“È primavera. Ho così sonno.
Questa lontananza, così sembra,
si ricongiunge nel sogno.
Lì ci incontreremo davvero”.
(Marina Cvetaeva)
Incontriamoci in un sogno, lì dove ci si può abbracciare. (O almeno in coda al supermercato).
Marina Cvetaeva, una delle mie poetesse preferite quand’ero ragazza: selvaggia, onirica, visionaria. Nata a Mosca nel 1892, emigrò prima a Berlino, poi a Praga, a Parigi, fu amica – e scrisse lettere bellissime – di Pasternak e Rilke. Soffrì la fame e non solo la guerra, e morì poverissima, suicida, dimenticata, a Elabuga, nel Tatarstan. Ho aperto questo libro di Passigli Editore, “Scusate l’amore” (a cura di Marilena Rea), e ho trovato questi versi che portano, come lei spesso faceva, nei territori del sogno, un altro mondo, quello forse dove lei viveva davvero. Ma ricopiandoli sorridevo, perché pensavo agli amanti separati che in tempi di pandemia si vedono solo in sogno e si danno appuntamento, pare, in fila al supermercato…