marzo 2014 @11:52
@Lisa
Il viaggio in Argentina é stato, come spesso capita nei viaggi di lavoro, fatto di tanti incontri e fine settimana in solitudine, voluta e amata.
Buenos Aires "camminata" in solitaria ha donato il tempo a me stessa e fatto scoprire quanto i sentimenti, quali essi siano, nel silenzio si dimagriscono delle chincaglierie e permettono di specchiarti in essi, come lo specchio che ogni mattina restituiva un viso sconvolto contornato dalla città che dalle finestre aperte invadeva ogni angolo.
E mi emoziona sentire il cuore battere in una città che poi straniera non è mai, specialmente in Argentina.
Elisa | Sabato, 15 marzo 2014 @09:35
@francescasiè...
Ho pensato meglio alle tue parole...hai ragione.
Un sorriso
Aminta | Venerdì, 14 marzo 2014 @19:48
per qual motivo non comprarne una nuova Monique? PIiù facile ordinarla on line, n'est-ce-pas?
Aminta | Venerdì, 14 marzo 2014 @19:41
francescasièsposata non è affatto male quello che hai scritto
Elisa | Venerdì, 14 marzo 2014 @18:24
@francescasiè......
Perché se rimani in patria cosa sei? Indossi una maschera?
Nidia | Venerdì, 14 marzo 2014 @15:25
Che bei pensieri come fiori ci lasci sempre!
Francescasièsposata | Venerdì, 14 marzo 2014 @14:39
Oppure dove possiamo essere davvero noi, perchè siamo altrove...
LISA | Venerdì, 14 marzo 2014 @14:05
No, Marta, non è una domanda indiscreta, anzi è interessante. Ero da sola in questo viaggio, da sola guardavo fuori dalla finestra, da sola mi chiedevo quale fosse la storia di quella ragazza al caffè (come nella poesia di Zagajewski). Viaggiare da soli è completamente diverso, forse tu lo sai. Il mondo ti viene più addosso, o forse sei tu che entri di più nel mondo.
Marta | Venerdì, 14 marzo 2014 @13:50
@Lisa:
Se questa mia fosse una domanda eccessivamente indiscreta libera (ovviamente!) di non rispondere.
- Sei sola in questo viaggio? E se lo fossi lo sguardo dalla finestra, quello rivolto alle persone che scorrono davanti al tavolino, mentre cammini è diverso se non lo fossi?
carla | Venerdì, 14 marzo 2014 @11:24
Grazie del bellissimo racconto! Mi fa piacere che anche Varsavia possa competere con le moderne capitali, perchè quando l'avevo vista io si poteva solo intravedere quello che sarebbe diventata...
Lunedì, 10 marzo 2014 @07:29
"Da dove viene?", mi chiese.
"Dalla Polonia", confessai.
"Oh, beato lei, beato lei!", esclamò in preda a genuino entusiasmo mediterraneo. "Il lutto! Soprabiti neri. Gioielli funebri. Versi commoventi sulla morte di un soldato. Ne ho sentito parlare, ne ho sentito parlare. Nebbia, stoppie e cavalleria. Croci nei campi. Un migliaio di valorosi. Trombe, segnali e il silenzio. Bello, bello. Lei è un uomo fortunato…"
(Adam Zagajewski)
Oggi sono, per la prima volta, in Polonia.
Per l'esattezza, a Varsavia. E prima di partire ho aperto il libro di un poeta polacco, cercando qualche parola che mi accompagnasse nel viaggio, verso questo Paese di cui so così poco. No, non l'amata Szymborska. Ma "Tradimento" di Zagajewski, Adelphi. Dalla mia finestra su Varsavia, oggi, il sole.
carla | Lunedì, 10 marzo 2014 @16:41
Mi raccomando di ritorno subito un racconto ( quello sulla Birmania è diventato una ricerca per una mia alunna) per capire quanto è cambiata in questi vent'anni. Io c'ero stata nel 1990 e proprio a Varsavia mi ricordo di donne povere che però vendevano profumi Chanel sulle cassette girate della frutta.
Monique | Lunedì, 10 marzo 2014 @11:33
Ciao Lisa, dall'Europa dell'est all'Estremo Oriente...
Se non lo conosci, ti consiglio di mettere questo volume in lista desideri: "Le donne del signor Nakano"
Qui bisogna entrare con occhi ben aperti: perché questo è un libro che conduce all'interno di una bottega piena di strani oggetti e storie che si incrociano. Ma ciò a cui bisogna fare più attenzione è la voce, quella di Kawakami Hiromi: nata a Tokyo, della letteratura al femminile giapponese possiede tutto il fascino, l'inquietudine, la sicurezza.
Valentina Maria Elisabetta | Lunedì, 10 marzo 2014 @11:02
Eccolo!! Buona Polonia!
Mercoledì, 18 settembre 2013 @06:55
"Era l’infanzia, che non torna più -
le more così nere da fare invidia alla notte"
(Adam Zagajewski)
Una manciata di more, una manciata di anni.
Sto scoprendo un nuovo poeta: polacco, nato a Leopoli (ora Ucraina, per la serie confini che si muovono), Zagajewski sarà a Pordenonelegge il 22 settembre. E i versi di oggi sono tratti da "Dalla vita degli oggetti", Adelphi.
Alessandra | Venerdì, 20 settembre 2013 @18:27
September more...
Laura | Giovedì, 19 settembre 2013 @14:30
I rovi, io e la mia bambina che raccogliavamo insieme le more, tra racconti e chiacchere. Che bei ricordi. Ora la mia bambina è diventata grande, ma raccolgo ancora le more e faccio per lei una squisita marmellata scura che profuma di boschi.
Lilabella | Mercoledì, 18 settembre 2013 @23:02
Le more mi fanno ricordare proprio la mia infanzia-adolescenza quando andavo in campagna, al paese di mia nonna, ed insieme a mia madre e mia sorella ci arrampicavamo alla ricerca delle more migliori. Ora i roveti si sono rovinati e l'età è diversa..quindi grazie Lisa per avermi fatto ricordare questi momenti!
Buona serata al salotto verde.
LISA | Mercoledì, 18 settembre 2013 @10:21
Io a Leopoli non ci sono mai stata, Marinella, ma nel libro Adelphi c'è una poesia di Zagajewski, intitolata proprio Leopoli, che è da brivido. Il brivido del passato e dell'esilio. Dovresti regalare il libro alla tua amica... Ma raccontami di più di Svetlana. Da quanto tempo manca? Cosa racconta della città? Vive in Italia adesso? Mi piacciono le storie di confini oltrepassati.
Marinella | Mercoledì, 18 settembre 2013 @09:04
Leopoli, la città della mia amica Svetlana...
Leggerti oggi è stato come sentire parlare della mia città: un brivido di emozione e una lacrimuccia di nostalgia (anche se, io, a Leopoli, non ci sono mai stata, ma è come se la conoscessi davvero attraverso i racconti di Sveta...)
Buona giornata, Lisa....
? | Mercoledì, 18 settembre 2013 @08:05
le più belle le più lontane ed alte nel rovo spinoso . le raccoglievamo cantando Haidi ,le mani e i piedi graffiati . sembra ieri ...