La mia vita è una stanza, il futuro è la finestra.

“Gli anni passeranno. Rammenterai.
E proprio questo alloggio,
il mobilio di compensato, e il cavallo
di plastica, e il mio quaderno,
dove cerco di fissare tutto questo, e le calosce fradicie
sul calorifero, e il vicino Goša
e Tomik che si ostina a pisolare
tra le fresche lenzuola, saranno per te un paradiso.”
(Timur Kibirov)
La mia vita è una stanza, il futuro è la finestra.

Il Buongiorno di oggi è una poesia, tratta da un’antologia: “Poesia del Novecento in Italia e in Europa”, Feltrinelli. Ho aperto il libro dove avevo messo una cartolina come segnalibro: ed eccolo, il Buongiorno di oggi, di un poeta che non conoscevo. Leggo su Wikipedia, la mia fidata enciclopedia digitale: Timur Kibirov, ovvero Timur Jur’evič Zapoev, nato in Ucraina nel 1955 da una famiglia originaria dell’Ossezia del Nord, ha preso lo pseudonimo Kibirov in onore di un suo antenato per parte materna, il colonnello dell’esercito zarista Georgij Kibirov, che godette di grande prestigio presso i cosacchi. Cominciò a scrivere poesie nella Russia underground.
Ma anche il libro, tutto consumato, ha una storia: l’ho trovato in una giornata di pioggia sull’isola di Salina, un anno fa: piccola biblioteca libera e bookcrossing. Salina, l’isola siciliana dov’ero andata (anche) per intervistare la giovane chef Martina Caruso. Salina, girare con il motorino, il vulcano di Stromboli davanti agli occhi, le granite di caffè e mandorle con la panna.. Un improvviso vento di mare è entrato nella mia stanza. Già. La mia vita oggi è una stanza, ma il futuro è la finestra. Non “alla” finestra, come adesso: il futuro è la finestra, da cui usciremo, e che già oggi possiamo aprire sul mondo.

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