Vite che sono la mia.

“Da tempo ormai fantasticava di una vita diversa, ma mai fino a quel momento si era sentita abbastanza stufa, forte o anche abbastanza incosciente per iniziarla. Poi all’improvviso il coraggio era arrivato: tutto insieme, senza avvisare e neppure promettere che sarebbe durato a lungo”.
(Eleonora Marangoni)
Vite che sono la mia.

“Dopo undici anni di matrimonio e altrettanti di moderata infelicità, qualche giorno fa la mia amica Anne ha preso coraggio e se n’è andata di casa. E’ successo tutto abbastanza in fretta perché, come ha letto Anne in un libro che non ha mai finito, le risoluzioni definitive si prendono sempre in uno stato che non è destinato a durare”.
Inizia così “Rue du Vertbois”, il racconto da cui ho tratto questo Buongiorno. È ambientato a Parigi ma è di una giovane scrittrice italiana, Eleonora Marangoni, e fa parte dell’antologia appena uscita “L’allegra brigata” (Neri Pozza), dove dieci scrittori, durante il lockdown, hanno provato a raccontarsi, a distanza, delle storie. Di Eleonora Marangoni sto leggendo – e la intervisterò presto – “Viceversa- Il mondo visto di spalle” (Johan & Levi), un libro davvero curioso sulle “figure di schiena” nei secoli, un viaggio tra dipinti, affreschi, fotografie, nato anche da tre foto comprate per caso, che Eleonora ha sempre tenuto nella sua camera. Una stampa in bianco e nero di una donna davanti a un’isola greca, presa in una libreria a Parigi; una cartolina trovata in un mercatino di Parma; una stampa di sfondo americano comprata su Internet. Tratto comune: le persone, sconosciute, delle foto, sono tutte riprese di schiena, non ne vediamo il volto. E un giorno Eleonora, “nell’imprevedibile nitore che i traslochi portano con sé”, guardando anche la copertina del libro che sta rileggendo, i racconti di Salinger, se ne accorge: quel che la affascina è proprio che sono tutte di schiena. Da qui nasce il libro. Bello, vero? Quando gli oggetti delle nostre case ci invitano a un viaggio.

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