“Quando ti incontravo, nelle serate in mezzo agli altri, mi sembrava di essere un compasso. Mi sentivo inchiodata in un punto, con l’anima che ti seguiva ovunque tu andassi. Tenendoti a distanza”.
(Stefania Rossotti)
Quando la distanza che ci separa da un amore è solo la forza del filo che ci lega.
Mi è ritornato tra le mani questo libro, di un’amica: “Il giorno uno di noi due” (Mondadori), Milano, un amore. È uscito due anni fa, e questa è l’intervista che le avevo fatto, per Gioia, giornale che nel frattempo ha chiuso…
Chiudi il libro e pensi: valeva la pena di vivere un amore così, così indicibile? Non rispondetemi: prima leggete “Il giorno uno di noi due”, di Stefania Rossotti. Che in 120 pagine tocca cose che dentro di noi tacciono, sono silenziose: che cosa sia l’amore, innanzitutto. La storia, lieve e malinconica come una carezza, comincia in una Milano anni Sessanta fatta di terrazze dove si stende la biancheria sullo sfondo dei primi grattacieli, dove le chiamate sono a gettone. E poi velocissimi gli anni Settanta, anni di battaglie, di slogan e manifestazioni… Lui e lei si incontrano, bambini, e non si lasceranno mai più. Ma fanno un patto: del loro amore non dovrà mai sapere niente nessuno. Per proteggerlo: dal mondo, da tutti. Si sposeranno, avranno figli, case, traslochi, ma non insieme. Il loro rimarrà per sempre un amore nascosto e invincibile: per loro, sarà sempre il giorno uno.
– Il tuo è un libro su un amore mai svelato a nessuno. Ma anche sul nostro spazio sacro. Possibile, in questo nostro mondo dove tutto è istantaneo e condiviso sui social?
“Siamo tutti tenuti in vita da un segreto. Se non ci fosse, in ognuno di noi, qualcosa di inaccessibile agli altri, cadremmo a pezzi al primo dolore”.
– Vivere un grande amore “che ti incolli sempre alla vita nel punto in cui è più vera, fa più male”. Un caso, un dono, una possibilità che magari ci neghiamo?
“Un talento, credo. Oppure soltanto un desiderio”.
– Nel libro c’è molta Milano, la tua Milano. Raccontaci un tuo luogo segreto, un luogo del cuore.
“C’è un posto dove vado a dire grazie o a chiedere perché. Ma è segreto, appunto”.
– Vorresti che una donna – o un uomo – finisse il tuo libro e pensasse?
“Questa storia è la mia storia. Che poi vuol dire: so che cos’è l’amore”.