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Isole, venti e libri dell’estate

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Quest’anno, forse è un caso, ma sto leggendo solo libri scritti da uomini. Come se mi interessasse proprio questo: le voci dei maschi, il loro sguardo.

Narrazioni che a volte hanno il ritmo lento del viaggio, come Paolo Rumiz: in viaggio verso Lepanto, per le isole del mio mare, in Dalmazia e indietro nei secoli (“La rotta per Lepanto”, Bottega Errante Edizioni); o Nick Hunt, un inglese che segue quattro venti nel mondo (“Dove soffiano i venti selvaggi”, Neri Pozza, e uno, sì, è la mia bora, il vento allegro di Trieste). Mi sono piaciuti questi libri di viaggio, che celebrano l’arte perduta di parlare con gli sconosciuti, e non solo col telefonino, e quella di seguire le deviazioni. (E visto che amo le isole, ho aggiunto “Isola”, sempre della piccola casa editrice a est Bottega Errante, di Senko Karuza, microracconti di chi su un’isola in Dalmazia ha scelto di tornare, magari arrabbiarsi con I turisti, con gli scogli e con la vigna, ma vivere).

Ho ritrovato un libro non ancora letto di Lawrence Osborne, “La ballata di un piccolo giocatore” (Adelphi). Incuriosita perché ne stanno girando un film con Colin Farrell, ho ritrovato anche una Macao polverosa e perduta, una Hong Kong scintillante, e un amore su cui scommettere. E ho ritrovato l’Asia che mi manca e la penna felice di uno scrittore British e dandy che avevo conosciuto in Toscana, quando mi aveva portato dal suo camiciaio (perché sì, ovunque nel mondo, preferibilmente a Bangkok dove vive, si fa fare camicie su misura).

Poi, Eshkol Nevo: che delicatezza gli ultimi racconti, “Legami” (Gamma Feltrinelli) e un romanzo che non avevo ancora letto, “Nostalgia” (Neri Pozza), storia di una casa e di vite che si sfiorano e si intrecciano. Lo scrittore israeliano, che avevo conosciuto e intervistato a Tel Aviv in un caffè e in un pezzo di mondo che forse non esiste più, ha il dono dell’equilibrio e della compassione: come vorrei che ce l’avessero molti politici oggi…

Infine, la mia personale pastiglia di buonumore, in questi mesi in cui le notizie dal mondo mi angosciano e mi assediano: P.G. Wodehouse. Mi sono ordinata il terzo omnibus degli sciocchi, stupendi, leggerissimi racconti di Bertie Wooster e del suo maggiordomo, Jeeves. Un mondo snob e autoironico anni Venti in cui non succede mai niente di male, se non sbagliare festa o cravatta. E la buona notizia è che Sellerio ha deciso di ripubblicare le storie di Wodehouse con una nuova traduzione: in questa ci sono i tritoni, piccoli animaletti da stagno (li ho scoperti anch’io in Austria facendo il bagno in un bio-stagno da amici!), un fidanzamento da aggiustare e risate senza senso, come piace a me.

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