“I cieli grigi e le luci di dicembre sono la mia idea di gioia segreta.”
(Adam Gopnik)
Cerco luci nel buio.
Il Buongiorno di questa settimana è tratto da un libro speciale, un saggio che è una dichiarazione d’amore per la stagione fredda: “L’invenzione dell’inverno” (Guanda), di Adam Gopnik, giornalista e saggista nato in Canada (lì sì che se ne intendono, dell’inverno). La tesi? Che a partire dal Settecento il mondo moderno e occidentale si è potuto garantire il lusso di ammirare l’inverno da dietro il vetro di una finestra, in una stanza finalmente riscaldata: avete presente quando fuori nevica, o c’è la nebbia, la brina del mattino? E poi, inverno come avventura sulla neve e lusso dei sensi: ce lo racconta Gopnik citando quadri, romanzi, mode.
E ricorda gli Eisblumen, i fiori di ghiaccio citati anche da Goethe: “Noi viviamo in un’epoca in cui i fiori di ghiaccio appaiono molto raramente sulle finestre, anche nei paesi freddi. Ma quando non c’era ancora il riscaldamento centralizzato e le finestre erano fatte con vetro fuso pieno di impurità, intorno alle minuscole irregolarità presenti sulla superficie non uniforme della vetrata “crescevano” i motivi formati dai cristalli di ghiaccio… I poeti e gli scienziati romantici tedeschi, in un’epoca in cui i due ambiti non erano ancora isolati, rimasero affascinati da quelle forme e continuarono a chiedersi se fossero davvero vive, create dalla mano di Dio, oppure una mera imitazione, un accidente, una costellazione casuale di cristalli che sembravano, ma sembravano soltanto, essere vivi”.
I cieli grigi e le luci di dicembre, dunque. Ho ripensato a questa frase adesso, con questi cieli grigi, pandemici: è importante trovare sempre delle luci nel buio. E mai come quest’anno, forse, cerchiamo consolazione nelle luci di Natale in città.