La mia giornata è cominciata guardando a che punto è la fioritura dei miei giacinti: viola, sul tavolo, mi aspettano quando mi sveglio. Sono il mio buongiorno a puntate.
Sono uscita, ed ecco quello che ho raccolto per strada:
-Mi fermo davanti a un fiorista in città che ha fiori nei cesti davanti alla porta, ancora giacinti, tulipani gialli e rossi, un tripudio di colori in questa primavera ancora grigia, fredda ed esitante. Fotografo tutto (lo so, lo so, mania Instagram), e non sono l’unica, una signora accanto a me clicca anche lei. Poi mi sorride e dice: sono stupendi, vero? (La bellezza di raccogliere dei fiori nel telefonino).
-Pranzo con un’amica, il mio pranzo di consolazione da sempre: sushi (e tè al gelsomino). L’amica si sfoga, ha un dispiacere, un nodo di tristezza e di rapporti famigliari intricati. Mi chiedo cosa dirle, poi capisco che non vuole un consiglio: vuole una cosa ancora più preziosa, l’ascolto. Come una tazza di tè profumato.
-Spedisco un biglietto d’auguri, in tempi di fotocronache interminabili via whatsapp lo faccio ancora. Anche per il piacere di scrivere con penna, carta (e francobollo). Sulla cassetta della posta gialla, un piccolo adesivo di creatività urbana: “More love letters, please!” Giusto.
-Qui nel mio altrove i musei sono aperti. Al caffè del museo, musica jazz, e una ragazza seduta al tavolino mi saluta e si sbraccia. Non la riconosco, poi capisco: l’avevo incrociata tempo fa da amici. Mi fermo a chiacchierare. Solo dopo scopro che uscendo mi ha offerto il caffè, piccolo gesto gentile. Basta poco, no?
-La mostra che decido di vedere è terribile e bellissima insieme. Sono i disegni a carboncino e matita fatti nel 1945 da Zoran Mušič a Dachau, internato nel campo di concentramento: “paesaggi” di cadaveri accatastati. Lui sopravvissuto, testimone. Anche il titolo è bellissimo e terribile insieme: “Condannati a sperare”. In sala ci siamo solo io e una ragazza del museo, che sta leggendo Zadie Smith. Quanto dolore, quanto orrore sospeso nei disegni. E noi due, qui da sole. Forse è per questo che mi fermo e le chiedo: ti piace Zadie? Ed eccoci qui a parlare di libri e di donne. (Passaparola scrittrici, uno dei miei preferiti).
-Sera Netflix, anzi: Amazon Prime. Guardo, una dopo l’altra, le ultime quattro puntate dell’ultima stagione di Mrs Maisel. Rido e mi dispiace lasciarla: in fondo anche lei è un po’ un’amica?
Domani è l’8 marzo. In questi tempi di parole che ci chiudono in casa (epidemia, pandemia, virus) ho deciso di organizzare un tè/caffé/whisky per le mie amiche qui. Amiche strette e meno strette: non importa, vicinanza è la parola giusta adesso. Il piacere di stare insieme e ricordare le #donneprimadinoi, tutto quello che le donne hanno sognato, conquistato, inventato. Fatelo anche voi: offrite un caffé, ascoltate un’amica, parlate con una sconosciuta, sorridete a chi fotografa fiori, scrivete una lettera, fate scoprire una scrittrice. Più che antidoti, vita.